DE BOSIS, Adolfo Lauro
Nacque a Roma il 9 dic. 1901, da Adolfò, poeta e fondatore della rivista Il Convito, e da Lilian Vemon, originaria di Springfield (Missouri), la quale era venuta a vivere in Italia fin dagli anni dell'adolescenza.
L'ambiente familiare esercitò una profonda influenza sulla sua formazione culturale; il padre, amico di D'Annunzio e Pascoli, era un uomo di apertura veramente europea, il cui ideale estetico risaliva direttamente ai modelli francesi e anglosassoni del gusto decadentistico, che pochi letterati, nell'Italia di quel periodo, erano in grado di conoscere. Il D. fu quindi educato al culto di una civiltà estetizzante della quale Shelley, Byron, Ruskin e D'Annunzio furono i principali ispiratori.
Dopo aver compiuto gli studi liceali, il D. frequentò la facoltà di chimica all'università di Roma, dove si laureò nel 1922; ma l'attività letteraria costituiva la sua vera vocazione, alla quale si dedicò completamente. Ancora adolescente componeva con estrema facilità versi che rivelavano chiaramente l'ascendenza dannunziana. In seguito, tuttavia, il D. si sottopose ad una severa disciplina stilistica per raggiungere una raffinata elaborazione espressiva; intraprese infatti l'impegnativo compito di tradurre i trggici greci, trovando nella disciplina metrica lo strumento adatto a contenere e controllare una vena poetica immediata ed istintiva. Nel 1923 la sua traduzione dell'Edipo re di Sofocle fu rappresentata allo stadio del Palatino, e l'anno seguente fu edita a Roma.
In questi anni il D. era completamente assorbito dal lavoro letterario, che gli impediva di provare interesse per esperienze diverse, compresa quella politica. Aveva seguito con simpatia la prima fase del movimento fascista, ma non aveva mai svolto un ruolo attivo al suo interno: il fascismo rappresentava per lui, come per molti suoi coetanei, un risveglio del sentimento nazionale offeso e, del resto, la città di Roma, dove viveva, era immune dalle forme più violente del movimento fascista; i giornali non ne parlavano o attribuivano tutte le responsabilità ai degeneri "sovversivi", le cui mire di sconvolgere l'ordine pubblico e l'assetto sociale della nazione sarebbero state validamente impedite per l'intervento del fascismo.
La posizione politica del D. era "liberale", nel significato che il termine possedeva allora in Italia, rivelatore cioè di una mentalità conservatrice non angusta e limitata, ma tesa piuttosto a custodire e salvaguardare il patrimonio ideale ereditato dal Risorgimento e fondato sul riconoscimento dei diritti personali e politici dei cittadini e sulla validità delle istituzioni rappresentative.Alla fine del 1924, il D. - dopo la morte del. padre, avvenuta il 28 agosto dello stesso anno - si recò negli Stati Uniti su invito della Italy America Society di New York, che lo incaricò di svolgere, attraverso conferenze su argomenti letterari, storici e filosofici, un'opera di propaganda culturale italiana in alcune importanti città: New York, Boston, Chicago. La scelta del D. da parte della società non fu casuale: egli infatti parlava correntemente l'inglese, era attraente, di maniere semplici e raffinate, capace inoltre di suscitare una corrente di simpatia immediata nelle persone che lo ascoltavano. Negli Stati Uniti riscosse un notevole successo, e da allora New York divenne la sua residenza abituale, che egli abbandonava saltuariamente per brevi soggiorni in Italia. Durante uno di questi soggiorni il D. pubblicò in tre volumi, a Roma nel 1925, la traduzione in forma abbreviata dell'opera di J. G. Frazer Il ramo d'oro, contribuendo alla sua divulgazione.
La permanenza negli Stati Uniti permise al D. di venire a contatto con una realtà socioeconomica completamente diversa da quella italiana e di ampliare i propri orizzonti culturali; infine la lettura degli scritti più obiettivi che si pubblicavano negli U.S.A. sulle reali condizioni dell'Italia, e le conversazioni con persone di varie tendenze politiche, oltre a rivelargli come il fascismo, invece di essere unanimamente ammirato all'estero, fosse spesso oggetto di critica, suscitarono in lui una viva curiosità per le scienze sociali e l'economia politica.
In una lettera diretta a G. Prezzolini, nel maggio del 1926, il D. ammette in tono tra il serio e il faceto di provare "delle insane aspirazioni politiche" e, ribadendo l'impegno di approfondire i nuovi studi sociali appena intrapresi, si mostra particolarmente interessato alla situazione politica italiana, e turbato dalle morti recenti di Gobetti e Amendola, intorno alle quali vorrebbe apprendere maggiori particolari. Contemporaneamente continuava il suo instancabile lavoro di divulgatore della cultura italiananell'estate del 1926 insegnò lingua e letteratura italiana nel corso estivo dell'università di Harvard.
L'evoluzione politica del D. influenzò tuttavia la sua successiva produzione letteraria; la traduzione dell'Antigone di Sofocle, pubblicata a Roma nel 1927, rappresenta il primo indice del suo passaggio all'opposizione, contro uno Stato che ha abolito con la serie di "leggi fascistissime" il diritto fondamentale del cittadino alla libertà: Antigone, che il D. ha prescelto come personaggio embiematico della ribellione, viola infatti le leggi della sua città per obbedire al comando della legge morale. Al 1927 risale anche la composizione del dramma in versi Icaro (poi pubblicato a Milano nel 1930), che ottenne il primo premio al concorso letterario delle Olimpiadi di Amsterdam nel 1928.
Il soggetto del Poema venne suggerito al D. dalla madre, in seguito alla lettura di un sonetto di Ph. Desportes sul mito di Icaro che, dopo la trasvolata atlantica compiuto da Lindbergh nel 1927, acquistava uno. nuova dimensione di attualità. Scritto dal D. al fine di esaltare "il progresso, l'elan vital, nella sua forma individuale ed eroica", il dramma esprime anche l'anelito verso la libertà, per la quale Icaro sacrifica la propria giovinezza. Il conflitto che si verifica nel mondo moderno tra il potere politico, la scienza e la fantasia è simbolicamente rappresentato nell'opera dai personaggi di Minosse il tiranno, Dedalo l'inventore, e Icaro il poeta. Assorto unicamente nelle sue ricerche, Dedalo sopporta la schiavitù che gli impone Minosse; ma il figlio Icaro vagheggia una società di uomini liberi ed uguali, e intende agire per raggiungerla. Persuade quindi il padre a nascondere al tiranno la costruzione delle ali, con le quali potranno sfuggire alla schiavitù. Minosse scopre il loro piano e proibisce a Dedalo di sperimentare la nuova scoperta. Consapevole del rischio, Icaro' si libra in volo al posto del padre ma, inesperto, si avvicina troppo al sole e precipita in mare trovando la morte.
Nel 1928 fu offerto al D. l'ufficio di segretario della Italy America Society negli Stati Uniti grazie alla raccomandazione di Irene di Robilant. Questa associazione di dichiarate finalità culturali era in realtà uno strumento di pubbliche relazioni che T. W. Lamont della banca Morgan aveva fondato per agevolare la vendita delle obbligazioni dei due prestiti fatti all'Italia. Il D. si mostrò molto riluttante ad accettare l'incarico, ma Chester Aldrich, che era divenuto allora presidente della società, ed era generoso amico dell'Italia e sincero liberale, gli garantì che avrebbe dovuto svolgere solamente un'azione culturale disinteressata, ed il D. si convinse.
Successivamente, però, egli si rese conto che l'attività dell'organizzazione non si poteva limitare a conferenze e riunioni culturali, mentre nel suo stesso ufficio gli si opponeva una forte componente fascista. Inoltre il D. era guardato con profondo sospetto dagli antifascisti di New York, come avveniva per tutti i suoi collaboratori della Italy America Society. Egli allora sentì la necessità d'incontrarsi con Gactano Salvemini, per chiarire la propria posizione. Salvemini fu dapprima riluttante a riceverlo, ma dopo il primo incontro divenne amico del D., sebbene non ne condividesse le idee politiche favorevoli ad un'intesa di tutte le forze conservatrici d'Italia (monarchici, liberali e cattolici) contro il fascismo.
Nel frattempo la posizione del D. all'interno della Italy America Society appariva sempre più -compromessa, in seguito ai rapporti negativi sul suo conto che il gruppo fascista, operante nell'organizzazione, cominciò a inviare all'ambasciatore italiano a Washington. Fuori dell'ambiente di lavoro, inoltre, la simpatia mostratagli da Salvemini non era condivisa da altri antifascisti di New York. In questo periodo difficile e tormentato, il D. trovò una calorosa accoglienza nella casa della celebre attrice americana Ruth Draper, con la quale aveva iniziato un'intensa relazione, dopo il loro incontro avvenuto a Roma il 14 marzo 1928, durante una colazione dalla pittrice Katherine Presbitero. Intanto la sua attività di traduttore si arricchì di nuovi titoli; pubblicò infatti la traduzione de La vita privata di Elena di Troia di S. Erskine (Milano 1928), e successivamente quella di Il ponte di San Luis Rey di T. Wilder (ibid. 1929). Preparò un'antologia della poesia italiana, pubblicata postuma dalla Oxford University Press nel vol. Golden Book of Italian Poetry (London-New York 1932) e tradusse il Prometeo incatenato di Eschilo (Milano 1930).
Nell'estate del 1930, il D. chiese un congedo e si recò prima a Londra dal fondatore ed ex segretario del partito popolare, Luigi Sturzo, il quale gli propose di collaborare ad un periodico che aveva intenzione di fondare a Bruxelles. Proseguì poi per l'Italia, e a Roma iniziò, nel luglio 1930, un lavoro di propaganda clandestina, che veniva firmato con la denominazione di Alleanza nazionale e consisteva nella diffusione, mediante la posta, di lettere ciclostilate nelle quali si attaccava duramente il regime fascista, rivelando gli abusi perpetrati ai danni della nazione, e si invitava la cittadinanza a praticare la resistenza passiva. Costituita dal D., insieme a Mario Vinciguerra, l'Alleanza nazionale ottenne l'incoraggiamento e l'aiuto di personalità come G. A. Colonna di Cesarò, U. Zanotti Bianco, il banchiere R. Ferlosio e padre E. Rosa, uno tra i più apprezzati scrittori della Civiltà cattolica.
Il programma dell'organizzazione presentava una piattaforma costituzionale monarchico-cattolica, sulla base della quale veniva proposta una linea politica d'intesa con le forze antifasciste di schieramento moderato. Il D. criticava infatti le pregiudiziali antimonarchiche e anticlericali di quanti si opponevano al regime fascista, ritenendo che un simile atteggiamento avrebbe conseguito il risultato di rinsaldare i vincoli tra Mussolini, la monarchia e il Vaticano, mentre occorreva procurarsi l'appoggio di queste istituzioni per abbattere il fascismo. D'altra parte la minaccia di una rivoluzione contro la monarchia e la Chiesa avrebbe favorito il regime fascista, che si presentava come il solo baluardo esistente in Italia contro il "bolscevismo", il quale costituiva, secondo il D., l'altro aspetto di un unico fenomeno fondato sul dominio "d'una minoranza armata su un popolo inerme e passivo".
Fra il luglio e l'ottobre del 1930, furono distribuite a Roma e in varie città dell'Italia settentrionale le copie ciclostilate di otto circolari; coloro che ricevevano i fogli dell'Alleanza nazionale si impegnavano, a loro volta, ad inviame un certo numero a conoscenti ed amici fidati, tramite un sistema a catena. In ottobre il D. dovette ritornare negli Stati Uniti perché intendeva dimettersi dalla carica di segretario della Italy America Society, e quindi era necessario che facesse le consegne dell'ufficio al suo successore. Sperava inoltre di ottenere dalla Lega per l'educazione internazionale l'incarico di rappresentarla in Italia; con una missione di tale genere avrebbe potuto viaggiare ed estendere la propria influenza ed attività. A tale scopo scrisse una lettera, in cui dichiarava fedeltà al regime, all'ambasciatore a Washington, Giacomo De Martino, che gliela aveva praticamente imposta. Ma durante la sua assenza, l'organizzazione fu scoperta e veninero arrestati Mario Vinciguerra, il pubblicista Renzo Rendi, e la madre del D., i quali avevano continuato in Italia l'opera di ciclostilare e diffondere le nuove circolari.
Il D. partì dagli Stati Uniti alla fine di novembre del 1930 e, sul piroscafo che lo riportava in patria, fu avvertito per mezzo di un cablogramma dell'arresto della madre e dei suoi amici. Il suo primo impulso fu di proseguire il viaggio, raggiungere Roma, e condividere la sorte degli arrestati. Ma a Londra dove si era fermato, tormentato da angosciose incertezze, fu sollecitato a recarsi in Svizzera dall'amico R. Ferlosio che, a nome della famiglia, lo dissuase dal suo proposito di tornare in Italia e presentarsi alla polizia. Il 22 dicembre ebbe luogo il processo davanti al tribunale speciale per la difesa dello Stato; Vinciguerra e Rendi furono condannati a quindici anni di reclusione, mentre la madre del D. fu assolta, dopo che il suo avvocato era riuscito a farle scrivere una lettera di sottomissione personale a Mussolini che venne letta insieme a quella del D. all'ambasciatore G. De Martino.
La notizia delle condanne, ma non del modo in cui il processo si era svolto, raggiunse la mattina del 23 dic. 1930 il D. a Parigi, dove nel frattempo si era trasferito da Berna; egli ne fu profondamente turbato, tuttavia comprese che ormai il suo unico scopo sarebbe stato quello di continuare la letta, esprimendo così la propria solidarietà alla madre e agli amici duramente colpiti. Il giorno dopo, gli articoli dei giornali francesi descrissero il pubblico, dibattimento in maniera da aggravare ingiustamente la posizione morale del D. e di sua madre, la cui liberazione veniva giudicata con sospetto. Il D. divenne oggetto di accuse infamanti da parte della stampa estera e italiana; la sua azione politica minacciava di essere paralizzata, dal momento che egli veniva considerato dall'opinione pubblica e in parte, anche nell'ambiente degli esuli antifascisti a Parigi, come un agente provocatore.
I primi mesi del 1931 furono particolarmente duri per il D.: l'organizzazione da lui creata sembrava destinata al fallimento; ristrettezze finanziarie e assilli morali lo angustiavano, soprattutto la necessità di respingere efficacemente il rimprovero di godersi la libertà mentre i suoi collaboratori scontavano una pesante condanna. Verso la fine di gennaio del 1931, il D. aveva tradotto in inglese e pubblicato a Parigi nell'opuscolo The Alleanza Nazionale: documents of the Second Italian Risorgimento le circolari dell'Alleanza; pensò allora che avrebbe potuto estendere l'azione di propaganda contro il fascismo brutalmente interrotta, e testimoniare la propria fede politica, sorvolando Roma con un aeroplano dal quale avrebbe lanciato migliaia di volantini antifascisti sulla capitale.
L'impresa presentava tuttavia notevoli ostacoli di ordine economico e tecnico; il D. lavorava a Parigi come portiere nell'albergo Victor-Emmanuel III di rue de Ponthieu, dove percepiva un modesto stipendio, ed inoltre non era in grado di pilotare un aeroplano. Richiese allora un contributo finanziario all'amico F. L. Ferrari, che viveva a Bruxelles ed era in contatto con d'Arsac, redattore capo del quotidiano liberale di Bruxelles, Le Soir. Fu proprio costui a procurare il denaro necessario per l'acquisto di un aeroplano, riservandosi il diritto di pubblicare in esclusiva sul proprio giornale il resoconto dell'audace trasvolata che il D. avrebbe compiuto.
Nell'aprile del 1931 il D., col nome di Luis Russell, iniziò le lezioni di pilotaggio in un campo privato di aviazione vicino a Versailles. Il 24 maggio effettuò il primo volo da solo; successivamente predispose il suo piano per il raid su Roma. Si recò, quindi, in Corsica per ispezionare la zona in cui avrebbe dovuto atterrare l'aereo, acquistato in Inghilterra, il quale sarebbe stato trasferito da un pilota inglese da Londra a Cannes. Da qui, il D. l'avrebbe portato in Corsica per fare rifornimento di benzina prima del volo verso Roma. Dopo diversi cambiamenti di programma e rinvii, finalmente il pilota inglese decollò, il 10 luglio, da un campo vicino a Londra, non senza aver dovuto superare numerose difficoltà di dogana. Raggiunta Cannes, l'11 luglio partì per la Corsica, dove l'attendeva il D. con un amico. Ma durante l'atterraggio si spezzò un'ala dell'aeroplano, e furono sparsi al suolo i fogli di propaganda che già erano stati caricati. L'impresa era fallita e, a causa della pubblicità che ebbe l'incidente, il progetto del D. non fu più segreto.
Il D. cambiò allora la base delle operazioni. recandosi in Germania ai primi di agosto del 1931. Sotto il nome di Adolf Morris comperò un altro aeroplano e si esercitò nell'aeroporto di Oberwiesenfeld, nei pressi di Monaco. I due istruttori tedeschi che lo avevano assistito nel periodo di prova, curarono il trasferimento dell'aereo al campo di Cannes, la sera del 2 ottobre. Il D. si trovava già a Marsiglia; il 3 ottobre l'aeroplano fu condotto all'aeroporto di Marignane, vicino a Marsiglia, da dove il D. partì alle 15,15 per Roma. La mattina dello stesso giorno in cui avvenne la partenza, aveva spedito all'amico Ferrari una relazione anticipata della sua impresa, Histoire de ma mort (trad. ital. postuma, Roma 1945), che rappresentava il suo testamento spirituale e che doveva essere divulgata nel caso che il viaggio fosse stato senza ritorno.
Il D. raggiunse il cielo di Roma poco dopo le ore 20 del 3 ott. 1931, e sorvolando la città per circa mezz'ora lasciò cadere un gran numero di volantini incitanti gli Italiani ad appoggiare l'Alleanza nazionale, ed il re a tornare ad essere "il campione della libertà"; ma sulla via del ritorno l'aereo si inabissò nel Tirreno per motivi che non furono mai chiariti.
Secondo il Fucci - che ha ricostruito meticolosamente e con numerosi particolari tecnici il volo del D. su Roma nel volume Ali contro Mussolini - l'aereo, nel suo viaggio di ritorno, sarebbe precipitato in mare prima di raggiungere la Corsica, perché i due tecnici tedeschi, ai quali il P. aveva detto di recarsi a Barcellona, avevano riempito il serbatoio principale e solamente uno dei serbatoi secondari dell'apparepphio, non sapendo che il viaggio copriva una distanza maggiore di quella indicata. Pertanto il limite di autonomia del volo ne risultò fortemente ridotto e, molto probabilmente, i serbatoi dell'aereo si trovarono all'asciutto quando esso si trovava ancora ad una distanza notevole dalla costa corsa.
I giornali fascisti ricevettero l'ordine di dedicare poche righe all'avvenimento e di non citare il nome dei colpevole; il 15 ott. 1931, Turati scrisse un commosso elogio del D. su L'Operaio italiano, pubblicato a Parigi dalla Confederazione generale del lavoro d'Italia. Al suo nome è stato intitolata la cattedra di storia della civiltà italiana della Harvard University.
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