DE PREDIS (Preda), Giovanni Ambrogio
Figlio del nobile Leonardo e di Caterina Corio nacque a Milano intorno al 1455; la famiglia abitava a porta Ticinese nella parrocchia di S. Vincenzo in Prato.
Fu l'ultimo di sei figli avuti dal padre con tre matrimoni: dalla prima moglie, Margherita Giussani, nacquero Aloisio, Evangelista (pittore, morto nel 1491), Cristoforo (miniatore, vedi voce); dalla seconda, Margherita de Millio, nacque Giovan Francesco; dalla terza, Caterina Corio, Bernardino (che collaborerà con il De Predis). Forse fu avviato alla pittura dal fratellastro Cristoforo.
I numerosi documenti relativi al D. permettono di precisare dettagliatamente le tappe fondamentali della sua carriera artistica. Le prime notizie documentarie lo rivelano impegnato il 14 febbr. 1472 e l'11 maggio 1474 come miniatore di due offizioli per Vitaliano e per Francesco Borromeo (Biscaro, 1914).
Nel 1479 era attivo alla Zecca di Milano con il fratello Bernardino (Motta, 1895). Nel 1482 ricevette dai duchi Sforza una pezza di raso in compenso per un lavoro imprecisato, forse un dipinto recato in dono alla duchessa di Ferrara Eleonora d'Aragona (Venturi, 1889; Motta, 1893). Quest'ultimo documento attesta il ruolo che in quegli anni occupava alla corte degli Sforza quale ritrattista ducale. Il 25 apr. 1483, insieme con Leonardo da Vinci e con il fratello Evangelista, si impegnava a consegnare entro l'8 dic. 1483 la pala per l'altare di S. Francesco Grande di Milano; nel contratto (Biscaro, 1910) con la Confraternita della Concezione vengono stabilite in maniera assai precisa le spettanze di collaborazione: a Leonardo la parte centrale, ai fratelli De Predis le due laterali rispettivamente con quattro angeli "che canteno" e quattro "che soneno", mentre la cornice dorata a due ordini viene affidata all'intagliatore Giacomo Del Maino. Prezzo pattuito: 800 lire imperiali (200 ducati) e, a lavoro finito, un conguaglio determinato da una commissione composta da frate Agostino Ferrari e da due confratelli; clausola che fu causa di lunghe controversie.
Al periodo 1493-94 è riconducibile una supplica al duca di Milanol senza data, in cui "Iohannes Ambrosius et Leonardus da Vinci Florentinus", avendo finito il lavoro commissionato dalla Confraternita della Concezione nel 1483, richiedevano un conguaglio di 1.200 lire (300 ducati) per le esorbitanti spese di produzione, ma l'offerta contrapposta per "la dicta nostra dona facta a olio per lo dicto fiorentino" ammontava a Soli 25 ducati, mentre il suo valore effettivo era di circa 100 ducati, prezzo offerto da "persone quale hano voluto comprare dicta nostra dona". Per cui veniva sollecitata una perizia alla presenza di due esperti (Motta, 1893). Ne emergono due dati: l'avvenuta esecuzione della Vergine da parte di Leonardo e l'assenza del fratello Evangelista, morto nel gennaio 1491, lasciando erede universale il figlio minorenne di quest'ultimo, Leonardo (Sironi, 1981). Il 3 marzo 1503 il solo D. rivolgeva una supplica al re di Francia Luigi XII (Beltrarni, 1919, doc. n. 121) e la vertenza proseguì (Ottino Della Chiesa, 1967, p. 94) fino a che, il 27 apr. 1506, si addivenne a una transazione: Leonardo ottenne un conguaglio, ma era obbligato "ad finiendum aut finiri faciendum" la tavola entro due anni, clausola che implicava l'avvenuta vendita della tavola originale (cfr. Beltrami, 1919).
Sorgeva intanto (3 ag. 1507) una controversia anche fra Leonardo e il D., che delegavano a risolverla frate Giovanni de Pagnanis (Sironi, 1981, p. 15). Ricevuta la prima rata del conguaglio, il 26 ag. 1507, Leonardo, l'8 ag. 1508, dava una procura al D. per il rilascio di quietanza a patto che i frati concedessero di copiare la Vergine asportata; nello stesso giorno veniva stipulato un contratto fra Leonardo e il D., che si impegnava a eseguire una copia della Vergine e a venderla dividendo il ricavato con Leonardo, "bona fide sine fraude" (Sironi, 1981, p. 16). Il 23 ott. 1508 il D. ritirava la seconda rata a saldo (Verga, 1906).
La pala per la chiesa di S. Francesco Grande ha posto dubbi circa l'attribuzione al D. anziché a Leonardo. Il Lomazzo (1584) la definisce la "nostra dona depinta a olio", e il Torre (1674) la descrive: "Vergine madre dipinta da Leonardo da Vinci entro vaga tavola con due angeli dai lati dello stesso pittore benché tengasi suo uno solo". L'ancona andò distrutta nel 1688 con il crollo della chiesa; nel 1784 C. G. Gerli ne parlava come di opera da lui vista in situ, mentre C. Bianconi (Nuova guida di Milano, Milano 1787, pp. 279 s .) la dichiarava ormai "passata ad un luogo pio e partita da noi". Tale Madonna venne dalla critica identificata con la Vergine delle rocce acquistata dal pittore Gavin Hamilton nel 1785 ed ora a Londra nella National Gallery, formante un trittico con Angelo suonatore di ghironda e un Angelo suonatore di liuto.
L'esistenza di due esemplari della Vergine delle rocce (Parigi, Louvre, e Londra, National Gallery), assai simili ma di diversa qualità stilistica, ha posto alla critica il problema della collaborazione tra Leonardo e il De Predis. A opinione accreditata che l'esemplare di Parigi di mano di Leonardo preceda quello di Londra e sia stato dapprima inserito nell'ancona di S. Francesco Grande, ma che, protraendosi la controversia con i confratelli della Concezione, dietro l'insistente offerta di acquisto da parte di un amatore (forse lo stesso re di Francia tramite un suo intermediario), nella bottega del D. sia stato approntato un nuovo pannello (l'esemplare di Londra) in sostituzione del primo. Con l'arbitrato il primo esemplare veniva ceduto al re di Francia, ed al suo posto veniva collocata la seconda tavola. Circa la paternità di quest'ultima, la critica è propensa a ritenere che essa sia stata abbozzata da Leonardo e condotta, con la supervisione dell'artista fiorentino, dal D., il cui intervento è riconoscibile nelle ombreggiature più grevi e nella individuazione più minuziosa di rocce e vegetazione.
L'8 luglio 1491 il D. risulta a Roma, membro della Confraternita di S.Spirito e S.Maria in Sassia e si dichiara "iluminator ac civis Mediolanensis" (in Necrologi e libri affini della provincia romana, Roma 194 e Weiss, 1958).
Nel 1492, in occasione delle trattative matrimoniali dell'imperatore Massimiliano, eseguì a carboncino un ritratto di Bianca Maria Sforza, e poco dopo "uno retracto colorito" (Malaguzzi Valeri, 1902). È probabile che il D. abbia accompagnato Bianca Maria Sforza in Germania nel 1493, se a lui va riferita l'allusione "al nostro pincore" della principessa in una sua lettera del 28 dic. 1493 (riportata da Calvi, 1888). Nel dicembre 1493. Si trovava ad Innsbruck, ove eseguì il ritratto della Duchessa Caterina, figlia di Alberto di Sassonia, nonché, tra l'altro, un ritratto di una delle sue più belle damigelle (Malaguzzi Valeri, 1917, pp. 7 s.).
È documentata (Motta, 1893) in maniera inequivocabile la degenza del pittore a Milano nel luglio 1494, malamente ferito da un calcio di cavallo, come si apprende da una lettera del duca di Milano Ludovico Sforza, al medico curante, il chirurgo Giovanni da Rosate.
A più che evidente la grande stima di cui il D. godeva come pittore, stima che il duca confermava all'artista per la sua attività di zecchiere, menzionandolo con i suoi collaboratori come "praestanti virtute fabros" nella lettera di autorizzazione dell'8 ag. 1494 a favore suo e dei soci Francesco de Galli e Accino de Leuco, invitati ad Innsbruck da Massimiliano I ad intagliare nella Zecca i coni per nuove monete (Motta, 1888; Id., 1893). Stima confermata all'artista dall'imperatore alla cui Zecca fu nuovamente impegnato nel 1502 e nel 1506.
Artista assai versatile, il D. fu anche impegnato ad eseguire per l'imperatore una serie di sei arazzi.
Essendo l'anticipo, versato con lettera di cambio, inferiore al costo di lavorazione, l'artista, insieme col fratello Bernardino, suo collaboratore in questo lavoro, stipulava il 19 giugno 1498 un contratto con i banchieri milanesi Gio. Pietro Porro e Costanzo da Ello per una sovvenzione in ragione di metà delle spese di produzione; veniva fissato per il D. uno stipendio di 50 fiorini da dedursi dalla metà dei futuri guadagni di sua spettanza (Motta, 1893).
Questo contratto suscitò ben presto una controversia circa la partecipazione ai guadagni, accusandosi vicendevolmente le due parti di inadempienza degli accordi; ma dovette aver peso anche un ritardo nel pagamento da parte della Camera imperiale. Non si sa con certezza se sia stata eseguita la serie intera; i lavori dovettero all'inizio procedere alacremente se già il 16 settembre dello stesso anno 1498, in un atto di protesta a favore dei banchieri milanesi, si descriveva una coperta che l'artista aveva eseguito e consegnato all'imperatore per il prezzo di 2.000 ducati d'oro, più le spese di viaggio ammontanti a lire imperiali 1.072: una coperta descritta come finemente lavorata in oro argento e seta, con al centro lo stemma imperiale e agli angoli quattro zefiri (Motta, 1893). Dopo questa consegna però il ritmo di produzione dovette procedere a rilento se nella transazione stipulata il 18 giugno 1501 tra i fratelli De Predis ed i banchieri si dichiara con precisione che i due artisti avevano eseguito e consegnato all'imperatore soltanto due panni di velluto nero ricamato dei sei indicati nel contratto del 18 maggio 1498 (ibid.). La lentezza nei lavori era dovuta prevalentemente al mancato pagamento da parte dell'imperatore sia del compenso concordato per gli arazzi sia del rimborso delle spese sostenute dal D. nel viaggio per consegnare i due panni di velluto. Il 18 ag. 1501 Massimiliano in una lettera a Santo Brasca, ambasciatore milanese e consigliere imperiale che perorava la causa dei fratelli De Predis presso la corte, garantiva il versamento dei 1.000 ducati richiesti dal D. e faceva nuove offerte per un terzo panno d'arazzo (documento allegato al contratto Preda-Porro e pubblicato in Motta, 1893); tuttavia le missive imperiali degli anni successivi rivelano sempre insoluti i pagamenti dovuti (lettere in data 10 marzo 1504, 28 apr. 1505, 10 marzo 1509: cfr. Motta, 1893); ciò lascia supporre che, sia pur con estrema lentezza, almeno il terzo arazzo sia stato eseguito.Non si conosce l'esatta data di morte del De Predis.
Le fonti documentarie, anche se diffuse e dettagliate, non consentono riferimenti sicuri alle opere pervenute. Il catalogo delle opere del D. è frutto di una serie di attribuzioni proposte alla fine del secolo scorso o agli inizi di questo, da studiosi quali il Morelli, il Beltrami e il Malaguzzi Valeri, sulla base di osservazioni squisitamente stilisfiche, poiché l'unica opera certa e documentata (rintracciata dal Morelli) è il Ritratto dell'imperatore Massimiliano (Vienna, Kunsthistorisches Museum), firmato "Ambrosius de Pds Mlanen pinxit 1502". Sulla base della stringente analogia di formule stilistiche tipiche del ritrattista di corte, quali la nettezza del profilo stagliato, la notazione dei tratti senza indulgenze psicologiche, l'enfatizzazione della compostezza e della impassibilità, è merito sempre del Morelli l'aver attribuito al D. i due ritratti a piena pagina di Ludovico il Moro (c. 34 r) e del primogenito Massimiliano (c. 1) nella Grammatica di Elia Donato (Milano, Bibl. Trivulziana), databile 1497-98.
Altri dipinti attribuiti quasi concordemente dalla critica sono: Ritratto di musicista (Franchino Gaffurio?; Milano, Pinac. Ambrosiana); Ritratto di donna (Beatrice d'Este?; ibid.); Ritratto di gentiluomo (Milano, Brera); Ritratto di Rartolomeo Brivio(?), 1494 (Londra, National Gallery); Ritratto di giovanetta (Amsterdam, Rijksmuseum); Ritratto di Galeazzo da San Severino (già Hannover, coll. Cumberland); Ritratto di dama (già Parigi, coll. Arconati Visconti), per il quale il Malaguzzi (1902) ha proposto l'identificazione del Ritratto diBianca Maria Sforza di cui parla Marchesino Stanga; Ritratto di Francesco Sforza (Bristol, City Art Gall.). Il corpus delle opere del D. è stato arricchito dal Loeser (1901) e dal Malaguzzi Valeri (1902) con un gruppo esiguo ma qualitativamente notevole di disegni conservati a Milano (Bibl. Ambrosiana): Testa femminile (Arano Cogliati, 1981, n. 47); Testa femminile di tre quarti e Ritratto di bimbo di tre quarti (ibid., n. 49 ab); Testa di bimbo di profilo (ibid., n.48); sono disegni a punta metallica su carta con preparazione azzurrina e costituiscono una prova della sensibilità grafica del De Predis. La Testa di bimbo n. 48 reca traccia della foratura per lo spolvero e fu utilizzata dal Maestro della Pala Sforzesca per la testa del figlio del duca (Loeser, 1901, p. 66; Beltrami-Fumagalli, 1904, p. 12). La Arano Cogliati (1981, p. 21) Vi ravvisa (confermando l'ipotesi del Beltrami) Massimiliano, figlio primogenito.
Ai disegni dell'Ambrosiana vanno aggiunti quelli nelle Gallerie dell'Accademia di Venezia, quali il Ritratto dell'imperatore Massimiliano e di Bianca Maria Sforza (Arano Cogliati, 1966, n. 54). Un apporto assai significativo e stato dato dal Salmi (1956), che ha attribuito al D. la miniatura con il Ritratto di Mattia Corvino re d'Ungheria alla c. 5 del codice J. F. Marlianus, Epithalamium in nuptiis Blancae M. Sphortiae et ducis Ioannis Corvini (Volterra, Bibl. Guarnacci), del 1487; mentre la Balogh aveva rilevato che la miniatura di profilo è derivata da una medaglia (J. Balogh, Adatok Milano és magyarország kulturalis Kapcsolatainak Tórténetéhez [Contributi alla storia delle relazioni d'arte e di cultura tra Milano e l'Ungheria], Budapest 1928, p. 72, tav. II, fig. 1, tav. X). Il Suida (1959-60) ha riconosciuto nel piccolo manoscritto Horae Beatae Mariae Virginis (acquistato da H. P. Kraus di New York per la sua collezione ed illustrato nel suo volume Fifty Mediaeval and Renaissance manuscripts) l'offiziolo con salmetti per Francesco Borromeo.
Problema tuttora aperto l'identificazione degli arazzi eseguiti dal D. e delle monete da lui coniate. La critica riferisce a suoi disegni il conio della moneta di Giovanni Galeazzo Maria (Arano Cogliati, 1978).
Fonti e Bibl.: P. Lomazzo, Trattato dell'arte della pittura, Milano 1584, p. 171; C. Torre, Il ritratto di Milano, Milano 1674, p. 190; Disegni di Leonardo incisi e pubblicati da C. G. Gerli, Milano 1784, tavv. VI-IX, XI; J. Lermolieff (G. Morelli), Le opere dei maestri italiani..., Bologna 1886, pp. 230-42; E. Motta, Spigolature d'archivio, in Riv. ital. di numismatica, I (1888), pp. 485 s.; F. Calvi, Bianca Maria Sforza Visconti, Milano 1888, p. 49; A. Venturi, L'arte ferrarese nel periodo di Ercole I d'Este, in Atti e mem. della R. Deput. di st. patria per le provv. di Romagna, VII (1889), p. 381; F. Motta, A. Preda e Leonardo da Vinci, in Arch. stor. lomb., XX (1893), pp. 972-87, 990-996; Id., L'università dei pittori milanesi nel 1481..., ibid., XXII (1895), pp. 428 s.; G. Morelli, Della pittura italiana..., Milano 1897, pp. 178-189; C. Loeser, Un'opera di A. D., in Rassegna d'arte, I (1901), pp. 65 ss.; F. Malaguzzi Valeri, A. Preda ed un ritratto di Bianca Maria Sforza, ibid., II (1902), pp. 93 s.; L. Beltrami-C. Fumagalli, Disegni di Leonardo e della sua scuola alla Biblioteca Ambrosiana, Milano 1904, p. 12, tavv. II s.; E. Verga, "Il musicista" di Leonardo da Vinci, in Raccolta Vinciana, II (1906), pp. 75-80; G. Biscaro, La commissione della "Vergine delle Roccie" a Leonardo da Vinci secondo i documenti originali, in Arch. stor. lomb., XXXVII (1910), I, p. 132, n. 2; Id., Note di storia dell'arte e della cultura a Milano dai libri mastri Borromeo (1427-78), ibid., XLI (1914), pp. 93 s.; L. Beltrami, La "Vergine delle Rocce" di Londra è dipinto originale di Leonardo da Vinci, in Rass. d'arte, XV (1915), pp. 97-101;F. Malaguzzi Valeri, La corte di Ludovico il Moro, III, Gli artisti lombardi, Milano 1917, pp. 5-13; L. Beltrami, Documenti e mem. riguardanti la vita e le opere di Leonardo da Vinci, Milano 1919, doc. n. 121; M. Salmi, La miniatura ital., Milano 1956, p. 48;F. Wittgens, La pittura lombarda nella seconda metà del Quattrocento, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, pp. 813 ss.; F. Mazzini, La pittura del primo Cinquecento, ibid., VIII, Milano 1957, pp. 570 ss.; R. Weiss, G. A. Preda in Rome, in Journal of the Warburg and Courtald Institutes, XXI (1958), p. 297; Arte lombarda dai Visconti agli Sforza (catal.), Milano 1958, nn. 454, 462, pp. 142, 146; W. Suida, G. A. D. miniatore, in Arte lombarda, IV (1959-60), pp. 67-73; L. Arano Cogliati, Disegni di Leonardo e della sua cerchia alle Gallerie dell'Accademia (catal.), Venezia 1966, n. 54; J. Balogh, A müveszet Matyàs Kiràly undvaràban (L'arte alla corte di re Mattia), Budapest 1966, tav. 420;A. Ottino Della Chiesa, Leonardo pittore, Milano 1967, p. 94; L. Arano Cogliati, Note in margine al Tesoretto di Vigevano, in Rassegna di studi del Civico Museo archeologico e del Civico Gabinetto numismatico di Milano, XV-XVIII (1975-76), pp. 53-57; Id., Le monnayage milanais de Louis XII et ses antécédents sous les Sforza, in La monnaie miroir des rois (catal.), Paris 1978, pp. 99-131; Id., Due codici corvini - Il Filarete marciano e l'Epitalamio di Volterra, in Arte lombarda, XXIV (1979), 52, pp. 53-62; Id., Disegni di Leonardo e della sua cerchia alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, Milano 1981, pp. 20 s.; G. Sironi, Nuovi documenti riguardanti la Vergine delle rocce di Leonardo da Vinci, Firenze 1981, pp. 145 s.; P. L. De Vecchi, La Vergine delle rocce, in Leonardo a Milano, Milano 1982, pp. 42-54; L. Cogliati Arano, La monetazione di Luigi XII e i suoi precedenti sforzeschi, in Atti d. Convegno internaz. d. Zecca di Milano, Milano 1984, pp. 377-401; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, pp. 368-370 (sub voce Predis, Ambrogio de).