DE MARIA
Famiglia di fonditori di campane attivi nel Vicentino tra XVII e la prima metà del XIX secolo. Solo di alcuni rappresentanti della famiglia è possibile individuare e fissare coordinate biografiche (Antonio Maria, Francesco, Felice); i rimanenti scompaiono in un lavoro anonimo e collettivo ("Fratres De Maria" è la loro firma usuale).
Senza rivelare la sua fonte, il Rumor (1885, p. 13) afferma che i D. vennero a Vicenza da Valdobbiadene (Treviso) nel sec. XVI, notizia questa difficilmente verificabile ai nostri giorni, anche perché l'archivio della chiesa arcipretale di Valdobbiadene è andato distrutto durante la prima guerra mondiale. D'altro canto, neppure l'Archivio di Stato di Vicenza è largo di notizie in merito a questi artigiani. Un dato sicuro ci viene comunque offerto dall'Estimo della città e del territorio vicentino, esistente presso il suddetto Archivio, del 1665: Antonio Maria, il fondatore della bottega, dichiarava di abitare con la famiglia a Caltrano in una casa di sua proprietà cui era annesso un poderetto di tre "campi"; egli denunziava altresì il possesso di un edificio che "quasi minaccia rovina" con un po' di terra a Vicenza, "fuori dalla porta di Padova in coltura di Camisano". In un atto notarile del 1682 (Mantese, 1974, pp. 1104 s.), compare ancora come "iAntonio de Maria da Caltrano fonditor de campane".
Nel 1697 preparava per sé e per i suoi eredi il sepolcro nella chiesa vicentina di S. Giuliano in borgo Padova, come attesta tutt'oggi l'iscrizione ancora esistente: "Requies / Antonio Mariac de Maria /... Eiusque Haeredibus / ... / Parata MDCIIIC", a meno che l'epigrafe non indichi l'anno di morte di Antonio Maria, come interpreta il Trissino in opposizione al Rumor. Si è portati, comunque, a pensare che a questa data l'artista si fosse già trasferito in città e avesse costruito la sua dimora nel terreno di sua proprietà, confinante "a tramontana con la strada Regia di Padova a sera con il forte novo" (Arch. di Stato di Vicenza, Estimo, b. 2581).
Qui, lungo il corso Padova, press'a poco sul luogo dell'attuale Casa del Sacro Cuore, abitarono i D. sino al 1854, anno della morte di Felice con cui si estingue la dinastia di questi fonditori (Rumor, 1885, p. 25).
Esponenti di un'arte cosiddetta minore, i D. non hanno attirato nel passato l'attenzione degli storici. Il Da Schio, biografo scrupoloso dei vicentini "memorabili", riserva loro scarsissimi cenni pur stimandoli "valentissimi fonditori di campane". Rara avis, il Rumor, nel 1885, enumera in un suo opuscolo le campane fuse dai D. e da altri artigiani per le chiese della città. Solo di recente, con l'affermarsi dell'indirizzo che mira a ricostruire in modo organico la microstoria nelle sue molteplici manifestazioni, le campane, che hanno scandito il tempo e gli avvenimenti importanti delle generazioni trascorse, cominciano ad essere rivalutate e sistematicamente registrate.
Non è comunque impresa facile ai nostri giorni ricostruire il quadro dei fusori più antichi: l'usura del tempo, l'ambizione di una campana più grande, soprattutto le necessità dell'industria beffica durante la dominazione napoleonica e in seguito nel corso della prima e della seconda guerra mondiale, hanno indotto di frequente, nel passato, a rifondere i vecchi bronzi. Presumibilmente, di molte campane degli stessi D. è andata perduta ogni traccia.
Il confronto dei dati di cui oggi disponiamo autorizza l'ipotesi che i D. abbiano tenuto il campo nel Vicentino tra XVII e XVIII secolo, sino a quando non si profilò la minacciosa concorrenza dei Colbacchini di Bassano, la cui azienda, fondata al primi del XVIII secolo e organizzata con moderni criteri imprenditoriali, ben presto finì con mettere in ombra l'altra ditta.
Lo stile della bottega vicentina fu definito dal capostipite della famiglia, Antonio Maria. La prima campana da lui firmata, di Cui si abbia memoria, è quella della chiesa di S. Marcello in Vicenza, datata 1637 (Rumor, 1885, p. 14); l'ultima, a noi nota, è conservata nella chiesa parrocchiale di Perarolo (Vicenza), ma la data troppo avanzata, 1725, esclude in questo caso l'autenticità della firma e fa pensare che a questo e ad altri manufatti fosse conservato dai parenti un marchio di consolidato prestigio.
Ecco l'elenco delle campane superstiti che recano la firma di Antonio Maria: 1648, campana maggiore della chiesa della Natività di Maria Ss. di Thiene (Vicenza); 1674, campana della chiesa di S. Rocco di Thiene; 1674, campanella della chiesa della Madonna di Loreto di Thiene; 1681, campana maggiore della cattedrale di Vicenza; 1686, campanella della chiesa parr. di Montorso (Vicenza); 1687, campana della chiesa di S.Maria del Rosario di Saviabona (Vicenza); 1692, campana maggiore della chiesa di S. Giovanni Battista di Vicenza (zona Laghetto); 1701, campana minore della chiesa di S. Carlo Borromeo (secolarizzata) di Settecà (Vicenza); 1707, campana media della chiesa dei Ss. Felice e Fortunato di Vicenza; 1708, campana della Madonna del Carmine di Colzé (Vicenza); 1725, campanella della chiesa parrocchiale di Perarolo (Vicenza).
A documentata altresì l'esistenza delle seguenti campane che sono state rifuse o comunque rimosse dalla loro sede originaria: 1637, campana maggiore della chiesa di S. Marcello di Vicenza (fu in seguito trasportata nella torre campanaria dei padri filippini: Rumor, 1885, p. 14; rifusa nel 1900 ad opera della ditta Cavadini di Verona: Sottil, 1976-77, pp. 73 s.); 1661, campana minore della chiesa di S. Domenico di Vicenza (Rumor, 1885, p. 18), 1661, campana maggiore della chiesa di S. Lucia di Vicenza (ibid.); 1694, campana maggiore della chiesa di S. Lorenzo di Vicenza (ibid., pp. 22 s.; il bronzo è stato rifuso nel 1930: SOttil, p. 82); 1696, campana minore della chiesa di S. Lucia di Vicenza (Rumor, 1885, p. 19); 1697, campana maggiore della chiesa di S. Giuliano di Vicenza (ibid.); 1699, campana minore della chiesa di S. Rocco di Vicenza (ibid.).
Le campane di Antonio Maria si distinguono tuttora per l'eccellenza del suono: valga come esempio, a testimoniare la sapienza dell'artigiano, la splendida campana maggiore della cattedrale di Vicenza (diametro: cm 127,6; peso: 9112 c.; nota musicale: mi calante). Il disegno, innovativo rispetto alla tradizione corrente, la quantità e la qualità dei metalli, in particolare il giusto rapporto tra il rame e lo stagno, la tecnica della fusione, tutti fattori concorrenti a definire in un difficile equilibrio la qualità del suono, sono abilmente dosati e combinati da Antonio Maria. Ma le campane hanno anche un loro linguaggio figurativo. I bronzi di Antonio Maria si caratterizzano per la finezza e la sobrietà dei fregi che razionalmente - lo stile è ancora rinascimentale - si distribuiscono sulla superficie della campana adeguandosi al suo disegno, non soverchiandolo. Essi recano di norma il simbolo che contraddistingue la bottega artigiana: la croce greca con raggi e il giglio araldico, la firma dell'autore "Opus Antonii Mariae De Maria Vincentini", la data della fusione, il nome del committente, ed invocazioni alla divinità perché protegga dalle potenze del male e dalle calamità naturali (ad esempio, di frequente "Ecce crucem domini fugite partes adversae; a fulgurae et tempestate libera nos domine..."). Sono di solito effigiate le immagini di Cristo, della Vergine e dei santi protettori (sulla spalla del campanone della cattedrale di Vicenza si dipana, ad esempio, un'elegante teoria di santi incorniciati entro classici archetti) e disegnate fasce decorative con motivi geometrici oppure testine alate, tralci antropomorfi, tralci di vite, grappoli d'uva e colombe ...
Per quello che si può dedurre dall'albero genealogico (incompleto) prodotto dal Da Schio, Antonio Maria non ebbe figli e la sua opera fu continuata dal fratello (o dai fratelli: nello stemma non è precisato) e dai nipoti. I "fratelli De Maria" ripetono sostanzialmente lo stile del capostipite, anche se i loro bronzi sembrano talvolta scadere, in quanto sembrano risentire della concorrenza degli altri fusori e perciò fare concessioni alle imposizioni dei mercato (ad esempio, viene diminuita in rapporto al volume la quantità del metallo).
Si legge la firma "Opus fratrum de Maria Vincentini" nelle seguenti campane: 1714, campana maggiore della chiesa di S. Croce di Vicenza; 1716, campana della chiesa di S. Lucia (ora Galleria d'arte moderna) di Thiene; 1718, campana maggiore della chiesa, di S. Carlo Borromeo di Settecà (Vicenza); 1719, campana della chiesetta di S. Caterina al Porto (ora in deposito presso la canonica di S. Caterina di Vicenza); 1720, campanella della chiesa parr. di Barbarano (Vicenza); 1724, campana minore della chiesa di Ignago (Vicenza), 1729, campana della chiesetta di S. Giorgio di Priabona (Vicenza); 1733, campana maggiore della chiesa di S. Giustina di Padova (diametro: cm 155,8); 1736, campanella della chiesa di Ognissanti di Arzignano (Vicenza); 1741, due campane della cattedrale di Vicenza; 1751, campana minore della chiesa di S. Gerolamo di Thiene; 1768, campana minore della chiesa dei Ss. Felice e Fortunato di Vicenza; 1782, campana minore della chiesa di S. Giovanni Battista di Vicenza (zona Laghetto). Ancora i fratelli D. fusero le seguenti campane che sono, però, andate perdute: 1707, campana media della chiesa dei servi di Vicenza (Rumor, 1885, p. 19); 1719, campana minore della chiesa di S. Giuliano di Vicenza (ibid.); due campane della chiesa dei Ss. Faustino e Giovita di Vicenza (Saccardo, 1981, p. 266).
Verso la fine del XVIII secolo compare la firma specifica di Francesco D., presumibilmente pronipote di Antonio Maria. Di lui ci restano la campanella della chiesa vecchia di Aracoeli di Vicenza del 1789 e la campana della badia di S. Agostino del 1792 (attualmente depositata nel coro della chiesa).
L'ultimo rappresentante della famiglia, Felice, figlio di Francesco, pure impegnato nell'arte dei padri - ce lo attesta la campana media della chiesa di S. Giuliano di Vicenza del 1802, e di lui il Rumor (1885, p. 19) ricorda anche la campana minore della chiesa di S. Marcello di Vicenza del 1798, poi rifusa - si segnala principalmente per la sensibilità d'animo e la generosità profusa nelle opere benefiche: oquanto fu lunga sua vita, serbò sempre il medesimo metro, adoperossi in utili servigi, in pratiche di beneficenza, in esercizi di edificazione" (Farina, 1854, p. 10). Si può addirittura affermare che sia l'unico dei D. di cui possiamo intravedere in qualche modo il profilo della personalità. Ma, ponendo mente alla sua scarsa produzione, è pensabile che proprio l'impegno religioso e sociale abbia finito per distoglierlo dall'attività tradizionale della famiglia. Morì a Vicenza nel 1854.
A completare il quadro dell'opera dei fonditori vicentini, va ricordato che essi produssero anche mortai da farmacia. Un bell'esemplare è conservato in una collezione privata di Vicenza e proviene dalla farmacia Pizzati di Valdagno (Vicenza); ha la struttura di una campana rovesciata, è munito di manici ed impreziosito da raffinati fregi; reca la firma e la data "Opus fratrum de Maria Vincentin: 1799".
"E passando dal grande al piccolo, anche un buon numero di campanelli fusi dai De Maria devono esistere presso le chiese e presso le famiglie. Per esempio i nob. Anti ne possedono uno colla inscrizione: opus Francisci De Maria 1788" (Barichella, 1884, p. 16).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Vicenza: Estimo, buste 2025, 2581;Ibid., Mappa d'avviso dei recinto esterno di Vicenza, 1810, Catasto n. 4090;Ibid., Sommarione della mappa d'avviso di Vicenza esterno, 1810, Coltura di Camisano Borgo di Padova;Vicenza, Bibl. civica, ms.20.10.1 (2957): G. Dian, Notizie delli due secoli XVIII e XIX spettanti alla città di Vicenza ... [prima metà XIX sec.], cc. 14rv;Ibid., mss. Gonz. 26.5.5 (1950): L. Trissino, Artisti vicentini [prima metà XIX sec.], c. 47r;Ibid., ms. G.5.9.5-16: G. Da Schio, Persone memorabili in Vicenza [XIX sec.], I (3402), cc. 425 v, 426 r; G. A. Farina, Elogio funebre di Felice D., Vicenza 1854; V. Barichella, Dell'avanzo antico sull'angolo Nord-Est del Casino al duomo e del campanile erettovi sopra, Lonigo 1884, pp. 14 ss.; S. Rumor, Della famiglia D. e di altri fonditori di campane vicentini, Vicenza 1885, pp. 13-28; F. Anti, La chiesa di S. Agostino in Vicenza nel VI centenario dalla edificazione, Vicenza 1922, pp. 12 s.; F. Barbieri-R. Cevese-L. Magagnato, Guida di Vicenza, Vicenza 1956, pp. 271, 358; N. Scudella, Campane e campanili di Thiene, Thiene 1973, pp. n. n.; G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, IV, 1, Vicenza 1974, pp.1104 s.; M. C. Sottil, Le campane di Vicenza (zona ovest) e del vicariato di Castelnovo, tesi di laurea, Università degli studi di Padova, facoltà di magistero, a.a. 1976-77; Malo e il suo monte. Storia e vita di due comunità, Malo 1979, p. 237; A. Feriani, Montegalda. Cenni storici e ricordi, Montegalda 1981, pp. 95 s.; M. Saccardo, Notizie d'arte e di artisti vicentini, Vicenza 1981, p. 266; B. Brogliato, 750anni di presenza francescana nel Vicentino, Vicenza 1982, p. 150; La parrocchia di Perarolo. Nell'inaugurazione del ricostruito campanile e delle nuove campane, Vicenza s.d. [ma 1983], pp.5 s.