DE VINCENTI, Antonio Felice
Nacque a Torino intorno al 1690. Arruolatosi ancora giovane quale soldato del battaglione dei cannonieri, ebbe occasione di guadagnarsi di volta in volta, in Sicilia, in Sardegna e quindi nel corso della sua lunga vita trascorsa a corte, i giusti meriti occorrenti per compiere una facile carriera nelle gerarchie dell'esercito sabaudo, fino ad essere nominato, nel 1774, luogotenente generale di fanteria e capo del corpo reale di artiglieria.
In particolare, oltre ad intraprendere significativi esperimenti balistici a proposito della possibilità di lunghezza dei lanci (1746) e dei modi di accensione delle polveri dei cannoni (1759), si dedicò soprattutto a incarichi di ingegneria militare, ed in questa disciplina fu capace di imporsi in un ruolo autorevole, richiesto ed ascoltato, di supervisore dei progetti e dei calcoli approntati per le opere adibite per ogni paese dei territori degli Stati di Sua Maestà, al di qua e al di là del mare. Con biglietto del 16 luglio 1773, Vittorio Amedeo III lo elesse addirittura a presiedere il congresso degli edili, appena istituito, preposto "a promuovere il maggior ornamento della nostra Metropoli", vale a dire a interessarsi alla costruzione degli edifici pubblici e privati e all'"esteriore buon ordine delle fabbriche" ovvero all'"allineamento" e all'"ampiezza delle contrade".
Il D. risulta presente in Sicilia, regno sabaudo, all'inizio del 1714, quando è documentato a curare il rilievo della pianta della città e del castello di Termini Imerese. In Sicilia rimase fino al 1720, quando si trasferì in Sardegna, a Cagliari, dopo lo scambio dei due regni imposto a casa Savoia dal congresso di Londra.
Con l'intermezzo di una missione a Torino, svolta in alcuni mesi degli anni 1727 e 1728, il periodo sardo di attività del D. ebbe termine solo nel 1734. In questo tempo si occupò di ispezionare le maggiori opere fortificate di difesa delle coste, a Cagliari, ad Alghero, a Castel Aragonese (dal 1769 Castelsardo) ed altrove, e di programmare i relativi opportuni e necessari interventi che accrescessero il migliore funzionamento delle stesse fortificazioni.
Risale al 1722 il progetto della basilica di Nostra Signora di Bonaria. I lavori del cantiere furono sospesi e, comunque, andarono assai a rilento (la facciata fu terminata nel 1956), neppure infrequenti furono i cambiamenti dei disegni esecutivi (datano al 1778 quelli radicali dell'architetto Giuseppe Viana): ma il pensiero autentico primitivo si può a tutt'oggi apprezzare grazie al modello ligneo conservato presso l'istituto di disegno della facoltà di ingegneria di Cagliari.
Richiamato in patria, per la grande esperienza conseguita dei problemi edilizi ed urbanistici della Sardegna, il D. a lungo fu ancora incaricato di seguire gli sviluppi di progetti riferentisi ad edifici cagliaritani (ad esempio il palazzo reale e l'università del Belgrano) e oristanesi (si veda la chiesa ed il convento del Carmine del Viana). Sempre per Oristano, precedentemente, era stato impegnato su sollecitazione del capitolo e della curia vescovile a raccomandare la riedificazione della cattedrale secondo le forme attuali (1731).
Ma soprattutto la fortuna del D. è modernamente legata alla costruzione dell'imponente complesso del palazzo dell'Arsenale di Torino (1738-1742, 1760-1783), costituito da "un amplissimo cortile circondato da lunghi bracci di fabbrica destinati alle officine, laboratori, uffizi, magazzini delle materie prime e dei prodotti, alloggi di abitazione: intorno a questo nucleo centrale altre costruzioni o capannoni destinati agli alti forni, alle fonderie ed a lavorazioni speciali ed altri cortili" (Olivero, 1942, pp. 113 s.).
Dalle ricerche condotte dal Signorelli (1984) nell'Arch. di Stato di Torino, Sez. Corte, Materie economiche, Strade e ponti, risultano a nome del D., al 1760, un progetto per il ponte di Cuorgné sull'Orco e, datato 24 apr. 1762, un "disegno ed istruzione per il nuovo ponte sul Sangone", a Moncalieri.
Il D. rivela nelle sue scelte e nella formazione del suo gusto la cultura delle forme architettoniche sobrie e severe, tuttavia aperte a ricevere le audaci libertà tipologiche del Guarini, trionfanti in Piemonte prima dell'arrivo dalla Sicilia e da Roma del barocco e del classicismo iuvarriano. In maniera notevole, e la circostanza è da mettere in connessione con il pragmatismo delle proposte tecniche di solito accettate, conviene fare avvertimento alla composizione modulare che sta alla base delle soluzioni inventive dell'architetto, bene riconosciuta dal Cabras (1966) e dal Cavallari Murat (1968), tale da garantire sia un progressivo controllo dell'adeguarsi delle esigenze edificatorie sia l'eventuale aggiunzione agli ambienti già realizzati di ulteriori successivi servizi disponibili.
Il D. morì a Torino il 9 sett. 1778.
Fonti e Bibl.: G. Cossu, Della città di Cagliari..., Cagliari 1780, p. 18; O. Derossi, Nuova guida per la città di Torino, Torino 1781, p. 87; P. Balbo, Vita di A. V. Papacino d'Antoni, [1791], Torino 1805, pp. 6 s., 29, 32, 41, 100 s.; S. A. Scintu, Raccolta di memorie di Arborea, Oristano 1873, p. 97; L. Adami, Cenni stor. intorno alla fonderia di artiglieria di Torino, Torino 1885, p. 5; G. Claretta, I marmi scritti della città di Torino e de' suoi sobborghi, Torino 1899, pp. 625 s.; D. Scano, Forma Karalis, Cagliari 1934, pp. 85 s.; C. Montù, Storia dell'artiglieria ital., I, 2, Roma 1935, pp. 1074, 1077; II, 4, ibid. 1937, pp. 1642 s., 1665 s., 1733, 1796 s.; E. Olivero, Il regio arsenale di Torino ed il suo architetto capitano A. F. D., in Boll. del Centro di studi archeol. ed artistici del Piemonte, n.s. VIII (1942), 2, pp. 111-133; S. Rattu, Il modello ligneo della basilica di Bonaria a Cagliari, in Palladio, VI (1942), I, pp. 25-31; M. Manconi, La cattedrale di Oristano, in Studi sardi, XII-XIII (1955), 2, pp. 56, 63; R. Salinas, Architetti piemontesi in Sardegna, in Atti del X Congresso di storia dell'architettura (Torino 1957), Roma 1959, pp. 435-437; A. Cavallari Murat, G. Viana architetto sabaudo in Sardegna, in Atti e rass. tecnica della Società ingegneri e architetti in Torino, XIV (1960), pp. 396, 398, 403, 405; Id., Indagini sull'espansione in Sardegna dell'architettura settecentesca piemontese, in Boll. del Centro di studi per la storia dell'architettura, 1961, 17, Contributi alla storia dell'architettura in Sardegna, pp. 157-159, 162; Id., Saverio Belgrano di Famolasco ingegnere sabaudo quale architetto in Sardegna, in Atti e rass. tecnica della Società ingegneri e architetti in Torino, XV (1961), 2, pp. 37, 40, 45 s.; C. Maltese, Arte in Sardegna dal V al XVIII secolo, Roma 1962, pp. 34 s., 216, 225, 230; C. Brayda-L. Coli-D. Sesia, Ingegneri e architetti del Sei e Settecento in Piemonte, in Atti e rass. tecnica della Società ingegneri e architetti in Torino, XVII (1963), pp. 105, 155, 163, 169; N. Carboneri, Mostra del barocco piemontese (catal.), Torino 1963, I, pp. 7, 70; M. Cabras, Le opere del D. e dei primi ingegneri militari piemontesi in Sardegna nel periodo 1720-1745, in Atti del XIII Congresso di storia dell'architettura. Sardegna (Cagliari 1963), Roma 1966, I, pp. 291-310; A. Cavallari Murat, L'architettura del Settecento in Sardegna, ibid., pp. 285 s.; Id., Forma urbana ed architettonica nella Torino barocca, Torino 1968, I, pp. 875 s.; II, 2, pp. 486 s.; C. Maltese-R. Serra, in Sardegna, Venezia 1969, p. 365; I. Principe, Cagliari, Bari 1981, pp. 123, 125, 127, 132 s.; A. Cavallari Murat, Seme del fortificatore F. D., in Come carena viva, Scritti sparsi, Torino 1982, I, pp. 536-545; B. Signorelli, Acque, strade e ponti in Sabaudia..., in Studi piemontesi, XIII (1984), 1, p. 171.