DECOR
In greco prèpon, kòsmos, euprèpeia, kàllos; sinonimi latini: decentia, dignitas, decorum, aptum et congruens.
Si ha il decor-prèpon in una composizione letteraria se "la forma (lèxis) è conforme (anàlogos) ai fatti narrati" (Arist., Rhet., iii, 7); se l'espressione coincide coi caratteri e colle cose (ἁρμοίον προσώποις καὶ πράγμασιν: Dion. Hal., Comp. verb., 29; cfr. Cic., De orat., iii, 14 e Orator, 21; De officiis, 1, 27 ss., in re et personis).
Il termine è adoperato abbastanza comunemente nel lessico degli architetti antichi, ma come traduzione latina del termine eurythmia (v.): Cet. Fav., p. 287: [Graeci] venustatem et decorem eurythmian appellaverunt. Vitruvio (1, 2, 1, ss.) separa invece il d. dalla eurythmia, definendolo emendatus operis aspectus e questo bell'aspetto dell'opera - qualità puramente ottica e soggettiva - si consegue quando le parti dell'edificio siano "ben calcolate e commisurate con gusto e sapienza; si ottiene colla scelta della statio, o thematismòs, col rispetto alla consuetudo o anche semplicemente per natura". E Vitruvio prosegue: "per la statio il d. sarà conseguito, se, erigendosi templi ipetrali a Giove Folgore, al Cielo, al Sole, alla Luna..., a Minerva, Marte, Ercole si faranno tempî dorici...; a Venere, Flora, Proserpina, Fons, Ninfe sembreranno più adatti i templi corinzî..., per Giunone, Diana, ecc... si terrà il giusto computo della via di mezzo se si costruiranno templi ionici. Dal punto di vista della consuetudo e della tradizione si otterrà il d. quando a edifici internamente sontuosi si costruiranno vestiboli parimenti ricchi ed eleganti. Giacché se l'interno avrà un aspetto elegante e gli accessi saranno umili e indecorosi, non avremo d. (non erunt cum decore). Del pari, se nella cornice dorica si scolpiranno dei dentelli, o se sulle colonne a voluta l'epistilio ionico porterà i triglifi, per questo trasferimento dalle proprietà d'un ordine a un altro, la vista ne soffrirà, abituata già prima alle leggi consuetudinarie di ogni ordine. Infine il decoro naturale (naturae decor) si avrà se si sceglieranno regioni saluberrime e fonti d'acqua idonee in quei luoghi ove ‛il tempio si costruirà, ecc.".
Altrove Vitruvio (vii, 5, 6) parla degli abitanti della città di Alabanda che erano ritenuti sciocchi propter vitium indecentiae, in quanto avevano posto nel ginnasio statue di giuristi e avvocati, nel Foro statue d'atleti. Solo in questo caso Vitruvio e la sua fonte dimostrano di comprendere nella decentia e nella indecentia una sfumatura di funzionalità e di antifunzionalità. La quale è invece sempre presente nel prèpon e nel congruens dei rètori.