AUSONIO, Decimo Magno (Decimus Magnus Ausonius)
Nacque a Burdigala (Bordeaux) verso il 310 d. C., morì intorno al 393. Visse durante un secolo di lotte, ma la sua opera poetica non ne risentì quasi l'influsso. Studente a Burdigala, discepolo dello zio a Tolosa, professore di retorica a Burdigala per quasi trent'anni precettore a Treviri di Graziano, A. fu soprattutto un professore. Valentiniano I lo nominò prefetto della Gallia: ma questa prefettura fu presto congiunta a quella dell'Italia, Illiria e Africa, e gli fu posto accanto, nel nuovo più alto ufficio, il figlio Esperio. Fu, quasi certamente, una maniera gentile di metter in disparte A. Quando fu nominato console per l'anno 379, la sua carriera politica era ormai finita, ed egli, nel tradizionale discorso di ringraziamento al discepolo divenuto imperatore, si compiacque di porre in rilievo anche le particolari eleganze della lettera di nomina, e la gentilezza di Graziano nel cercare per lui la toga più bella in tutta la Gallia, mandandogliene poi una con intessuta l'immagine del divo Costanzo. Nel 383 Graziano fu ucciso a Lione, e A., abbandonata ormai la vita pubblica, visse da privato, prima a Treviri, poi in patria, a Burdigala, o nel vicino podere Lucaniaco o Lucano, forse a Lugagnac alla foce della Dordogna.
Nonostante l'importanza avuta, specie nel quadriennio 376-80, da Ausonío e dai membri della sua famiglia nell'Impero d'occidente, l'azione del poeta non sembra essere stata molto profonda. Temistio ci parla con la solita retorica genericità della deferenza di Graziano per A., e sembra far risalire anche ad A. il merito dell'amnistia, con cui il giovane imperatore inaugurò il suo regno. Ma con più sicurezza si può forse attribuirgli l'ispirazione di una legge del 376, con cui si determinava l'ammontare degli onorarî dei professori di retorica e grammatica, fissandolo più alto per quelli di Treviri, e lasciando alle metropoli la libertà della scelta. In un'altra legge dello stesso anno si provvedeva a che non fossero costruite a Roma nuove opere pubbliche, e i privati non costruissero servendosi del materiale di opere antiche. Azione amministrativa, dunque, in cui si rivela essenzialmente il letterato, anche se il privilegio di Treviri mostra una chiara coscienza della funzione politica della cultura e della scuola. Ma a proposito dell'ultima legge non si può non pensare con simpatia a un epitaffio, il XXXII, aggiunto con altri a quelli in cui A. celebrava quanti parteciparono alla guerra troiana, nel quale il poeta sa far sentire la malinconia delle rovine. E non è forse solo da letterato il senso di disagio, provato negli ozî forzati seguiti alla morte di Graziano, ed espresso in una lettera poetica, che meglio che al padre è da attribuirsi a lui.
Gran parte dell'opera poetica di A. potrebbe costituire, com'è stato giustamente osservato, un Liber memorialis di sapore quasi medievale. Nomi di eroi, di feste, d'imperatori, monosillabi e nomi di città vi son forzati a un'estrinseca disciplina di verso. A questa parte si aggiungono molte altre cose mediocri: lettere, prefazioni, epitaffî, epigrammi, un'efemeride sulle varie occupazioni della giornata, e un osceno centone nuziale, in cui, forse per diletto d'una mensa di guerra, il pudibondo Virgilio è costretto a dirne di grosse.
A. è poeta nella Mosella, un poemetto scritto probabilmente a imitazione delle Georgiche, con uno scopo politico, quello di celebrare la nuova capitale, Treviri. La Mosella, insieme con una raccolta di poesiole intitolata Bissula dal nome della bionda germana che A. ebbe come preda di guerra durante la spedizione contro gli Alamanni, interessò e interessa ancora molto Tedeschi e Francesi. In realtà a tratti di vera poesia unisce il fascino che le viene dal rivelare, per la prima volta nella storia delle letterature antiche, un paesaggio settentrionale con piena e concreta vivezza.
Interessantissimi, come documenti di vita se non, almeno in gran parte, come opera di poesia. sono i Parentalia e la Commemoratio professorum Burdigalensium. Le due raccolte d'epigrammi, dededicate l'una alla memoria dei parentes, l'altra a quella dei colleghi, rivelano una nuova cristiana sensibilità negli affetti domestici nella valutazione delle più umili e modeste virtù famigliari, nel compatimento, talvolta lievemente umoristico, per i difetti altrui. L'amore per i suoi e per la sua terra fanno di A. un romantico provinciale, in cui, se è vano cercare una grande arte, il lettore attento può sempre trovare una vena di sentimento poetico. Di fronte a questo, merita appena d'essere rilevato il fatto che dalle svariatissime produzioni poetiche di A., noi possiamo farci una chiara idea delle opere dei neoterici, poeti latini del sec. II che amavano dire di ogni argomento in versi rari. E se c'è nell'ammirazione per A. dei suoi protettori e nel suo cattedratico orgoglio molta ingenuità da Medioevo, noi oggi possiamo, pur sorridendo, comprendere quell'entusiasmo.
Molto nota e citata, come documento di grandissima importanza per la storia del cristianesimo, è la corrispondenza di A. col discepolo prediletto, Paolino, vescovo di Nola, non di rado vero poeta. In queste lettere il vecchio A., che sapeva ormai infide le amicizie dei principi, esortava il discepolo, datosi con la moglie a una vita intensamente cristiana, a non abbandonare i prediletti studî di poesia; e il discepolo rispondeva di essere ormai tutto di Cristo. In realtà, se per il momento Paolino deludeva A., più tardi egli sarebbe stato un cantore classico di argomenti cristiani, mentre, nella storia del cristianesimo, la personalità di A. esprimerà tipicamente la figura del cattolico tiepido.
Le due più recenti edizioni sono quelle dello Schenkl (Monum. Germ. Historica, Auct. Ant., V, II, Hannover 1883) e del Peiper, Lipsia 1886, quest'ultimo con una preziosa cronologia della vita e delle opere di Ausonio. Difetto fondamentale di ambedue le edizioni è di volerci dare un vero e proprio testo unico, trascurando il fatto che, dopo una prima edizione delle opere, curata dal poeta stesso, alla sua morte ne fu fatta un'altra, con nuove poesie e nuove redazioni di quelle già pubblicate. Il metodo ha portato a gravi incongruenze, e a una gran confusione nell'ordinamento delle poesie.
Bibl.: Per la vita, le opere e la bibliografia, v. Schanz, Gesch. d. röm. Lit., IV, i, Monaco 1914, 2ª ed., p. 21 segg.; W. S. Teuffel-Schwabe, Gesch. d. röm. Lit., III, Lipsia 1913, 6ª ed., p. 267 segg.; F. Marx, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., II, 2562 segg.; O. Seeck, Gesch. des Untergangs der antiken Welt, VI, Stoccarda 1920, 40-4, delinea la figura di Ausonio, soprattutto dal punto di vista politico, esagerando il suo influsso su Graziano (cfr. pp. 15, 117, 122, e note relative, nell'appendice); G. Boissier, La fin du Paganisme, 7ª ed., Parigi s. a., II, pp. 66-78 e passim; F. Arnaldi, Dopo Costantino, Pisa 1927, p. 284 segg.