decisione
Scelta da parte di un individuo singolo, di un gruppo, o di un’impresa, di un’alternativa ammissibile in base a un’analisi delle conseguenze derivanti dalla d. stessa. Quotidianamente si prendono moltissime d., gran parte delle quali frutto di abitudini o di comportamenti codificati, altre, di solito le più importanti, prese dopo un’approfondita analisi delle loro conseguenze. La teoria delle d. è la disciplina che studia la coerenza del comportamento di singoli o di gruppi di fronte a scelte fra situazioni (certe o incerte), connesse a possibili d., tenendo conto degli obiettivi e delle opinioni del decisore.
I problemi decisionali si possono classificare secondo vari criteri.
Si distinguono d. in ambito certo, cioè in una situazione semplificata, dove le conseguenze sono sicure, e d. in condizioni di incertezza, in cui ad alcune o a tutte le d. possibili si associano conseguenze aleatorie. L’alea può riguardare comportamenti della natura, esogeni rispetto alle scelte del decisore, o comportamenti di altri decisori in posizione competitiva o collaborativa, ma comunque collegati alle scelte del decisore (questo settore della teoria dotato di autonomia scientifica è detto teoria dei giochi; ➔ giochi, teoria dei).
Si distinguono poi problemi unidecisionali (uniperiodali) o multidecisionali (multiperiodali). Nei primi il decisore effettua un’unica scelta; nei secondi una sequenza di scelte (in una successione di istanti decisionali) attuate dopo aver osservato l’esito delle d. precedenti. In alcuni modelli, gli istanti decisionali possono infittirsi fino a tradursi in un insieme continuo.
Importante è anche il settore della teoria delle d. condizionate da informazioni statistiche. In esso, una preliminare d. sulla convenienza ad assumere ulteriori informazioni (sostenendo il relativo costo) è parte fondamentale del problema.
Infine si distinguono d. individuali e d. di gruppo; nel secondo caso la d., che è sempre unica, è presa secondo qualche regola prefissata (per es., a maggioranza semplice o qualificata) che amalgama e sintetizza i giudizi degli individui appartenenti al gruppo.
Nelle d. in condizioni di certezza il decisore deve individuare preliminarmente l’insieme delle d. ammissibili e poi associare a ognuna una valutazione numerica delle sue conseguenze certe, detta funzione obiettivo. Tale operazione è particolarmente semplice quando vi sia un unico criterio di valutazione della conseguenza (per es., il profitto derivante da un’operazione aziendale o il tasso di rendimento di un titolo), ma diventa complicata quando vi siano più criteri di valutazione (teoria delle d. multicriteria). Comunque, definiti i valori della funzione obiettivo, il problema si riconduce alla ricerca mediante opportune tecniche di calcolo (programmazione lineare, quadratica, dinamica nel caso di d. sequenziali) della d. che ottimizza (massimizza o minimizza) la funzione obiettivo, o comunque che soddisfa un certo standard o una certa soglia di accettabilità.
In condizioni di incertezza, a ogni d. è associato un insieme di conseguenze e dunque un insieme di valori della funzione obiettivo. Lo schema teorico più utile in questo ambito è la cosiddetta forma normale, in cui la funzione obiettivo è definita sull’insieme delle combinazioni decisioni-stati del mondo (questi ultimi intesi come d. della natura; ➔ mondo, stato del). Intuitivamente, la funzione obiettivo traduce l’utilità attribuita dall’individuo alla situazione conseguente a ogni possibile combinazione decisione-stato della natura possibile. Si potranno poi eliminare le d. dominate, quelle per cui esiste altra d. ammissibile, con conseguenze non peggiori e strettamente migliori, in almeno uno stato del mondo.
Altro concetto importante è quello di d. mista, individuata da una distribuzione di probabilità (positiva) su un pacchetto di due o più d. pure. Un decisore che adotta una d. mista sceglie sorteggiando fra le d. pure secondo quella distribuzione di probabilità (➔). In questo caso si deve distinguere fra d. (mista) e scelta. Questa è l’esito (certo a posteriori ma aleatorio a priori) del sorteggio fra le d. pure che fanno parte del pacchetto. Per es., se una d. mista attribuisce probabilità 2/3 alla d. pura d1 e 1/3 alla d. pura d2, il decisore sceglierà estraendo a caso da un’urna in cui vi sono due palline bianche e una nera; se è estratta pallina bianca la scelta è d1, altrimenti d2. Procedere alla scelta affidandosi a un sorteggio può apparire metodo paradossale o bizzarro; al contrario esso risulta ottimale quando si vuol evitare di offrire riferimenti ad avversari capaci (come nei modelli di teoria dei giochi) di analisi strategiche molto raffinate sui comportamenti della controparte. La funzione obiettivo corrispondente alla combinazione d. mista-stato della natura è l’utilità attesa secondo la distribuzione di probabilità. Ne consegue che si possono stralciare anche strategie pure dominate da qualche strategia mista. Fra quelle che residueranno si potrà procedere a una scelta, a condizione di potere o volere attribuire una distribuzione di probabilità agli stati della natura (da interpretare come una specifica strategia mista della natura e da non confondere con le ipotetiche strategie miste del decisore prima introdotte). Accolta una strategia mista della natura si sceglie la d. pura cui corrisponde la massima utilità attesa. Se il decisore non può o non vuole vincolarsi a una distribuzione di probabilità sugli stati della natura, ogni d. non dominata massimizza l’utilità attesa in corrispondenza di una particolare strategia mista della natura.
Nei problemi multiperiodo in condizioni di incertezza, la soluzione ottenuta applicando tecniche di programmazione dinamica stocastica (➔ programmazione economica) potrebbe risultare particolarmente gravosa. Una notevole semplificazione si ottiene solo nei casi in cui il problema goda di una proprietà di miopia, per cui la d. ottima a ogni epoca (dipendente dallo stato di informazione) coincide con la d. (definita appunto miope) che massimizza l’utilità attesa della ricchezza di fine periodo e non l’utilità attesa indiretta (➔ utilità, funzione di p). Nel mondo reale la maggioranza dei problemi aziendali non è caratterizzata da miopia. Un tipico esempio sono i problemi di make or buy (➔), o di outsourcing (➔) riguardanti la scelta fra produrre in proprio o acquistare all’esterno alcuni beni o servizi necessari al processo produttivo (semilavorati, servizi amministrativi e così via). Queste d. devono essere prese con logica di lungo periodo. Quanto all’acquisizione di informazioni nei problemi multiperiodo, bisogna notare che esse non vengono ottenute dalle imprese in modo scollegato dall’evoluzione della vita aziendale. Una informazione utile si acquisisce, infatti, solo sperimentando concretamente l’esito di alcune decisioni. Per questo motivo, l’evoluzione delle realtà aziendali avviene con metodi di cauta crescita graduale, attraverso prove ed errori, anziché su base prevalentemente astratta.