DE CAMPO (De Campis)
Pittori novaresi attivi tra il 1440 e il 1483.
Di Giovanni s'ignorano le date di nascita e di morte; sinora l'unica notizia documentaria a lui relativa è la citazione del suo nome in un atto notarile del 27 nov. 1483 riguardante il figlio Luca; dalla formula usata nel documento per definire il grado di parentela tra i due, si apprende che a quella data egli era già morto (Morandi, 1916: in bibl. per Luca).
Per quanto riguarda la sua attività pittorica sono note le firme e le date apposte sui cieli ad affresco di S. Maria Assunta ad Armeno (1440) e della cappella di S. Biagio nell'antico duomo di Novara (1450). Quest'ultima opera, distrutta nel 1865 insieme con il complesso architettonico che la ospitava, è menzionata da fonti locali sette e ottocentesche che ne ricordano il soggetto (Storie di s. Biagio, di s. Cecilia e di s. Agnese), la data, la firma ed il nome del committente ("Blaxius de Bergiochis", canonico del capitolo della cattedrale). A questi affreschi è da aggiungere la decorazione della chiesa di S. Giovanni Battista a Varallo, la cui attribuzione è attestata da un documento a stampa datato 1664, conservato all'Archivio storico civico di Milano, nel quale è riportata un'iscrizione (oggi non più leggibile) contenente la sua firma; di quest'opera non sopravvivono'che due scene oggi di difficile lettura (Cristo risorto con angeli e Pentecoste).
La ricostruzione dell'attività di Giovanni si basa quindi, quasi esclusivamente, su un'unica opera: gli affreschi di S. Maria Assunta ad Armeno.
Scoperti nel 1958, durante una campagna di lavori all'intemo della chiesa, sono stati rimessi in luce da un intervento di restauro realizzato tra il 1958 e il 1963. Una campagna fotografica, eseguita nella fase iniziale del lavoro, permette di cogliere alcuni particolari della decorazione ora perduti e di individuare le zone ridipinte (Arch. fot. della Sopr. per i Beni architettonici del Piemonte). Il ciclo, che rappresenta personaggi dell'Antico Testamento (Profeti, Re e Patriarchi) e alcuni santi a figura intera (S. Lorenzo benedicente, S. Maria Maddalena, S. Lorenzo che distribuisce l'elemosina ed un frammento della testa di S. Erasmo), si ricollega stilisticamente al gusto cortese lombardo e rivela, in particolare nella fascia dei personaggi dell'Antico Testamento, aspetti di notevole qualità che permettono di richiamare opere come il Libretto degli Anacoreti attribuito a Michelino da Besozzo e conservato al Gabinetto nazionale delle stampe di Roma.
Sulla base degli affreschi di Armeno è stato possibile attribuire a Giovanni altri interventi e formulare un'ipotesi sulla sua personalità e cultura (Romano, 1976, 1978). Tra le opere riferite al maestro novarese due affreschi assumono particolare rilievo per qualità e stato di conservazione: il Giudizio universale dipinto nell'atrio della chiesa di S. Colombano a Biandrate, datato 1444, ed il Giudizio universale conservato nel battistero di Novara, anche esso presumibilmente eseguito entro la prima metà del XV. secolo.
Lo stile di questi affreschi, decisamente affine a quello del ciclo di Armeno, appare segnato dai tratti più tipici dei gusto tardogotico e da una particolare sensibilità per le caratterizzazioni fisiognomiche ed espressive. I modelli sono anche qui da ricercare nella pittura cortese lombarda, ed in particolare nelle opere di Michelino da Besozzo, del Maestro delle Vitae Imperatorum e dei fratelli Zavattari.
Appare invece difficile accettare l'attribuzione a Giovanni delle due tavole (S. Paolo eremita e S. vescovo) del Museo Borgogna di Vercelli genericamente riconducibili alla cerchia lombarda di Michelino da Besozzo e degli Zavattari; mentre sono da considerare definitivamente superate le attribuzioni riguardanti la Madonna degli sposi nella chiesa di Ognissanti a Novara, ora riferita a Daniele De Bosis, e la Madonna delle Grazie nel duomo novarese, da tempo ricollegata all'attività del Maestro dell'ancona fittile di S. Giovanni a Vespolate (Romano, 1978).
Le altre opere riferibili a Giovanni sembrano appartenere tutte alla seconda metà del sec. XV; nel complesso appaiono di qualità inferiore agli affreschi di Armeno, di Biandrate e del battistero di Novara e sono caratterizzate da una ripetizione così regolare di modelli ed iconografle da far sospettare un apporto sostanziale da parte della bottega.
Questo gruppo, costituito da affi-eschi anonimi, alcuni dei quali datati, comprende: il ciclo dei SS. Nazzaro e Celso a Sologno (1461), della Madonna del Ponte a Fervento 0462), dell'oratorio della Mora a Briona (1463) e di S. Pantaleone ad Oro di Boccioleto (1476); inoltre, gli affreschi raffiguranti la Vergine col Bambino nel lunettone della vecchia canonica di Novara, quelli staccati dalle chiese di S. Maria di Camodeia (Castellazzo Novarese) e di S. Michele di Suno, entrambi al Museo civico di Novara, la Crocifissione staccata dalla chiesa di S. Andrea e anch'essa conservata al Museo civico di. Novara, e ancora gli affreschi raffiguranti i.santi Caterina d'Alessandria e Nicola di Bari nella basilica dell'isola di San Giulio presso Orta e i cicli di S. Martino a Vicolungo, di S. Alessandro a Briona (prima campata laterale destra), di S. Pietro a Varallo Sesia, di S. Salvatore e di S. Michele entrambi a Massino Visconti.
Per quanto concerne la bottega di Giovanni è importante tenere conto della presenza documentata in area novarese di suo figlio Luca, anch'egli pittore ed attivo nella seconda metà del XV secolo,'che potrebbe aver svolto un ruolo importante proprio nell'ambito dell'attività della bottega. Di Luca conosciamo due documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Novara, entrambi rogati dal notaio Enrico Capra (1476-1495) e pubblicati dal Morandi nel 1916: il primo è un confesso del 19 nov. 1482, purtroppo gravemente deteriorato, riguardante presumibilmente la compravendita di terreni; l'altro, già precedentemente citato, è un atto notarile del 27 nov. 1483 nel quale Luca risulta essere figlio di "Johannes de Campo".
Si conoscono di lui due opere firmate e datate: si tratta della decorazione di S. Maria di Linduno, eseguita nel 1468, e dell'affresco raffigurante l'Incoronazione della Vergine, datato 1481, nella chiesa di S. Maria delle Grazie a Rima (l'iscrizione è attualmente nascosta dall'altare che lo racchiude). Questi affreschi indicano che la formazione di Luca è avvenuta all'interno della bottega dei padre; d'altro canto gli stretti legami che si possono riscontrare tra il ciclo di Linduno e quelli dei SS. Nazzaro e Celso a Sologno (1461), della Madonna del Ponte a Fervento (1462), dell'oratorio della Mora a Briona (1463) permettono non solo di affermare che egli aderì alla tradizione figurativa di Giovanni, ma che quasi certamente egli fu il suo successore nella direzione della bottega.
Gli affreschi di Linduno mostrano d'altra parte che Luca non fu solo il continuatore della maniera appresa nella bottega patema: l'Annunciazione dipinta sull'arco trionfale mostra quali nuovi interessi spaziali e prospettici arricchissero la sua pittura. Queste novità, seppure non prive di contraddizioni e incoerenze, permetterebbero di comprendere meglio il citato ciclo di S. Pantaleone a Oro di Boccioleto, datato 1476, che si differenzia dall'omogeneo gruppo di affreschi attribuito a Giovanni per certe novità spaziali e per una diversa intonazione sentimentale: tali caratteri sembrerebbero trovare una più giusta collocazione se inquadrati nell'attività di un artista più giovane come Luca.
Il dato che emerge dall'analisi complessiva delle opere di questi due artisti è il ruolo di primo piano che essi svolsero nella divulgazione del gusto tardogotico lombardo in tutto il territorio novarese e valsesiano; tuttavia, l'eseguità dei dati sicuri non consente di giungere ad una precisa successione cronologica delle loro opere. Non è però da escludere che suggerimenti importanti per una maggiore comprensione dell'attività di Giovanni e Luca D., possano provenire da campi d'indagine paralleli, come lo studio di opere che appaiono culturalmente affini a quelle considerate: ad esempio le anonime miniature quattrocentesche inserite nei due reliquiari realizzati per la certosa di Garegnano ed ivi conservati (circa 1460), il trittico di vetri ad oro graffito di Iacopino Cietario eseguito nel 1460 (Torino, Museo civico), la figura di Santo vescovo affrescata nella chiesa del Carmine a Pavia (posteriore al 1470) e la Madonna col Bambino che reca la firma di Gregorio Zavattari e la data 1475 nel santuario della Madonna dei Miracoli a Corbetta. Queste opere non solo offrono un'efficace testimonianza della persistenza del gusto tardogotico in tutta la Lombardia nella seconda metà del secolo, ma ci permettono anche di riflettere sulla particolare influenza che Milano e Pavia sembrano aver esercitato sul territorio novarese. Analogamente, la produzione dei codici miniati potrebbe fornire indicazioni utili per lo studio dei D.: in questo senso è di particolare importanza il più antico degli antifonari conservati presso la Pinacoteca di Varallo Sesia, che rivela affinità culturali con gli affreschi attribuiti ai due artisti novaresi.
Occorre infine accennare al problema dei pittori che lavorarono parallelamente ai D. e le cui opere appaiono influenzate dai modelli della loro bottega. Purtroppo, a parte l'eccezione di Iacobinus de Platea che firma e data nel 1449 gli affreschi della parrocchiale di Pila in Valsesia, si tratta di opere anonime per le quali si aprono ardui problemi di attribuzione e cronologia; ciononostante, segnalare alcuni di questi affreschi può offrire una ulteriore conferma della fortuna che la maniera dei D. ebbe in tutto il territorio della diocesi di Novara: si tratta dei cicli di S. Salvatore a Caltignaga, di S. Pietro a Casalvolone, di S. Grato a Montrigone (frazione di Borgosesia) e dell'affresco conservato nel vecchio oratorio di S. Giovanni alla Piana (frazione di Rossa).
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