DE MURO LOMANTO, Vincenzo
Nacque a Canosa di Puglia (Bari) l'11 apr. 1902 da Gennaro e Maria Lomanto; discendente da nobile famiglia, nel 1914 entrò nel seminario di Molfetta dove cominciò a farsi notare per la bella voce tenorile. Nonostante gli incoraggiamenti e il suo desiderio di dedicarsi allo studio del canto, inizialmente trovò nei genitori un ostacolo. Si iscrisse quindi alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Napoli, ma alla morte del padre decise di frequentare il conservatorio di S.Pietro a Majella, dove studiò dal 1920 al 1924 con il maestro P. A. Roche, finché non fu radiato per la sua incostanza. Cominciò allora a prendere lezioni private dal tenore G. De Lucia, il quale gli procurò un'audizione presso C. Lugana, impresario del teatro S. Carlo: colpito dalla voce del giovane tenore, questi ne favorì il debutto nell'inverno del 1924 al teatro di Catanzaro nella Traviata di G. Verdi. Le naturali qualità della voce di tenore di grazia gli procurarono un discreto successo che spinse il Lugana a promettergli il debutto al teatro S. Carlo di Napoli qualora si fosse applicato con maggiore impegno nello studio. Affascinato dal miraggio del palcoscenico, il D. completò la sua preparazione ed esordì a Napoli il 26 apr. 1925, sempre con la Traviata, e quindi con la Tosca di G. Puccini il 29 maggio.
Nel 1926 a Napoli apparve nella Bohème di G. Puccini, nel Barbiere rossiniano, nel Mefistofele di A. Boito e nel Boris Godunov di M. Musorgskij; quindi compì un breve tirocinio in altri teatri italiani e stranieri. L'opera che sembrava meglio esaltare le sue qualità vocali era allora la Sonnambula di V. Bellini: fu nel ruolo d'Elvino che il 6 apr. 1927, sotto la direzione di F. Ghione, trionfò a Catania e sempre in questo ruolo (dopo una tournée in Germania e in Svizzera) si impose all'attenzione del pubblico e della stampa il 29 dicembre dello stesso anno al teatro Regio di Parma.
La voce fresca ed agile, perfettamente uguale in tutta la gamma, sufficientemente dolce nell'espressione, rendeva il D. un eccellente tenore di grazia, assai apprezzato anche per le sue qualità di attore.
Il successo gli fece ottenere una audizione al teatro alla Scala, dove, appoggiato da A. Scandiani, fu scritturato per la Figlia del reggimento di G. Donizetti che andò in scena sotto la direzione di G. Santini il 1ºmarzo 1928: in questa occasione conobbe il soprano Toti Dal Monte (Antonietta Meneghel) ed il maestro A. Toscanini che apprezzò le sue spiccate qualità musicali. Fu quello un anno decisivo per il D., che ebbe la fortuna di essere scritturato da C. Thait, importante esponente della impresa australiana Williamson, per una lunga serie di recite insieme ad altri personaggi del mondo lirico, tra cui la Dal Monte.
Durante questa tournée, infatti, la Del Monte si sposò con il D. il 23 ag. 1928 a Sydney: i quattro anni di matrimonio che seguirono costituirono il momento più fortunato della carriera del D., il quale possedeva tra l'altro una voce che si attagliava magnificamente al repertorio della moglie.
La tournée australiana iniziata in maggio terminò in agosto e le opere che il D. eseguì (Rigoletto di G. Verdi, Ilbarbiere di Siviglia di G. Rossini, Don Pasquale e Lucia di Lammermoor di G. Donizetti) furono da allora in poi i cavalli di battaglia con i quali, quasi costantemente affiancato dalla moglie, affrontò il pubblico di tutto il mondo. Tornato in Italia, si recò a Milano dove era stato scritturato dalla Scala per la prima assoluta de Ilre di U. Giordano che, sotto la direzione di Toscanini, ebbe luogo il 12 genn. 1929: Colombello, il ruolo del D., fu il primo scritto da Giordano per tenore lirico-leggero e richiama, anche per alcuni passi virtuosistici, il tenore di mezzo carattere dell'opera comica settecentesca. Sempre lo stesso anno debuttò a Roma nella Sonnambula (2 marzo 1929) e in Lucia di Lammermoor (14 marzo 1929); con quest'ultima opera tornò in aprile al teatro S. Carlo: nonostante la presenza della moglie, il D. riuscì sempre a farsi apprezzare e la critica romana non mancò di mettere in evidenza i suoi buoni mezzi vocali, la sua abilità nelle mezze voci, il bel timbro e il raffinato fraseggio. Dopo l'impegno scaligero per il Falstaff di Verdi (5 maggio 1929) diretto da Toscanini, fu scritturato dallo stesso direttore per la tournée del teatro alla Scala a Vienna e Berlino; quindi, sempre insieme a Toti Dal Monte, si recò a Parigi al Théâtre des Champs-Elysées per il ciclo rossiniano diretto da T. Serafin interpretando con grande successo il Barbiere (8 giugno 1929). Tornato a Milano debuttò nel Don Giovanni di W. A. Mozart (19 dicembre), sostituto di T. Schipa. Il 15 apr. 1930 nacque la sua unica figlia, Maria (in arte Marina Dolfin). Dopo una tournée estiva che lo portò a Vienna, Anversa, Liegi e fino a Budapest, tornò in Italia e debuttò alla Fenice di Venezia in Lucia di Lammermoor (20 sett. 1930); dopo alcuni concerti a Parigi e Bruxelles, l'8 dic. 1930 era nuovamente alla Scala per il Don Pasquale. Nel febbraio dell'anno successivo (dopo essere stato al teatro Liceo di Barcellona) partì per una lunga tournée in Oriente attraverso la Russia fino a Hong Kong, Shanghai, Tokio, dove, assieme alla moghe, si esibì in una serie di concerti che durarono fino al giugno, davanti ad un pubblico entusiasta. Rientrato in patria, venne scritturato in un'ennesima lunga serie di concerti a Berlino, Stoccolma, Copenaghen e Parigi (novembre e dic. 1931). Nel 1932 interpretò la Linda di Chamonix di Donizetti (14 genn.) al teatro Regio di Torino e quindi, dopo aver debuttato a Genova, Palermo, Firenze nell'estate dello stesso anno, si recò in Iugoslavia.
Nel frattempo il suo matrimonio e sodalizio artistico si andò incrinando: il 15 nov. 1932 fu l'ultima volta che cantò con Toti Dal Monte in occasione di una Lucia a Mantova. Iniziò allora il graduale declino causato tra l'altro dall'errata scelta del repertorio che lo portò a forzare la voce, con la conseguente perdita di smalto e levità, per interpretare ruoli estranei alla propria natura, come Lohengrin. Subito dopo il divorzio, privo dei consigli della moglie, si esibì in un repertorio eterogeneo, interpretando spesso ruoli assai diversi dal punto di vista vocale; nel carnevale del 1933 interpretò Adriana Lecouvreur di F. Cilea al teatro Sociale di Como e in seguito tornò a Rossini, Donizetti o perfino Cimarosa interpretando a Torino L'impresario in angustie (28 febbr. 1934). Raramente scritturato all'estero il D. apparve sempre meno anche nei grandi teatri italiani concentrando la propria attività in provincia: tra gli ultimi impegni di una certa importanza vi furono il debutto al teatro Petruzzelli di Bari, ne L'amico Fritz diP. Mascagni (26 dic. 1936), la scrittura al Maggio musicale fiorentino nel 1938 quale protagonista de Iracconti di Hoffmann di J. Offenbach, e alla Fenice di Venezia per L'heure espagnole di M. Ravel e Gianni Schicchi di G. Puccini (17 genn. 1939), la partecipazione alla prima napoletana della Filanda magiara di Z. Kodaly (19 marzo 1939) al teatro S. Carlo. Nel 1940 affrontò con un certo successo il ruolo di Werther nell'opera omonima di J. Massenet (24 febbr.) a Catania, nel 1941 dopo Ravenna (25 febbraio) fu a Bari (31 marzo) in Un ballo in maschera e ancora apparve l'ultima volta alla Scala il 16 marzo 1943 in Rigoletto (quale sostituto di G. Lauri Volpi). Nel frattempo (a causa di una grave forma di asma bronchiale) si dovette ritirare dalle scene stabilendosi a Milano, ove si dedicò ad attività commerciali; nel 1944 le morti della sorella e della nipote, avvenute durante un bombardamento aereo a Brescia, lo abbattè profondamente.
Dopo la guerra tentò di ricongiungersi alla moglie: fu questa ad assisterlo durante l'aggravarsi della malattia che lo portó alla morte, avvenuta a Milano il 15 marzo 1952.
Al D. è stato sempre imputato di essere riuscito a imporsi sulle scene grazie alla consorte, e se questo in parte è innegabile, bisogna ricordare altresì che "il matrimonio ... gli aveva facilitato un cammino già favorevolmente aperto" (T. Dal Monte). Il D. fu in realtà un gradevole tenore di grazia che, nonostante la presenza di illustri rivali, si fece apprezzare per la buona tecnica e le pregevoli risorse d'interprete, "uno dei più qualificati tenori di fama internazionale" (ibid.). Dotata di un bel timbro, la sua voce, non molto estesa ma robusta, era sufficientemente duttile, capace di modulare, sfumare, vocalizzare emettendo suoni pieni e morbidi, caratteristici del canto "sul fiato". Il carattere pigro e incostante, il facile successo non lo avevano portato però ad approfondire la sua arte e lo condussero agli errori di fine carriera. Godette anche particolare fama come interprete di canzoni napoletane. Della sua attività discografica restano alcuni dischi della Columbia con brani tratti dalla Favorita di Donizetti, Bohème di Puccini, Arlesiana di Cilea, Rigoletto di Verdi e canzoni napoletane, oltre all'incisione completa della Lucia di Lammermoor (Columbia D14608/20).
Fonti e Bibl.: L'Italia teatrale, 20 genn. 1928, 3 ag. 1931; Rivista teatrale melodrammatica, 30 dic. 1930, 1º marzo 1932; T. Dal Monte, Una voce nel mondo, Milano 1962, pp. 167-221, 255, 264, 338 s.; A. Giovine, E. D., Bari 1970; C. Marinelli, Opere in disco, Firenze 1982, p.118; Encicl. dello spett., IV, col.29 (s.v. Dal Monte, Toti); E. De Mura, Encicl. della canzone napoletana, II, Napoli 1969, p. 121; K. J. Kutsch-L. Riemens, Unvergängliche Stimmen-Sängerlexikon, Bern 1975, p. 167.