DE FILIPPIS DELFICO, Gregorio
Nacque a Napoli il 23 ott. 1801 da Troiano De Filippis, conte di Longano - titolo che ereditò - e da Aurora Cicconi, figlia del consigliere di Stato Andrea, teramano.
Sposando nel 1820 Marina Delfico, figlia di Orazio e di Diomira Mucciarelli ed unica erede dei nome e dei beni della illustre famiglia Delfico di Teramo, si trasferì in questa provincia, dimorando abitualmente in Montesilvano, centro delle proprietà fondiarie della moglie, e aggiunse il cognome Delfico al proprio.
Lo storico teramano N. Palma, che attorno al 1835 tracciava un suo profilo biografico collocandolo tra gli "uomini illustri" della provincia (in Storia eccles...., pp. 16 s.), lo segnalava ancora esclusivamente per le produzioni letterarie, fra le quali indicava la raccolta poetica intitolata Gl'incanti soavi della solitudine e della malinconia (Napoli 1831), dove compaiono descrizioni della famiglia e dell'ambiente in cui si era trapiantato. Nel 1832 il D. aveva pubblicato, in Napoli, Il giudizio universale, poema eroico in dodici canti, e La valle di Simmenthal, poema boschereccio in terza rima, di dieci canti. Nel 1833 aveva stampato in volumetto a Firenze altri componimenti poetici: La sventura europea (ilcolera); le Epistole al Monti (per il Sermone sulla mitologia) - entrambi in versi sciolti - e La visione (terzine in lode di Melchiorre Delfico ricorrendone l'ottantottesimo anniversario).
Nel 1834 aveva pubblicato a Firenze Ricordi e fantasie su' Bagni di Lucca in dodici carmi di metro diverso, e a Napoli una riedizione degli Incanti soavi... e dell'Addioa' bagni di Lucca. In questo volumetto erano anche ristampati il saggio di Melchiorre Delfico Della preferenza de' sessi..., già pubblicato a Siena nel 1829 e la tragedia Dirce, cui il D. faceva precedere una "Lettera" a G. B. Niccolini intesa a conciliare le discordanti opinioni e regole sulla tragedia. Una vena più malinconica, secondo la maniera romantica che era allora in voga, manifestò nei componimenti La Madonna del pianto - cui faceva seguire una lettera a G. Andriani - e La campana di Quaresima (Napoli 1836), scritti nella solitudine della vifietta dei Delfico all'ingresso di Montesilvano, in vista dell'Adriatico.
Accanto all'attività letteraria il D. aveva curato, specie nei primi tempi del suo soggiorno in provincia, il riassetto economico del patrimonio della famiglia Delfico, gravemente dissestato in conseguenza dei disordini del periodo rivoluzionario. Nel 1827 aveva compiuto un viaggio culturale in Inghilterra, Francia e Svizzera, e soggiornato nei maggiori centri italiani, specie in Firenze.
La pubblicazione in Teramo, nel 1836, del Discorso sull'importanza d'una storia generale dell'industria e del commercio degl'Italiani - e, prima ancora, di una relazione inviata a Il Progresso delle scienze. delle lettere e delle arti di Napoli (VII [1834], pp. 140-149) in risposta al quesito rivoltogli dalla direzione della rivista circa lo stato attuale della provincia, "così nella parte dell'intellettuale coltura e delle opere corrispondenti, che in quella dell'industriale e dì qualche attinente particolarità" - sono indice di interesse ed impegno che vanno crescentemente applicandosi ai problemi economici ed amministrativi del territorio. Merita al tempo stesso attenzione la dimensione esplicitamente nazionale italiana data al Discorso sull'industria, da parte di persona altrimenti non sospetta di mire antiborboniche.
Alla conversione del D. verso un interesse per i temì economici e socioculturali riguardanti la provincia contribuì certo la tradizione di impegno pubblico dei Delfico e l'acquisita familiarità con il vecchio Melchiorre, sollecitatore, con i fratelli, di quel movimento di studi, in buona sostanza di carattere economicistico e rivolto allo sviluppo provinciale, avviato nell'ultimo quarto del Settecento ed individuato come "Rinascenza teramana".
La morte di M. Delfico (21 giugno 1835) impegnò il D. in un'opera di biografo che dette il suo primo frutto l'anno successivo in Della vita e delle opere di Melchiorre Delfico, libri due (Teramo 1836), fonte primaria di notizie e di giudizi sul personaggio; tanto più che il D., dopo aver avuto intima frequentazione col Delfico, ne aveva ereditato l'archivio personale.
Di fatto, il libro secondo della biografia, presumibilmente inteso ad illustrare il pensiero filosofico e gli scritti del Delfico, si limitava ad un elenco degli scritti ordinati nell'archivio e suddivisi in "stampati", "inediti", "non terminati" e "frammenti". Nell'introduzione all'operetta il D. affermava che l'ordinamento e catalogazione delle carte rispondeva ad un suo "progetto di depositarre in luogo di pubblica ragione gli autografi, egualmente che le altre carte..." (Della vita…, pp. 3 s.): tra le quali va anche segnalata una varia ed abbondante corrispondenza. Questi materiali andranno in seguito a costituire il Fondo M. Delfico della Biblioteca provinciale di Teramo e parte del Fondo Famiglia Delfico depositato in anni più recenti (1940) presso l'Archivio di Stato di Teramo.
Il D. avrebbe integrato la biografia di M. Delfico con altro scritto: Notizie intorno alle opinioni filosofiche ed alle opere di Melchiorre Delfico, comparso sul Giornale abruzzese di scienze, lettere ed arti di P. De Virgiliis in tre puntate (XVIII [giugno 1841], pp. 147-173; XXI [marzo 1843], pp. 129-153 e XXII [giugno 1843], pp. 163-171). Sul Giornale abruzzese apparivano per sua cura anche alcuni inediti di M. Delfico: La fiera franca in Pescara. Voti delle tre provincie'di Abruzzo, datato Pescara, 27 apr. 1825 (V [febbraio 1838], pp. 89-98 e VI [aprile 1838], pp. 1220); e Della solitudine (XV [luglio 1840], pp. 141-144). Curava infine la pubblicazione di La defficina, o sia raccolta di pensieri di Melchiorre Delfico sopra svariati argomenti rinvenuta fra gli scritti postumi di lui, con un discorso ed alcune note dell'editore (Napoli 1841).
Una relazione sullo stato della provincia di Primo Abruzzo Ultra, del 1861, informa che il D. aveva compiuto bonifiche nella Valle del Salino attorno al 1836.
"Le cure di molti proprietari - vi si legge -, e specialmente del fu conte De Filippis Delfico, e di molti altri nostri soci [i.e. della Società economica di Teramo], che possedevano in quelle contrade, fecero sì che si vedessero in pochissimo tempo ricuperati più di cinquemila moggia di estensione di più fertili terreni. Nel 1836 lo stesso De Filippis Delfico si diè a far arginare il detto fiume, e tanto fu in ciò costante, che in pochi anni quel che era arenoso e ciottoloso irregolare letto divenne delizioso bosco di pioppi a svariate specie, di salci, di ontani e di altre esotiche boscarecce piante, le quali possono contarsi sino a ben tre milioni e più..." (in G. De Lucia, Una rivista..., p. XLVI). E risulta che tali operazioni erano state avviate da G. Berardino Delfico già nell'uffinio ventennio del Settecento (cfr. Arch. di Stato di Teramo, Fondo Fam. Deffico, b. 17; fasc. intestato: Paludi. Montesilvano 1786-1792).
Il suo impegno nella vita amministrativa della provincia iniziò ad esplicarsi nel Consiglio provinciale, che il D. più volte presiedette dal 1841. Poche idee di miglioramento per le contrade del I° Apruzzo Ultra. Discorso pronunciato il dì 10 maggio 1841 nell'apertura del Consiglio generale della Provincia medesima dal presidente di esso sig.r Conte G. De Filippis Delfico (Teramo 1841) ha la consistenza di una vera e propria relazione.
Al centro del discorso era il noto motivo dei danni arrecati dallo straripamento dei fiumi, di cui si raccomandava l'arginazione ed incassamento: tanto più che il male andava aggravandosi per i dissodamenti che continuavano a praticarsi. Grandi vantaggi per contro avrebbero potuto ritrarsi dalle acque stesse qualora si fossero irregimentate. Ragionava anche dell'utilità dei legnami di cui la provincia era ricca, data l'agevolezza di trasportarli alla costa per via fluviale rendendoli disponibili all'industria ed all'agricoltura.
Tra le iniziative di maggior interesse proposte dal D. al Consiglio provinciale si segnala quella del 7 maggio 1843 per l'istituzione di due Casse di risparmio, l'una in Teramo, l'altra in Città Sant'Angelo capoluogo del secondo distretto della provincia: il capitale iniziale di 1.000 ducati avrebbe dovuto costituirsi mediante azioni da 10 ducati ciascuna, secondo il modello realizzato l'anno precedente in Ascoli Piceno, nelle contigue Marche pontificie. Le Casse avrebbero dovuto assumere la fisionomia giuridica di società anonime.
La proposta sarebbe stata ripresa nel 1845 da G. De Vincenzi, ma la realizzazione della Cassa di risparmio a Teramo sarebbe avvenuta solo nel 1859 ad iniziativa del presidente della Società economica L. Vinciguerra e sul modello di quella attuata in Città Sant'Angelo fin dal 1847 ad iniziativa dell'intraprendente sottintendente conte Francesco Viti. La proposta dei D. (pubblicata in G. De Lucia, Una rivista..., pp. XLVIII ss.), era integrata da una bozza di statuto in trentadue punti.
Ancora in qualità di presidente del Consiglio provinciale, il D. interveniva nel 1843 nella polemica in questo periodo accesasi sul tracciato che avrebbe dovuto seguire la via di Montorio al Vomano sostenendo l'opportunità sia del braccio Giulianova-Teramo-Montorio, da prolungarsi in seguito per L'Aquila (per il passo delle Capannelle) e destinato quindi al collegamento con Roma attraverso Antrodoco e Rieti; sia dell'altro tracciato, che avrebbe seguito il percorso dei fiume Vomano da Montorio alla consolare Adriatica e quindi a Pescara - città questa che veniva sempre meglio individuandosi come il crocevia commerciale dei tre Abruzzi. Un suo Discorso in tal senso era pubblicato con il Discorso di Clodoveo Onofrjf. f. d'intendente nell'apertura del Consiglio provinciale del Primo Apruzzo Ulteriore. Primo maggio 1843, Teramo [1843], pp. 37-56. In occasione della visita compiuta a Teramo dal re Ferdinando II nel 1844, il D. avrebbe poi sollecitato personalmente la costruzione della strada Teramo-Montorio (G. De Lucia, Una rivista..., p. 134).
Assunto come socio onorario della Società economica teramana dal 7 giugno 1829, il D. divenne socio ordinario dal 12 genn. 1841, succedendo nel posto del suocero Orazio Delfico. Assumeva quindi la presidenza per l'anno 1845, confermatagli per il 1846 in deroga allo statuto, su proposta del vescovo aprutino A. Bertettini.
Un pregevole discorso Sulla patria agricoltura pronunciato come presidente della Società economica nella tornata generale del 30 maggio 1845 è pubblicato sul Gran Sasso d'Italia (1845, n. 11, pp. 161-174) e contiene un'ampia analisi dei fattori ritenuti necessari per lo sviluppo agronomico provinciale, dando particolare risalto ai capitali d'investimento agrario.
La Società economica di Teramo istituiva nel 1840 i Comizi agrari, annuali, anticipando in ciò l'iniziativa di regioni centrosettentrionali a regime agrario più avanzato. Nello stesso periodo, e con anticipo su tutte le altre province del Regno di Napoli, dava incremento ad un "orto botanico-agrario" inteso alla sperimentazione di nuove e più progredite specie, anche per l'agricoltura. Il D. ne faceva la celebrazione aprendo il Comizio agrario del 1845 (cfr. Il Gran Sasso d'Italia, 1845, n. 18, pp. 277 ss.: Discorso di apertura pronunciato dal presidente della R. Società economica ... nel 5°Comizio agrario). Infine, negli stessi anni la Società economica teramana promuoveva la istituzione di un podere modello sperimentale sul tipo di quello realizzato a Meleto in Toscana dal marchese Cosimo Ridolfi. Rivolta al governo napoletano, l'iniziativa individuava anche il territorio da assumersi in enfiteusi nelle Scerne alla foce del fiume Vornano, di proprietà dell'ospedale di S. Andrea di Atri. Ma l'iniziativa, pur avendo una certa risonanza, non andò in porto.
Il D. ebbe cinque figli, dei quali Troiano (1821-1908), Melchiorre ir. (1825-1895) e Filippo (1827-1906) sono noti per attività ed impegno nelle vicende risorgimentali. Ruolo notevole ebbe la moglie Marina nell'assistere anche economicamente i figli esuli e per la consuetudine dei periodici ricevimenti nel proprio salotto di conversazione, che negli anni '50 dell'Ottocento diverrà centro di notabili avversi ai Borboni.
Il D. morì a Montesilvano (Pescara) il 4 maggio 1847.
Fonti e Bibl.: N. Palma, Storia eccl. e civile della... città di Teramo e diocesi..., V, Teramo 1835-36, pp. 16 s., 31 ss.; C. Campana, Elogio del conte di Longano G. D...., Teramo 1847 (cfr. Il Gran Sasso d'Italia, 1847, n. 6, pp. 369-76); C. Minieri Riccio, Bibliot. storico-topogr. degli Abruzzi…, Napoli 1862, ad Indicem; Spigol. dal carteggio... del marchese L. Dragonetti, a cura di G. Dragonetti, Firenze 1886, ad Ind.; G. Pansa, Bibl. stor. degli Abruzzi. Terzo suppl., Lanciano 1891, ad Ind.; Opere complete di Melchiorre Deffico, a c. di G. Pannella, I-IV, Teramo 1901-1904, ad Indicem; F. Savini, Le famiglie del Teramano, Roma 1927, p. 69; G. Gentile, Storia della filosofia ital. dal Genovesi al Galluppi, Milano 1930, ad Indicem; I. Marcozzi-Rozzi, I. Rozzi, Teramo 1930, pp. 32 s., 41, 70, 74, 81, 83, 90, 100 s.; G. De Caesaris, M. Delfico, nel primo centenario della morte, in Atti del XXIII Congresso di storia del Risorgimento ital., Roma 1940, p. 120; R. Cerulli, La famiglia Deffico nel Risorgimento, Pescara 1964, passim; G. De Lucia, Una rivista agraria abruzzese..., Teramo 1970, ad Indicem; V. Clemente, Rinascenza teramana e riformismo napoletano…, Roma 1981, ad Indicem.