Daxue («Il grande studio»)
(«Il grande studio») Opera cinese della tradizione confuciana. Già 42° cap. del Liji («Libro dei riti»), testo canonico, successivamente, grazie al filosofo Zhu Xi (➔), divenne, con i Lunyu (➔) («Dialoghi»), il Mengzi (➔) («Mencio») e lo Zhongyong (➔) («Il giusto mezzo») parte dei Sishu («Quattro libri»), raccolta fondamentale nel cursus studiorum dei cinesi dall’inizio del 14° sec. fin quasi alla fine della dinastia Qing (1644-1911). Incerte sono sia la data di composizione sia la paternità del testo, sebbene la tradizione l’abbia sempre attribuito a Zengzi, uno dei discepoli più cari a Confucio e menzionato nei Dialoghi. Ciononostante è verosimile che la sua composizione definitiva cada intorno al 3° sec. a.C. Fu commentato da Zhen Xuan (127-200) e più tardi da Han Yu (768-824), che ne affermò l’importanza primaria nell’educazione dei giovani. In epoca Song (960-1279), fu considerato specialmente da Cheng Hao (➔) e Cheng Yi (➔) come uno dei testi tramandati dalla scuola confuciana. Zhu Xi lo studiò in modo approfondito, tanto da offrirne una lezione completamente diversa da quella contenuta nel Liji. Infatti, lo divise in due parti: il classico (jing) e il commentario (zhuan), integrandone pure il testo. L’affermazione nei secoli e la centralità dell’opera nella stessa tradizione confuciana dipesero principalmente dalla dottrina sviluppata, vale a dire la definizione di un ordinato e graduale processo di perfezione della natura umana. Dal figlio del Cielo, il sovrano, sino all’uomo più umile, tutti devono essere dediti alla cura della propria natura, giacché questa è la «via» (dao) per praticare e raggiungere il sommo bene. Che l’opera fosse essenziale tanto in filosofia quanto nell’iter formativo di ogni uomo fu subito inteso anche dai gesuiti in Cina, infatti il D. fu il primo testo tradotto in latino verso la fine del 16° sec.; si conservano in Italia i due soli esemplari manoscritti sinora noti. Nell’Europa filosofica dei secc. 17°-18° l’opera fu diffusa a stampa nel Confucius Sinarum philosophus, sive Scientia Sinica (Parigi 1687), di cui costituiva il liber primus.