DE CAPORALI
Famiglia di maestri argentieri operanti a Roma tra il XVII e il XIX secolo (i documenti che li riguardano, se non diversamente indicati, sono citati in Bulgari, 1958).
Il primo di cui si ha notizia è maestro Stefano, senese, figlio di Giovanni Paolo, nato nel 1620. Le prime indicazioni circa la sua attività risalgono agli anni 1634-1636, quando era "fattore" presso l'argentiere Sante Lotti; ottenne la patente di maestro orefice il 12 nov. 1647; l'anno seguente risulta abitante in via del Pellegrino sotto la casa dei Cerri. Nella stessa via abitava insieme alla moglie Vittoria Averini, sposata il 10 maggio 1648, negli anni 1649-50 e nuovamente tra il 1652 e il 1664, nel 1666 e tra il 1673 e il 1676, mentre nel 1651 è documentata la sua, presenza in via dei Banchi Nuovi.
Il 2 sett. 1653 Stefano consegnava al notaio la forma del bollo che doveva contrassegnare le opere eseguite presso la sua bottega. Tra il 1662 e il 1664, morto l'argentiere Ostilio Ostili, collaborava con il figlio di quest'ultimo, Domenico, il quale non possedeva ancora la patente di maestro argentiere. Sono registrati altri spostamenti di bottega e abitazione fino al 1691, quando, il 26 novembre, veniva celebr!ata una messa cantata in suo suffragio.
Benedetto, maestro argentiere, romano, figlio di Francesco, nacque intorno al 1663 e nel 1676 lavorava per Giovanni Vielli. Il 28 nov. 1688, presentata una tabacchiera, otteneva la patente. Tra il 1689 e il 1691 viveva in via del Pellegrino con la moglie Anna Maria Paggi e aveva bottega sotto il palazzo della Cancelleria. Dal 1698 al 1742 si trovava probabilmente fuori Roma, poiché non risulta nei registri della corporazione, né nei censimenti parrocchiali. Il 30 maggio 1745 rinunciava alla patente. Il 31 marzo 1753 era già deceduto.
Il figlio di Benedetto, Lorenzo, nacque a Civitavecchia tra il 1711 e il 1712; dopo aver lavorato nel 1727 presso la bottega dell'argentiere romano Giacomo Giardini, il 19 ag. 1731 era compreso nella lista dei lavoranti. Nel 1739 risulta come argentiere nella "strada dei Condotti". Il 12 giugno 1745 otteneva la patente di maestro argentiere. Tra il 1746 e il 1749 eseguiva per la cappella di S. Giovanni nella chiesa di S. Rocco a Lisbona un calice con patena in oro, del peso di 10 libbre e iI once, per la somma di 3.100 scudi, scomparso nel periodo napoleonico.
La cappella fu realizzata per volere di Giovanni V del Portogallo, che commissionò la decorazione a ventisette argentieri e orafi romani tra il 1742 e il 1744 (Fornari, 1968, p. 94).
Nel 1755 la sua bottega si trovava in via del Corso, con l'insegna del "leonfante" ereditata dal padre. In quello stesso anno era eletto quarto console e nel 1765 secondo console degli orefici. Il 10 ott. 1777 la sagrestia di S. Maria in Via riceveva 1.50 scudi per la sua sepoltura.
Il bollo da lui usato per contrassegnare le sue opere, raffigurante un alabardiere, era assolutamente identico a quello del padre Benedetto.
L'argentiere Antonio, figlio di Lorenzo e di Maria Maddalena Pinozzi, nacque a Roma nel 1755. Alla morte del padre egli continuò a lavorare sotto la tutela della madre (catal. 1970, p. 23), la quale presumibilmente era proprietaria della bottega, come mostrano due bolli usati su una lucerna di Antonio databile 1796, attualmente in una collezione privata (ibid., tav. XLVIII). Uno dei due bolli presenta la sigla o R. L. C." che dovrebbe significare "relicta Lorenzo Caporali" (Bulgari, p. 363). Tra il 1778 ed il 1779 Antonio ricevette 9,70 scudi per riparazioni e dorature.
Agli anni 1778-80 risalgono quattro candelieri sagomati, sempre di collezione privata romana (catal. 1970, p. 23). Il 28 sett. 1783 Antonio otteneva la patente di maestro orefice. In seguito, tra il 1785 ed il 1791, ricopriva le cariche di quarto e terzo console degli orefici. Il 15 maggio 1785 consegnava due calici con patena ed aspersorio alla chiesa di S. Carlo al Corso, ricevendone scudi 82 baiocchi 27 1/2.
Tra il 1815 ed il 1820 abitava con la seconda moglie Agnese Frusoni e con i figli in via del Corso al n. 36; nella stessa strada al n. 35 si trovava la sua bottega. Il 21 luglio 1823 rinunciava alla patente ricevendo 6 scudi.
Antonio morì nella città natale il 3 giugno del 1832.
La sua produzione, composta in parte di argenterie civili, riflette un gusto tardosettecentesco tipicamente italiano, come nel caso della lanterna di argento dorato del 1796, versione elegante delle lucerne in bronzo e tra le prime in stile neoclassico prodotte in Italia. La lucerna, a forma di tripode al quale si aggiungono cornucopie che sostengono un vaso a trafori, è dominata da un altissimo fascio littorio. Un'altra sua lanterna (Roma, coll. Fornari) ricalca lo stesso gusto nella elegante lira che la conclude in alto (Fornari, 1968). Tipicamente tardosettecentesco è il motivo della bordura di perline che decora un piatto con zuppiera attribuito ad Antonio dal Bulgari (R. Cipriani, Argenti italiani, catal., Milano 1959, p. 65).
L'ultimo D. di cui abbiamo notizia è Francesco, maestro argentiere romano, nato nell'anno 1779. Il 26 ag. 1804 ottenne la patente di maestro orefice. Tra il 1806 e il 1808 abitava al n. 81 di via Vittoria insieme alla moglie Anna Bonaventura. Il 27 nov. 1814 rinunciava alla patente.
Bibl.: C. Bulgari, Argentieri, gemmari ed orafi d'Italia, Roma 1958, I, 1, pp. 363 (Antonio), 364 (Benedetto, Francesco, Lorenzo), 365 (Stefano) I, 2, p. 216 (Stefano); Il Settecento a Roma (catal.): Roma 1959, p. 407 (Antonio); S. Fornari, Gli argentieri romani, Roma 1968, pp. 94, 102 tav. n. n. (Antonio e Lorenzo); Mostra argenti romani di tre secoli nelle raccolte private (catal.), Roma 1970, p. 23, tav. XLVIII (Antonio); C. Hemmarck, The Art of the European Silversmith, 1430-1830, London 1977, I, p. 269; II, p. 291, fig. 769 (Antonio).