DECIO (Gaius Messius Quintus Traianus Decius Augustus) Imperatore
Nacque in Pannonia verso l'anno 200; a 45 anni faceva parte del Senato ed era fra i generali più stimati, sì che l'imperatore Filippo affidò a lui uno dei più importanti comandi sul Danubio. Nel 248 le legioni di Mesia e Pannonia s'erano ammutinate, cercando, fra l'altro, di far riconoscere imperatore un loro ufficiale di nome Marino. Filippo inviò D. in Pannonia per giovarsi a un tempo dell'abile generale e del conoscitore dei luoghi. Ma le legioni, sbarazzatesi di Marino, costrinsero D. ad accettare la porpora. Nella buona stagione del 249 i due antagonisti si mossero incontro, e a Verona, non prima del settembre, fu combattuta la battaglia decisiva in cui Filippo trovò la sconfitta e la morte.
Le epigrafi, che ricordano D. come reparator disciplinae militaris e accennano a sapienti rimaneggiamenti nella dislocazione delle truppe di confine, documentano largamente un'intensa operosità nel campo dei lavori pubblici, specialmente strade militari. I lavori hanno la precedenza lungo il Danubio, ma si attuano contemporaneamente nella Spagna, nell'Africa, in Palestina, nella Siria come in Britannia. Sin dall'autunno 249 alla tribunicia potestas e al consolato Decio aggiunse il pontificato massimo.
Importante è la persecuzione cristiana conseguente al decreto di lealismo religioso emanato da D. a fine d'anno del 249.
D. ordinò in un primo tempo sacrifizî agli dei e ai numi imperiali. Apposite commissioni, composte di magistrati municipali e di notabili (primores) dovevano presiedere ai sacrifici. In seguito ai risultati delle prime solenni manifestazioni, le commissioni ricevettero nuovi poteri e istruzioni precise contro i renitenti e gli assenti per qualsiasi motivo. I cittadini che si fossero messi in regola con l'editto imperiale potevano ottenere un certificato, libellus. Fra i cristiani molti si procurarono il libellus a pagamento, evitando così l'atto ritenuto sacrilego: furono detti libellatici accanto ai lapsi o "caduti" nel sacrilegio per evitare le pene. Per oltre un anno si svolse intensa l'attività delle commissioni di controllo e l'imperatore poté illudersi d'aver raggiunto il suo scopo quando gli avvenimenti esterni lo richiamarono sui campi di battaglia. In Roma una delle prime vittime della persecuzione fu, nel gennaio del 250, il papa Fabiano, la cui deposizione è segnata al giorno 20 nel catalogo liberiano: l'elezione del successore Cornelio non è possibile che nel marzo 251, quando l'imperatore è lungi da Roma, in guerra, e quando perciò si può anche approssimativamente fissare la fine della persecuzione. I libelli egiziani restituitici dai papiri appartengono al periodo giugno-luglio 250, ricordano esplicitamente sacerdoti di culti pagani e concordano nell'indicare la formula prescritta di lealismo ἀεὶ μὲν ϑύων καὶ σπένδων διετέλεσα τοῖς ϑεοῖς.
Mentre D. cercava così una soluzione al problema politico-religioso, non dimenticava quello costituzionale ed elevava gradualmente sul trono quali collaboratori i figli, destinati a normale successione. Erennio, il maggiore, fu creato cesare verso il settembre 250, nel primo anniversario della battaglia di Verona; e qualche mese dopo, forse in dicembre, anche il minore, Ostiliano, divenne cesare. Erennia Etruscilla, moglie di D., è ricordata, oltre che quale mater castrorum, quale mater augustorum; e in realtà sia Erennio sia Ostiliano divennero augusti, ma il primo già nella primavera del 251, quando il padre lo mandò a precederlo contro i Goti, e il secondo solo quando Gallo se lo associò al trono.
Nel corso del 250 D. che era console per la seconda volta e aveva a collega Grato, ebbe pure ad occuparsi di operazioni militari alla frontiera nordico-danubiana. Nella primavera del 251 la pressione sulla Mesia da parte dei Goti e Carpi comandati da Kniva, fu tale da porre in inferiorità il governatore Treboniano Gallo che fu assediato in Nicopoli presso l'Emo; e mentre già i barbari scorrazzavano per la penisola balcanica e vacillava la fedeltà del governatore Prisco, D. accorse prontamente a liberarsi del competitore e degli assedianti di Nicopoli. Quando però aveva speranza di fiaccare definitivamente i Goti sul Danubio, in battaglia presso Abritto, ai confini della Mesia, forse anche per colpa di Treboniano, trovò avversa la sorte delle armi e cadde combattendo (luglio 251).
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