DELLA TOSA, Davizzo (Davizzino)
Figlio di Meliorello, visse in Firenze tra la fine del sec. XII e gli inizi del XIII, ricoprendovi alcuni importanti incarichi politici. Nel 1198 il D. fu eletto per la prima volta tra i consoli della città, in un momento piuttosto delicato della vita politica del Comune: soltanto l'anno precedente, infatti, alla morte dell'imperatore Enrico VI, figlio di Federico 1 Barbarossa, i Fiorentini erano riusciti ad abbattere il governo della podesteria imperiale ed a ripristinare il regime consolare.
Alla testa di tale rivolgimento si era posto un ristretto gruppo di famiglie, appartenenti per lo più alle due floride associazioni dei milites e dei mercanti di Calimala, che nella metà del sec. XII aveva detenuto e, sia pure con alterne vicende, fino al definitivo avvento del regime podestarile nel primo decennio del XIII secolo detenne il monopolio della suprema direzione politica della città attraverso il consolato: gruppo che si caratterizzò, anche grazie ai ramificati legami consortili dell'epoca, come una vera e propria oligarchia.
Di questa élite cittadina, nella quale cominciarono a sorgere proprio allora quei contrasti che non molti anni più tardi sfociarono nelle aspre lotte fra guelfi e ghibellini, fecero parte anche i Della Tosa, potente ramo della consorteria dei Visdomini, che derivava la propria influenza politica, il proprio status sociale e la propria agiatezza dall'aver acquisito da tempo il diritto ad amministrare il patrimonio vescovile quando la sede era vacante. Già nel sec. XI, infatti, i vicedomini laici avevano costretto con la loro autorità incontrastata le fondazioni religiose e gli ospedali a pagar loro le tasse annue ed avevano reso il loro prestigioso ufficio, secondo la tendenza delle dignità medievali, ben presto ereditario. Il primo di questi vicedomini laici, di nome Davizzo, tenne il rettorato vescovile per quasi mezzo secolo, dal 1009 al 1054, e può essere considerato il capostipite della vasta consorteria, che si divise poi in molti rami, continuando tuttavia a godere degli onori e dei redditi che erano appannaggio del loro ufficio divenuto ereditario.
Alcuni anni più tardi, dal matrimonio di un nipote di Davizzo con una Tosa, nacque Meliorello, designato comunemente, per ragioni a noi ignote, dal nome della madre: "Meliorellus de Tosa". Da lui discese la casata dei Della Tosa o Tosinghi, che svolse, soprattutto nel corso del Duecento, un ruolo di primaria importanza nel guelfismo fiorentino fino a diventarne una delle famiglie simbolo. Se ne ebbe la riprova nel 1248 quando la furia della fazione ghibellina vincente si accanì nella distruzione del loro splendido palazzo in mercato Vecchio, che dominava con la sua mole e la sua torre, alta 75 m, tutti gli altri edifici della città.
Il legame privilegiato con la curia vescovile e la carica di vicedominus, di cui risulta investito, nel 1181, anche Meliorello, il padre del D., favorirono in misura notevole l'ascesa politica dei cosiddetti "guardiani e difensori" della sede vescovile. Fin dagli anni della giovinezza, infatti, il D. appare fra gli esponenti più in vista della famiglia e della politica cittadina, come dimostra il fatto che dal 1173 in poi partecipò spesso, nelle vesti di rappresentante del Comune e del vescovo, alla stipula di importanti atti pubblici. Nel 1200 presenziò, insieme con il fratello Catalano e con altri insigni cittadini, agli accordi che posero fine ad una lunga serie di conflitti per la supremazia in Valdelsa e in altre parti del contado, conflitti che avevano opposto Firenze ai conti Alberti, potenti seguaci dell'imperatore e, fino ad allora, irriducibili avversari del Comune. Nel 1203 venne di nuovo eletto console della città: poiché proprio in quell'anno suo fratello Catalano fu a sua volta nominato alla carica di "consul militum" - cioè di rettore dell'associazione cittadina più potente del tempo, quella dei nobili - il D. si trovò con lui a controllare, nei posti chiave, la vita politica fiorentina.
Negli stessi anni, di pari passo con l'ascesa politica, si stavano ulteriormente sviluppando le fortune economiche della casata, che seppe trarre il massimo vantaggio dagli stretti rapporti che la legavano alla Chiesa fiorentina. Nel 1193 il D. e suo figlio Catalano erano riusciti infatti ad entrare in possesso, per un esiguo canone annuo corrisposto al priore della chiesa di S. Maria Maggiore, di parte di una piazza nel sesto di Porta Duomo nei pressi dell'attuale cattedrale di S. Maria del Fiore: segno evidente dell'esPandersi degli interessi fondiari dei Della Tosa in una zona della città non lontana dalle loro case, in concomitanza con la forte espansione urbana di Firenze, da non molti anni ingranditasi con una nuova cerchia di mura. L'intreccio tra fortune familiari e interessi della sede vescovile rimase comunque sempre al centro delle vicende personali del D., che ancora nel 1214, ormai vecchio, risulta creditore del vescovo di Firenze.
Il D. morì con ogni probabilità non molti anni dopo questa data e comunque prima del 1225, poiché il suo nome non compare nell'atto di vendita con cui in quell'anno i Della Tosa cedettero al Comune di Firenze ipropri diritti sul castello di Travalle, nei pressi di Calenzano. Forse in virtù della notorietà da lui acquisita nella vita pubblica, forse a causa delle sue ricchezze, il D. venne citato anche da Brunetto Latini nella sua Rettorica.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Diplomatico, Acq. Nidiacci, Firenze, 6 maggio 1189; Pseudo Brunetto Latini, Cronica fiorentina, in P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze, II, Firenze 1894, p.227; Doc. dell'antica costituzione del Comune di Firenze, a cura di P. Santini, Firenze 1895, pp. XLIV, XLVII e ad Indicem; B. Latini, La rettorica, a cura di P. Maggini, Firenze 1968, p. 40; Cronaca fiorentina di Marchionne di Coppo Stefani, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXX, 2, a cura di N. Rodolico, p. LI; G. Lami, S. Ecclesiae Flor. monumenta, Florentiae 1758, II, pp. 711, 964; III, p. 1707; M. Tarassi, Le fam. di parte guelfa nella classe dirigente dellacittà di Firenze durante il XIII sec., in I ceti dirigenti della Toscana nell'età comunale dei secc. XII e XIII, Pisa 1982, p. 304.