DE ROSSI (De Rubeis), Ferdinando Maria
Nacque a Cortona (Arezzo) il 3 ag. 1696.
I De Rossi erano nobili: marchesi di Firenze e patrizi romani; di origine toscana, si erano trasferiti in Umbria circa un secolo avanti. Il padre del D., Pietro Paolo, ricoprì la carica di governatore delle Armi in Umbria; poco dopo la nascita del figlio si trasferì in Città della Pieve, dove, l'8 genn. 1699, fu aggregato alla nobiltà locale; nei due anni successivi entrò a far parte del Consiglio cittadino (21 maggio 1700) e fu anche nominato gonfaloniere (15 dic. 1701).
In Città della Pieve il D. trascorse l'infanzia e compì i primi studi. Studiò quindi filosofia e teologia al Collegio Romano, e giurisprudenza a Macerata, dove si laureò in utroque iure il 27 ott. 1716. Il 17 nov. 1724 fu nominato referendario apostolico. Nel 1731 fu scelto come compagno da Federico Marcello Lante, poi cardinale, inviato da Clemente XII in Francia con l'incarico di portare le fasce benedette al delfino di Luigi XV. Il Lante continuò a essere a lungo amico e protettore del D.; ancora nel 1769, infatti, il cardinal F.M. Pirelli ne parla come "... fin dai primi anni, il promotore di Rossi..." (Il diario..., p. 239).
Nel 1733 il D. divenne luogotenente civile del cardinal vicario, mons. G. A. Guadagni, incarico che mantenne alcuni anni; divenne poi canonico della basilica liberiana. Ammesso in prelatura, compare, a partire dal 1735, nella Congregazione dell'immunità ecclesiastica, carica che avrebbe ricoperto fino al 1744. L'anno seguente fu ammesso nella congregazione concistoriale, dove rimase fino all'epoca della sua nomina cardinalizia. Nel 1738 il D. fu nominato esaminatore apostolico del clero per i concorsi di Roma e, nello stesso tempo, votante nella Segnatura di Grazia. In seguito sarebbe entrato anche, come ponente, nella Congregazione del Buon Governo. Questa prima parte del suo cursus honorum culminò nel 1739 quando, il 20 luglio, fu consacrato dal cardinal Guadagni vescovo di Tarso e, il 3 agosto, fu nominato assistente al soglio pontificio.
Nel 1742 il D. ottenne la carica di vicegerente di Roma e, l'anno successivo, entrò a far parte della Consulta del S. Uffizio, della Congregazione della Sacra Visita Apostolica e di quella delle Indulgenze e Sacre Reliquie. Il 1º febbr. 1751 fu consacrato patriarca di Costantinopoli. Nel 1755, in qualità di vicegerente, consacrò le quattordici stazioni della Via crucis al Colosseo, volute da Benedetto XIV che aveva consacrato tutto quel luogo alla passione di Cristo; nominato direttore della Via crucis, ottenne dal papa il permesso di farvi delle celebrazioni del culto del S. Cuore di Gesù, permesso rinnovatogli da Clemente XIV nel 1772: episodi, questi, di per sé, del tutto secondari se non per il fatto che attirarono sul D. fama generale di amico dei gesuiti, cui tale culto era particolarmente caro. Tale fama contribuì a renderlo profondamente inviso a tutto il partito legato alle corti borboniche.
Il 24 sett. 1759, a coronamento della sua carriera, il D. ricevette l'investitura a cardinale presbitero da parte di Clemente XIII. Dal 19 novembre ebbe il titolo di S. Silvestro in Capite, che gli fu poi mutato, il 14 dic. 1767, con quello di S. Cecilia. Come cardinale, il D. fu prefetto della Congregazione del Concilio e ascritto alla Congregazione dei Vescovi e Regolari, alla Congregazione dell'Esame dei vescovi e a quella delle Ripe e del Tevere. Il 12 nov. 1761 fu deputato protettore dell'Ordine cistercense e, in questa qualità, pubblicò a Roma, nel 1772, una Allocutio tenuta ai monaci. Il 4 febbr. 1765 fu nominato camerario del S. Collegio.
Nel 1762 il D. era entrato nella Congregazione del S. Uffizio, e in tale congregazione si distinse nel 1767, quando, essendo stati cacciati i gesuiti dalla Spagna, si dovette decidere se accoglierli nello Stato pontificio. Nella riunione del 21 aprile il D., insieme a C. A. Cavalchini Guidobono, votò a favore del loro accoglimento.Nel gennaio dell'anno successivo ebbe inizio la controversia tra Roma e il ducato di Parma, e il D. fu chiamato a far parte della Congregazione di cardinali e prelati voluta dal papa per fronteggiare le prime iniziative del governo ducale. Da questa congregazione uscì il breve del 30 genn. 1768 che, respingendo ogni pretesa giurisdizionalista, ritenendo nulli tutti gli atti del governo ducale, riaffermando tutti gli antichi privilegi della Chiesa, scatenò le più risentite reazioni non solo a Parma, ma in tutti gli Stati borbonici. Il D. avrebbe poi guardato con favore all'ipotesi di mediazione dell'imperatrice Maria Teresa quando questa, nel luglio, ne fece balenare la possibilità, e pare si adoperasse anche in tale direzione. Quando poi, in seguito all'occupazione di territori pontifici da parte delle truppe borboniche e all'inasprimento delle relazioni tra gli Stati borbonici e la S. Sede, parve in pericolo la posizione del cardinal F. M. Torrigiani come segretario di Stato, si parlò del D. come suo possibile successore (agosto 1768).
Comunque la partecipazione alla Congregazione per gli Affari di Parma attirò al D. una decisa avversione da parte francese che, insieme al sospetti di filogesuitismo, gli valse la generale ostilità del partito delle corti durante il conclave del 1769. Non che il D. avesse mai avuto la possibilità di essere eletto, ma, di fatto, il suo nome era sulle liste degli "sgraditi" di tutti i rappresentanti borbonici: De la Houze, Hj. d'Aubeterre, G. Centimani, M. de Roda. Inutilmente, nell'aprile, il cardinal Fj. de Bernis, che avrebbe voluto rendere meno rigide tali liste, si espresse in suo favore. In questo conclave il D. si schierò col partito degli zelanti, impegnato in una lunghissima ed estenuante battaglia contro il partito delle corti. All'inizio di maggio raccolse anche qualche sporadico voto; fu uno dei primi tra gli zelanti che si convinsero, il 16 maggio, a far confluire il proprio voto su L. Ganganelli, eletto col nome di Clemente XIV il 19 maggio.
Come cardinale il D. ebbe il titolo di protettore di numerose corporazioni, di collegi, di vari conventi e di numerosi paesi: Massa Lombarda, Spello, Collescipoli, Castel San Pietro. Con la sua pluridecennale esperienza in numerosi e svariati uffici e incarichi, il D. appare scaltro conoscitore e protagonista degli equilibri di potere e degli intrighi della Curia romana.
Persona di quelle "che godevano molto credito" in Curia, scriveva di lui il conte M. Fantuzzi (Memorie…, p. 99); "... ami, dit-on, des jésuites, et qui passe ici pour avoir bien de l'intrigue et de la ruse ...", annotava su di cui il card. de Bernis (Masson, p. 184); l'ambas atore francese H. J. d'Aubeterre pensava che il D. si lasciasse "guidare unicamente da considerazioni egoistiche" (Pastor, XVI, 2, p. 31); "mondano e insincero" lo definisce un'altra testimonianza contemporanea (ibid., XVI, 1, p. 1025), e "zorron" lo definiva l'ambasciatore spagnolo J. N. de Azara (El espiritu..., p. 223).
Nel 1774 il D., gravemente malato, non potette entrare nel conclave che si riunì dopo la morte di Clemente XIV e, prima che questo si concludesse, morì, a Roma, il 4 febbr. 1775. Si ha solo la notizia di un libro che raccoglie le sue Memorie, scritto a cura del suo condatario C. Cozzi.
Fonti e Bibl.: Bibl. apost. Vaticana, Borg. lat. 236, ff. 247-51; 812, ff. 17r-18r, 37, 83r-88v; 831, f. 1; Ibid., Capponi 280, I, f. 93; Ibid., Ferraioli 366, ff. 147v-148r; 532, ff. 171v, 181r, 189v, 215v (pasquinate, satire politiche e libelli contra eum); Vat. lat. 8459, f. 23r; Diario di Roma, XII (1775), pp. 5-10; Notizie per l'anno 1733, p. 101; ... 1735, p. 214; ... 1736, pp. 215, 218; ... 1738, pp. 101, 207, 210, 212, 222; ... 1742, pp. 85, 107, 209, 213, 215, 227; ... 1743, pp. 84, 107, 112, 114, 117, 119 s., 124, 235; ... 1760, pp. 51, 85, 102; ... 1761, pp. 51, 86, 103; ... 1762, pp. 51, 86, 101 s.; ... 1766, pp. 53, 88, 103; ... 1767, pp. 53, 86, 101; ... 1770, pp. 55, 88, 100 s.; ... 1772, pp. 57, 87, 99 s.; Elespiritu de d. Jose Nicolas de Azara descubierto en su correspondencia epistolar con don Manuel de Roda, Madrid 1846, I, pp. 8, 12, 80, 103 s., 113, 117 ss., 159, 223, 238; II, p. 165; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese... di Roma, Roma 1869-1880, II, p. 43; III, p. 340; VI, p. 184; VII, p. 543; IX, p. 386; XII, p. 71; Memorie inedite del conte Marco Fantuzzi sui tempi di Clemente XIII, a cura di L. Dal Pane, in Boll. del Museo del Risorg. di Bologna, VII (1962), p. 99; Il diario del conclave di Clemente XIV del card. Filippo Maria Pirelli, a cura di L. Berra, in Arch. della Soc. romana di storia patria, s. 3, XVI-XVII (1962-1963), pp. 47, 52, 84, 96, 100, 109 s., 121, 135, 142, 146 s., 149, 157, 163, 166, 186, 191, 197 s., 213, 215, 220, 233, 238 s., 241 s., 250, 255, 263 s., 266, 268 s., 272, 274 s., 276 s., 279, 287, 293, 297, 309, 315; G. Carletti, Mem. istorico critiche della chiesa, e monasterio di S. Silvestro in Capite..., Roma 1795, p. 208; G. Bolletti, Notizie istor. di Città della Pieve, Perugia 1830, pp. 272, 306 s.; A. Theiner, Storia del pontificato di Clemente XIV, II, Firenze 1854, pp. 158, 197 s., 234, 265; F. Petruccelli Della Gattina, Histoire diplomatique des conclaves, IV, Paris 1866, pp. 176, 181, 191, 193; F. Masson, Le cardinal de Bernis depuis son ministère 1750-1794, Paris 1884, pp. 104, 184 s.; F. Canuti, Nella patria del Perugino, Città di Castello 1926, pp. 170 s., 246; L. v. Pastor, Storia dei papi, XVI, Roma 1933-34, ad Indicem; G. Beltrami, Notizie su prefetti e referendari della Segnatura apostolica desunte dai brevi di nomina, Città del Vaticano 1972, ad Indicem; R. Ritzier-P. Sefrin, Hierarchia catholica, VI, Patavii 1958, pp. 21, 180, 394.