decadimento del protone
Ipotetica trasformazione spontanea del protone in particelle più leggere. Che il protone possa decadere è una conseguenza per ora puramente teorica dell’idea, maturata già da Albert Einstein, di poter descrivere tutte le forze operanti in natura come specifiche manifestazioni di una sola forza fondamentale. Le forze finora conosciute sono gravitazionale, elettromagnetica, debole e forte. Grazie alle ricerche degli ultimi decenni, rese possibili dalla costruzione di acceleratori potentissimi – tra cui il collisore protone-antiprotone e il LEP (Large electron-positron collider) ai laboratori del CERN di Ginevra – ci si è resi conto che la predizione teorica della possibilità di unificare la forza elettromagnetica con quella debole era corretta e da allora si è perseguita fattivamente la via della teoria di grande unificazione o GUT (Grand unification theory): secondo la teoria del big bang, al momento iniziale dell’Universo esisteva una sola forza; le altre forze ora note sarebbero apparse soltanto durante la successiva espansione dell’Universo, una volta calata l’energia media delle particelle sotto un valore critico. Una delle conseguenze della GUT, probabilmente la più sconvolgente, sarebbe la possibilità che il protone decada e che dunque la materia stessa non sia stabile, sia cioè destinata a trasformarsi spontaneamente. I dati sperimentali in nostro possesso suggeriscono che il decadimento del protone, ancora non osservato, non sia frequente. Questo implica che l’energia critica sopra la quale le forze sono unificate è almeno 1015 volte più alta della massa a riposo del protone: ciò significa che le particelle responsabili delle transizioni tra i quark (che costituiscono il protone) e i leptoni in cui esso può decadere, hanno una massa così elevata da far sì che sia veramente minimo il loro effetto alla nostra scala di energia. Il decadimento del protone è stato cercato senza successo da molti esperimenti, tra cui uno pionieristico italiano chiamato NUSEX (Nucleon stability experiment) svoltosi in un laboratorio schermato dal Monte Bianco. Si esclude, oramai, che il singolo protone decada mediamente prima di 1035 anni. Questo vuol dire, in pratica, che in un anno al più decade 1 protone in 106 tonnellate d’acqua, che occuperebbero un cubo di 100 m di lato. La sfida sperimentale è quindi tra le più difficili concepibili.
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