WITT, De
Famiglia di reggenti olandesi, oriunda di Dordrecht, già nota nel secolo XV, che ha avuto un'importanza grandissima nella storia olandese del sec. XVII. I personaggi più importanti sono Jacob, Johan e Cornelis de Witt.
Jacob nacque a Dordrecht nel 1589, e morì ivi nel 1674. Figlio minore del borgomastro di Dordrecht, Cornelis de Witt, dal 1618 Jacob ebbe parte nel governo della sua città; fu anche eletto tesoriere del sinodo di Dordrecht. Sembra che nel 1633 abbia rinunziato al commercio del legname, ereditario nella famiglia. Tra il 1639 e il 1655 per sei volte fu borgomastro e spesso rappresentò Dordrecht negli Stati di Olanda e negli Stati generali. Servì il paese in importanti missioni alle corti di Svezia e di Danimarca. In contrasto col proprio padre, egli era fautore convinto della sovranità della provincia d'Olanda e degli Stati provinciali e venne perciò a conflitto con Guglielmo II d'Orange, che nel 1650 lo fece imprigionare con altri cinque reggenti olandesi per qualche settimana a Loevestein. Dopo la morte dello statolder ritornò alle cariche pubbliche e, per quanto sempre antiorangista, durante la Grande Assemblea del 1651 diede il suo voto per l'amnistia dei suoi avversarî. Nel 1657 divenne consigliere e tesoriere del demanìo di Olanda e si stabilì a L'Aia, donde ritornò a Dordrecht dopo la morte dei suoi figli.
Johan, nato il 24 settembre 1625 a Dordrecht, assassinato il 20 agosto 1672 a L'Aia, era figlio di Jacob. Finiti gli studî di giurisprudenza a Leida e Angers, si stabilì a L'Aia quale avvocato presso la corte d'Olanda. Nel 1650 divenne pensionario di Dordrecht, la prima città d'Olanda; ben presto fu considerato capo della "fazione di Loevestein", il partito dei reggenti olandesi antiorangisti. Nel 1653, durante le grandi difficoltà della guerra con l'Inghilterra, fu eletto gran pensionario d'Olanda e per varie rielezioni occupò l'altissimo posto fino quasi alla morte. Nel 1660 seguì Jacob Cabs come guardasigilli. Uomo energico, integerrimo, metodico fino alla meticolosità, gran lavoratore, ebbe ben presto una influenza anche superiore a quella che il posto stesso conferiva; pure sarebbe sbagliato affermare che egli quasi governasse da solo la repubblica. Sta di fatto che egli non fu mai così potente come J. v. Oldenbarneveldt. Personalmente poi non era nemico della casa di Orange, per quanto le sue convinzioni politiche lo portassero a impedire ogni innalzamento del giovane Guglielmo III. De Witt portò a fine la guerra con l'Inghilterra nel 1654, accettando l'atto di esclusione, desiderato da Cromwell, col quale si stabilì che la casa d'Orange, imparentata con gli Stuarts, era per sempre esclusa dallo statolderato nella provincia d'Olanda. Questo atto, che fu abolito quando nel 1660 Carlo II divenne re d'Inghilterra, danneggiò assai la posizione di De Witt, privandolo della simpatia delle classi inferiori. La sua politica estera proseguì le direttive seguite dall'Olanda durante la guerra degli Ottant'anni: si cercava di ottenere l'amicizia dell'Inghilterra e specialmente della Francia. Nel 1662 infatti De Witt riuscì a fare alleanza con ambedue quelle potenze; ma erano amicizie precarie. Alla Francia propose una divisione dei Paesi Bassi spagnoli dopo la morte di Filippo IV, che avrebbe dato all'Olanda parte del Brabante e della Fiandra con Bruges, Anversa e Gand. Presto però si dovette accorgere che tale soluzione era impossibile, perché Amsterdam si mostrava contraria temendo il pericolo di una guerra e forse anche una ripresa del commercio di Anversa. Ancora per interessi commerciali, e cioè per la libera navigazione nel Sont, l'Olanda dal 1658 al 1660 aveva preso parte assai attiva alla guerra nordica.
A un livello altissimo fu portata l'amministrazione delle finanze dal De Witt. Nel 1655 egli riuscì ad abbassare il tasso dell'interesse prima in Olanda, poi in tutta la repubblica dal 5 al 4%; il risparmio serviva per l'estinzione degli enormi debiti lasciati dalla guerra degli Ottant'anni. Finanziatore parsimonioso, egli non risparmiava i fondi per la flotta, guardando sempre con sfiducia l'Inghilterra. Quando per rivalità commerciali nel 1665 scoppiò la seconda guerra con gli Inglesi, De Witt mostrò tutta la sua grande energia. La flotta, dopo la catastrofe di Lowestoft, fu immediatamente rinnovata; De Witt stesso, come deputato degli Stati generali, condusse la nuova flotta fuori dello Zuiderzee, e per tre mesi rimase con essa. La pace di Breda (1667) fu uno dei momenti culminanti della sua vita. Immediatamente dopo, l'ambizione di Luigi XIV costringeva De Witt a rivedere la sua politica estera e a cercare l'appoggio dell'Inghilterra, da lui giudicata anche più infida, contro la Francia. La guerra di Devoluzione fu una grande minaccia per il paese. Con la Triplice Alleanza (Olanda, Inghilterra, Svezia) De Witt costrinse Luigi XIV al trattato di Aquisgrana (1668), ma si fece un mortale nemico nel re francese, mentre i suoi alleati erano poco sicuri. La nuova conflagrazione venne nel 1672. Francia, Inghilterra, Münster e Colonia assalirono l'Olanda isolata; il popolo, certo che solo Guglielmo d'Orange avrebbe potuto salvare la patria, mostrò in numerose sommosse il suo odio contro De Witt. Questi aveva anche dopo il 1660 contrastato il giovane principe (v. guglielmo 111), pure curando personalmente la sua educazione nella politica estera. Egli si oppose a che al principe fosse affidato il comando dell'esercito per un periodo di più di una campagna, ma già la sua posizione era divenuta meno sicura, specie per un cambiamento nel governo municipale di Amsterdam. Certo nel 1672 De Witt era ancora l'anima della difesa; la flotta che sotto De Ruyter otteneva successi decisivi, era la flotta da lui costruita; la pace vergognosa offerta da Luigi XIV e Carlo II fu rifiutata. Ma il popolo voleva Guglielmo d'Orange. Il 21 giugno De Witt fu ferito in un attentato; il 4 luglio il principe fu acclamato statolder di Olanda. Il 4 agosto De Witt con un singolare discorso presentò le sue dimissioni come gran pensionario. Il 20 agosto, visitando suo fratello nella prigione, fu assassinato insieme con questo.
L'opera matematica di J. de Witt. - Nei brevi periodi della sua vita nei quali poté dedicarsi alla matematica, dimostrò una singolare chiarezza di esposizione e acutezza geometrica. La sua opera: Elementa curvarum linearum (Amsterdam 1659), è inserita nel secondo volume dei commenti alla versione latina della Géométrie di Descartes (Amsterdam 1661). Essa contiene una semplice trattazione analitica delle coniche, studiate per mezzo delle equazioni di secondo grado che le rappresentano. Più originale è lo studio delle rendite vitalizie (Waerdye van Lijfrenten, naer proportie van Lof-Renten, L'Aia 1671). È un documento parlamentare, in cui (come osserva G. Castelnuovo), sono esplicitamente enunciate ipotesi, dimostrazioni, teoremi con esempî numerici, in forma lucida. Il calcolo è fondato sopra la conoscenza delle probabilità di vita alle varie età, dedotto da un'opportuna legge di sopravvivenza. Lo scritto sta alla base del moderno calcolo attuariale (attuariale, matematica).
Cornelis, fratello del precedente, nato il 25 giugno 1623 a Dordrecht, fu assassinato a L'Aia il 20 agosto 1672. Fece gli stessi studî del fratello; nel 1654 fu nominato "ruwaard", cioè governatore dell'isola di Putten. Nel 1666 e 1667 era borgomastro di Dordrecht. Deputato degli Stati generali alla flotta, partecipò nel 1667 all'incursione sul Tamigi; nel 1672 nella battaglia navale di Solebay si distinse per il suo sangue freddo. Era uomo di assai meno alto livello morale di Johan; odiato più di questo per la sua superbia e per il suo atteggiamento antiorangista. Un pessimo soggetto, William Tichelaar, nel luglio 1672 lo accusò falsamente di aver tentato d'incitarlo a un attentato alla vita di Guglielmo III. De Witt sostenne la sua innocenza, anche sotto la tortura, ma fu condannato alla perdita dei suoi impieghi e alla proscrizione dalla provincia di Olanda. Il popolo giudicava la punizione insufficiente. Durante una visita che Johan de Witt fece al fratello, la riottosa plebaglia de L'Aia con a capo il Tichelaar penetrò nella prigione. I due fratelli, condotti in strada, furono uccisi; i loro corpi mutilati, appesi con la testa in giù alla forca, furono poi ridotti letteralmente a pezzi. Non si è mai potuto stabilire se l'assassinio fosse predisposto; comunque Guglielmo III è responsabile solo di essere stato assai debole nel punire i maggiori colpevoli.
Bibl.: Le numerose lettere di J. de W. si trovano in: Brieven van en aan J. de W., voll. 6, L'Aia 1723-25; R. Fruin e N. Japikse, Brieven van J. de W., voll. 4, Amsterdam 1908-13; E. De Parieu, Vingt années d'interrègne dans le stathoudérat, Parigi 1858; W. C. Knottenbelt, Geschiedenis der staatkunde van J. de W., Amsterdam 1862; R. G. Barnwell, Life and times of John de W., New York 1856; J. C. Naber, De staatkunde van J. de W., Utrecht 1882; J. Geddes, History of the administration of J. de W., L'Aia 1879; A. Lefevre Pontalis, J. de W., voll. 2, Parigi 1884; N. Japikse, J. de W., Amsterdam 1915.