DE SANTI (De Sanctis)
Famiglia di pittori (cfr. L. Testi, La storia della pittura veneziana, I, Bergamo 1909, pp. 133 ss.) e tagliapietre del sec. XIV operosi nel Veneto. Filippo è documentato per la prima volta il 10 maggio 1332 quando fu fatto un pagamento a "magistro Philippo de Venetiis qui fecit arcam Beati Fratris Odorici" (Domenichelli, 1881). Il Venni (1761) infatti lo dichiara autore della tomba del Beato Odorico da Pordenone (ad Udine: già in S. Francesco, ora in S. Maria del Carmine; cfr. Wolters, 1976). Da ulteriori documenti risulta che l'arca fu trasportata da Aquileia ad Udine e che il pagamento venne effettuato a Venezia, vale a dire che l'opera fu eseguita a Venezia.
Un altro documento del 1° giugno 1334 informa di una pena inflitta a "Phylipus taiapetra de Sanctis de Confinio S.cti Pantaleonis" (a Venezia), che aveva mancato di consegnare in tempo delle pietre ai patroni dell'Arsenale. Le differenze più di qualità che di stile delle singole parti dimostrano che quest'opera, l'unica documentata, è di mano di più tagliapietre.
Rassomiglianze assai generiche con sculture toscane nell'ambito di Giovanni Pisano non devono essere state il frutto di contatti diretti, anzi sono bagaglio comune di una corrente della scultura veneziana dal 1320 in poi. Filippo si ispirò, per quel che riguarda il ritratto del defunto, alla tomba di S. Simeone nell'omonima chiesa veneziana, ma il confronto tra le due opere rende evidente la grande superiorità di quest'ultima.Il nome di Andriolo, figlio di Pagano, è servito spesso per caratterizzare quella fase della scultura veneziana che va dal 1340 al 1380 c., prima cioè dell'avvento dei Dalle Masegne. Non sappiamo se sia da identificare con "Andriolus taiapetra Sancte Crucis", menzionato a Venezia il 3 apr. 1328 (Paoletti, 1893, I, p. 48 n. 2). Tra il 1º ag. 1342 e l'aprile 1344 viene indicato come "protomaestro" nei lavori per due portali di S. Lorenzo a Vicenza (Gallo, 1949, pp. 1 ss.; Wolters, 1976, cat. 39; dei portali ci è rimasto solo quello maggiore). Viveva allora a Venezia e per quel che riguarda eventuali lavori anteriori è possibile solo l'attribuzione della tomba di Duccio Alberti nella basilica dei Frari a Venezia (Wolters, 1976, cat. 38).
Dopo i lavori ai portali vicentini disegnò le tombe dei signori di Padova: Ubertino (morto nel 1345) e Iacopo (morto nel 1350) da Carrara, in origine nel presbiterio di S. Agostino, ora agli Eremitani, a Padova. Nel contratto (Biscaro, 1899), firmato a Venezia, dove allora risiedeva, il 16 febbr. 1351, sono menzionati i suoi collaboratori, ma non è stato possibile collegarne i nomi a singole parti dei monumenti. Da questo periodo potrebbe datare anche il ritratto di Tito Livio su la "porta delle debite" del palazzo della Ragione di Padova (Wolters, 1976, cat. 42).
Ricordato il 30 marzo 1354 a Venezia come "arbitro" (Biscaro, 1899, p. 97. doc. II), Andriolo il 15 ott. 1364 si trovava di nuovo a Padova dove si impegnò a fare "capelam muratam in ecclesia fratrum heremitarum de Padua muratam cum figuris" (Moschetti, 1928, pp. 283 ss., doc. I). È incerto se una Madonna agli Eremitani, che gli è stata attribuita con riserve (Wolters, 1976, cat. 43), derivi da questa.
Nell'estate del 1366 andò con un suo figlio, Bartolomeo, a Venezia per un incarico non meglio precisato (Moschetti, 1928, pp. 294 ss., docc. II ss.). È documentato a Padova l'11 maggio 1370; il 22 febbr. 1372 firmò il contratto per la cappella di S. Giacomo nella basilica di S. Antonio a Padova (oggi cappella di S. Felice; Wolters, 1976, cat. 45; docc. in Sartori, 1976 e 1983). In un documento del 25 nov. 1375 viene menzionato come defunto.
La definizione dello stile personale di Andriolo e del suo posto nella storia della scultura veneziana è resa difficile dal gran numero di collaboratori, particolarmente numerosi nel portale di S.Lorenzo a Vicenza. Potrebbero essere autografe le sculture del timpano che nella loro volumetricità e nella precisione dei gesti superano tutta la produzione non solo locale ma anche le opere di Filippo D. e dei suoi contemporanei. Notevoli sono inoltre le differenze tra le sue opere e quelle di Filippo Calendario a Venezia (dal 1341 al 1355). Le sculture del timpano sono un metro sicuro per le troppe attribuzioni che sono state fatte.
Per le due tombe dei Carraresi si valse di nuovi collaboratori, seguendo un costume diffuso a Venezia di assumere collaboratori a tempo secondo le necessità (Connell, 1976). Nella forma dei sarcofagi Andriolo si basava su prototipi antichi, ma forse anche su quello del mitico fondatore di Padova, Antenore, "modernizzandoli". La struttura delle tombe con baldacchino ricorda le cappelle tipo quella, eseguita più tardi, della Madonna mora al Santo. I due ritratti, autografi, dimostrano nella loro forte plasticità un notevole distacco dalla tradizione rappresentata dai ritratti veristici del Vescovo Castellano Salomone (Treviso, duomo) e dello Scrovegni (Padova, cappella dell'Arena).
Tra i collaboratori di Andriolo, che al solito ripetono il suo linguaggio, spicca l'autore dei quattro angeli e della Madonna del sarcofago di Ubertino che sembra di origine lombarda come dimostrano forti rassomiglianze con le sculture della tomba di Barnabò Visconti (Milano, Castello Sforzesco) del 1363. La Madonna venne poi copiata da uno scultore locale sulla tomba di Iacopo, mentre le altre parti appartengono a più scultori. Forse sono di Andriolo anche gli angeli a mezza figura sulla tomba di Iacopo.
Dal contratto per la cappella di S. Giacomo al Santo (Padova), decorata inoltre da Altichiero e da Avanzo, risulta che Andriolo era responsabile sia per l'architettura sia per le sculture, che doveva eseguire "sua propria mano il meglio che sapia" (Wolters, 1976, cat. 45). Ci sono differenze più di qualità che di stile tra le cinque sculture della facciata. Sue potrebbero essere il S. Martino ed il S. Pietro, mentre per le altre si potrebbe proporre il nome del suo collaboratore Giovanni, forse suo figlio. Andriolo morì nell'agosto 1377 (Paoletti, 1893, I, p. 54).
Unica opera sicura di Giovanni, figlio di Andriolo, è la Madonna detta dell'Orto, del 1377, nella omonima chiesa veneziana. Assai manomessa e di qualità modesta, non permette ulteriori attribuzioni basate solo sullo stile.
Nel 1376 un Giovanni, forse lo stesso figlio di Andriolo, era attivo nella cappella di S.Giacomo (ora di S.Felice) in S.Antonio da Padova (docc. in Sartori, 1976 e 1983); potrebbero quindi essere sue alcune delle sculture della facciata (Wolters, 1976, cat.45). Morì il 7 ag. 1392 come risulta dalla sua lapide sepolcrale nella chiesa della Madonna dell'Orto di Venezia; non si sa se l'abbia scolpita egli stesso. L'assenza di un'opera sicuramente sua e non rovinata da restauri rende per ora impossibile una definizione del suo stile.
L'ultimo artista noto della famiglia è Ziliberto di Mauro, che lasciò una unica opera nota: la tomba qualitativamente assai modesta del figlio di Dante, Pietro Alighieri, morto il 21 apr. 1364 a Treviso (in origine agli Eremitani, oggi ricomposta, ma incompleta, a S. Francesco). Per contratto doveva prendere come modello la cit. tomba del Vescovo Castellano Salomone (morto nel 1322) a Treviso, apportando delle modifiche precisate nel contratto stesso, dell'8 dicembre 1364 (G. Biscaro, La tomba di Pietro di Dante a Treviso, in L'Arte, II [1899], pp. 417-31; Wolters, 1976, cat. 96).
Fonti e Bibl.: G. Venni, Elogio storico alle gesta del beato Odorico..., Venezia 1761, p. 28 (per Filippo); T. Domenichelli, Sopra la vita e i viaggi del beato Odorico da Pordenone dell'Ordine de' minori, Prato 1881, p. 400 (per Filippo); P. Paoletti, L'architettura e la scultura del Rinascimento a Venezia, Venezia 1893, I, pp. 54 (per Filippo), 54 s. (per Giovanni), passim (per Andriolo); G. Biscaro, Le tombe di Ubertino e Iacopo da Carrara, in L'Arte, II (1899), pp. 88-97 (per Andriolo); L. Planiscig, L'arca del beato Odorico da Pordenone..., in Forum Iulii. Rivista di scienze e lettere, I (1910), pp. 261-71 (per Filippo); Id., Studi su la scultura veneziana del Trecento, in L'Arte, XIV (1911), pp. 322 ss. (per Filippo); Id., Geschichte der venezianischen Skulptur im XIV. Jahrhundert, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses, XXXIII (1916), pp. 86 ss. (per Filippo); A. Moschetti, Studi e memorie di arte trecentesca padovana, II, Andriolo de Santi scultore veneziano, in Boll. del Museo civico di Padova, XXI (1928), pp. 281-97; C. Someda De Marco, L'arte dei De Sanctis e il sarcofago del b. Odorico da Pordenone, Udine 1939; R. Gallo, Contributi alla storia della scultura veneziana, I, Andriolo de Santi, in Archivio veneto, XLIV-XLV (1949), pp. 1-40; L. Damiani, Il gotico-toscano nell'arca udinese di Filippo D., in Udine, Boll. delle Civiche istituzioni culturali, VI-VII (1967-68), pp. 55-90; S. M. Connell, The employment of sculptors and stone masons in the Fifteenth Century, tesi di dottorato, Warburg Institute, London 1976; Fonti e studi per la storia del Santo a Padova, III, A. Sartori, Documenti per la storia dell'arte a Padova, a cura di C. Fillarini, con un saggio di F. Barbieri, Vicenza 1976, ad Indicem (per Andriolo e Giovanni); W. Wolters, La scultura veneziana gotica 1300-1460, Venezia 1976, pp. 32 ss., 166 ss.; A. Sartori, Documenti di storia e arte francescana, I, Basilica e convento del Santo, Padova 1983, ad Indicem (per Andriolo e Giovanni); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 364 s. v. Filippo da Venezia; XXIX, p. 430 s. v. Santi, Andriolo (anche per Giovanni e Ziliberto).