DE MARI, Guglielmo Bucuccio
Figlio di Raimondo, nacque nella prima metà del sec. XIII a Genova. Discendente da Bocuccio De Mari, illustre personaggio del Comune consolare, nei documenti genovesi è ricordato anche semplicemente come Guglielmo Bucuccio o Guglielmo iunior, per distinguerlo dall'omonimo personaggio, figlio di Oberto e morto verso il 1234.
Suoi fratelli furono Giovanni ed Ugolino; suo padre, che era stato membro del Consiglio del Comune nel 1251, nel 1254 e nel 1256, ed anziano nel 1261, morì prima del 1278. Nel 1252 un Guglielmo Bucuccio è ricordato tra i membri del Consiglio genovese che assistettero all'accordo commerciale tra Genova e gli uomini di Breil.
Nel 1258, insieme col fratello Giovanni, il D. diede in affitto due pezze di terra in alcune località del distretto genovese.
Unitamente al padre, fu legato da intensi rapporti d'affari con la monarchia francese, sia come mercante in proprio, sia come uomo di fiducia di banche e società finanziarie genovesi, attive sulle piazze oltramontane, in particolare modo alle fiere della Champagne, tradizionali luoghi d'incontro per scambi commerciali e transazioni monetarie.
Nel 1259 (12 settembre) insieme con Antonio Pasio fu scelto dal trovatore genovese Calega Panzano come procuratore per riscuotere il pagamento di un prestito che il Panzano aveva fatto alla società bancaria dei Bonsignori di Siena; i rappresentanti di questa banca si erano impegnati a restituire la somma a Provins in Champagne, in provisini, alla fiera di St-Ayoul. Nell'ottobre successivo il D. venne costituito, insieme con Oberto Balbo, proprio procuratore da Niccolò "de Porta", per recuperarne parecchi crediti alla fiera di Troyes. Il 15 novembre il D., suo padre e Pasquale "de Albario" comprarono una quantità non precisata di pepe da Nicolò di Savignone, impegnandosi a pagarla in provisini, un terzo alla fiera di Lagny, un terzo a quella di Bar-sur-Aube e il rimanente a Provins oppure a Genova. Nel documento relativo era fissato anche il cambio intercorrente tra il denaro provisino e quello genovese.
In quel medesimo giorno il D. acquistò, ancora insieme con il padre e con Pasquale "de Albario", altro pepe da Lanfranchino "Ricius", impegnandosi a pagarlo con le stesse modalità previste dal contratto precedente. Il 15 dicembre, come uomo di fiducia di Ido Lercari, di Giovanni "de Guisulfo" e di Giovanni da Rovegno, che erano stati nominati dal capitano del Popolo Guglielmo Boccanegra liquidatori del banco Leccacorvo, uno dei più potenti in città e improvvisamente fallito agli inizi dell'anno, il D. fu incaricato di pagare un debito alla fiera di Lagny, utilizzando i beni recuperati sul patrimonio di Guglielmo Leccacorvo, morto in quei mesi. Nel febbraio 1261 acquistò una casa posta nella parrocchia genovese di S. Pietro della Porta, nell'attuale quartiere di Banchi. Il 4 dicembre dell'anno seguente incaricò Bertolino Dentuto di riscuotere un credito in moneta di Provins, da lui vantato nei confronti di Guglielmo Della Torre. Il 2 dic. 1264, con il fratello Giovanni, anch'egli emancipato, ricevette in commenda da Beatrice, vedova di Oberto Bucuccio, una cospicua somma in moneta genovese, perché la negoziassero in città o in Francia, per due anni, con l'impegno di dividere il guadagno.
Nel 1268 si trovava a Parigi, ignoriamo a quale titolo, presso il re Luigi IX, che era intento a cercare i finanziamenti necessari per il progetto di una nuova crociata. L'anno seguente, insieme con Pietro de Cammilla e Ansaldo Paggi, nella Camera regia, egli assistette al rilascio di una quietanza che Guglielmo Rosso ed altri banchieri genovesi fecero ai procuratori del re di Francia. Nel novembre, con suo fratello Ugolino e con Marcoaldo Pevere, fu nominato procuratore da Raimondo Riccardi, mercante di San Giovanni d'Acri, per riscuotere una somma dovuta al Riccardi dal precettore dei templari di Francia; tale procura fu trasmessa dal D. ad altri genovesi. L'anno seguente, egli fu di nuovo a Parigi come ambasciatore del Comune di Genova, insieme con Pietro de Cammilla: in tale veste, nella Camera regia, assistette al saldo di varie somme dovute dal Tesoro francese a mercanti genovesi. Secondo il Giscardi (Belgrano, 1859, p. 217) egli fu ambasciatore al re di Francia anche nel 1273. Morto Guglielmo Boccanegra, ideatore delle fortificazioni e governatore di Aigues-Mortes, il porto voluto da Luigi IX per ospitare la flotta crociata, il D. fu nominato, non sappiamo in quale anno, ma comunque ancora sotto il re Filippo III l'Ardito, vicario di quella città, succedendo ad un altro genovese, Nicolò Cominelli. Egli si impegnò ad attuare le opere di fortificazione del porto, progettate dal Boccanegra, ma non ancora completate.
Da una relazione inviata nel 1289 al re Filippo IV il Bello da Adamo de Montceliard, siniscalco di Beaucaire, risulta che il D. aveva proposto al predecessore del Montceliard di aprire un canale a fianco del molo principale, per permettere alle navi di maggior pescaggio di entrare nel porto. Di sua iniziativa, il D. aveva prolungato il molo per chiudere un braccio del Rodano e stava completando la cerchia delle mura. Come compenso per le spese sostenute in queste opere, egli aveva proposto al re di cedergli la riscossione delle entrate di AiguesMortes per dieci anni, con l'unico obbligo di versare al Tesoro regio 1.000 fiorini annui e con la remissione di un debito di 1.000 lire tornesi. Sempre dalla relazione del siniscalco di Beaucaire veniamo a sapere che, in un secondo tempo, il D. aveva aumentato le sue richieste, pretendendo di avere garantite dal re almeno 5.500 lire tornesi annue per almeno dieci anni, e altre 1.000 per le spese necessarie al funzionamento del porto. Il Montceliard, tuttavia, consigliava il re di non accettare queste proposte.
Il D. rimase in carica almeno fino al 23 febbr. 1290, dato che in quel giorno fu presente come testimone alla convenzione con cui il signore di Uzès e di Aymargues cedette al re di Francia le saline di Peccais. Morì nel corso dell'anno o nel successivo 1291: infatti, in una inchiesta eseguita per ordine di Filippo il Bello nel 1298 o nel 1299, è ricordato come defunto da almeno otto anni. Aveva steso il suo testamento a Genova il 9 giugno 1264, chiedendo di essere sepolto nel cimitero di S. Stefano fuori le mura.
Fonti e Bibl.: Genova, Bibl. Franzoniana, Mss. Urb. 129[sec. XVII]: F. Federici, Alberi geneal. delle famiglie di Genova, I, c. 205; Liber iurium Reipublicae Genuensis, I, a cura di E. Ricotti, in Historiae patriae monumenta, VII, Augustae Taurinorum 1854, doc. DCCCXXVIII, col. 1141;A. Ferretto, Codice diplom. delle relazioni tra la Liguria la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante, a cura di A. Ferretto, in Atti della Società ligure di storia patria, XXXI (1901-1903), p. 266; Annali di Sestri Ponente e delle sue famiglie, a cura di A. Ferretto, ibid., XXXIV (1904), p. 131;L. T. Belgrano, Documenti inediti riguardanti le due crociate di s. Ludovico IX re di Francia, Genova 1859, pp. 217, 229, 269-273, Id., I Genovesi ad Acquemorte, in Giorn. ligustico di archeol., storia e letterat., IX (1882), pp. 333-337, 340;G. Flechia, Calega Panzano trovatore genovese, in Giorn. stor. della letter. ital., XXXIX (1902), pp. 181s., R. Doehaerd, Les relations commerciales entre Gênes, la Belgique et l'Outremont d'après les archives notariales génoises, Bruxelles-Rome 1941, ad Indicem;R. S. Lopez, La prima crisi della banca di Genova (1250-1256), Milano 1956, ad Indicem;Id., Sue giù per la storia di Genova, Genova 1975, p. 238.