FOSSATI, Davide Antonio
Nacque a Morcote, nel Canton Ticino, il 21 apr. 1708 da Giorgio, ingegnere militare, e da Maria Francesca Paleari. Intorno al 1720 fu chiamato a Venezia dal facoltoso prozio Davide Fossati, da molti anni residente nella città lagunare, con l'intento di avviarlo alla carriera mercantile. Presto abbandonato il progetto, il F. venne affidato dal prozio a padre Vincenzo Maria Mariotti, pittore prospettico e incisore romano, allievo di Andrea Pozzo.
Nel 1722 il F. iniziò a frequentare anche lo studio del pittore viennese Daniel Gran, seguace di Sebastiano Ricci e Francesco Solimena, che si era da tempo stabilito a Venezia. Il tirocinio presso l'artista austriaco dovette insistere in particolare sulla tecnica dell'affresco; iniziò a collaborare con lui nelle architetture dipinte e negli ornati della villa Cornaro a Este nel 1723, attività che gli valse l'invito del maestro a seguirlo a Vienna. Qui giunse nel marzo 1723 e prese alloggio presso il noto pittore di architettura Gregor Werle, futuro suocero del Gran. Sotto la sua guida, in un breve giro d'anni, si succedettero numerose importanti commissioni nel campo della pittura prospettica, dai soffitti realizzati nel palazzo dei conti Althann nel 1724 e nel palazzo Schwarzenberg l'anno successivo, alle volte dipinte nella Hofbibliothek intorno al 1727. A Vienna, in qualità di frescante, il F. lavorò a fianco del pittore Anton Hertzog nella Leopoldskirche e in altre chiese della città, per ricevere poi commissioni a Bratislava, dove fu invitato a decorare il palazzo del primate arcivescovo di Esztergom, lavoro terminato nell'agosto 1728. A quegli stessi mesi risalirebbero secondo le fonti gli affreschi nella cupola della chiesa della Trinità a Bratislava, su disegni di A. Galli Bibiena, e quelli nel refettorio dell'antica arciabbazia benedettina di Pannonhalma (Sankt Martinsberg), presso Györ, nell'Ungheria settentrionale, portati a termine nel 1729, raffiguranti Episodi della vita di s. Benedetto e Scene cristologiche.
Richiamato a Venezia dal prozio Davide all'inizio del 1730, il F. ricevette la commissione del procuratore L. Pesaro di decorare una sala della sua villa di campagna a Torre presso Este, terminata nel 1731. Dopo un soggiorno in Canton Ticino, nell'agosto del 1731, riprese la decorazione di villa Pesaro a Torre di Este, affrescando il soffitto del salone centrale con le Quattro stagioni e due scene laterali con Apollo e Marsia. Nel 1732 intraprese un viaggio di studio a Bologna, che lo mise in contatto con i capolavori conservati nelle collezioni cittadine, ma che fu presto interrotto da un trasferimento a Lugano per dipingere su richiesta dello zio un ciclo di Storie della Croce nel convento delle agostiniane di S. Margherita. Gli affreschi nelle cinque volte del convento lo impegnarono nei mesi centrali del 1732; nell'ottobre di quell'anno poté ritornare a Bologna, dove lo raggiunse la notizia della morte del prozio, il 24 novembre, che lo spinse a rientrare a Venezia. Qui nel 1738 sposò Giacomina Rezzi, figlia del pittore Antonio, sua cugina di secondo grado, e si trasferì con lei a Morcote, ove nacquero i figli Giuseppe Antonio circa il 1739, e quindi Eleonora e Costanza, che fu attiva come pittrice.
Se nel 1741 è ancora documentato a Morcote, il F. dovette poco dopo fare ritorno a Venezia, dove nel 1743 pubblicò l'importante raccolta di ventiquattro acqueforti derivate da dipinti di Marco Ricci appartenenti alle collezioni del console britannico Joseph Smith e di Antonio Maria Zanetti, opera che gli meritò a pieno titolo un posto non secondario nella storia dell'incisione veneziana del Settecento.
La serie, riunita in un raffinato volume in quarto, è preceduta da un elegante frontespizio decorativo con la dedica a Francesco Algarotti, il letterato veneziano amico di entrambi i collezionisti e legato per motivi di mercato artistico all'elettore di Sassonia. Su incarico del sovrano sassone, l'Algarotti rimase a Venezia fra il 1743 e il 1745 per acquistare e commissionare dipinti per la galleria di Dresda, e non si può escludere che la pubblicazione del volume, quasi certamente promossa dallo Smith e dallo Zanetti, non nascondesse un qualche intento commerciale. Il F. vi riprodusse ventiquattro tempere riccesche, di cui dieci già di proprietà dello Smith e in seguito passate a Windsor Castle con la vendita a Giorgio III; e verosimilmente le altre quattordici dovettero corrispondere a opere appartenenti alla collezione dello Zanetti. L'aspetto documentario della serie di acqueforti consiste infatti nella possibilità di testimoniare un gruppo di dipinti oggi non rintracciabili dopo la dispersione della raccolta zanettiana. Ma a sorprendere è soprattutto il livello qualitativo delle incisioni, sottolineato unanimemente dalla critica, dove la spiccata scioltezza del segno grafico riesce a interpretare con felice adesione la tecnica delle tempere riccesche, più di quanto in seguito riuscisse a fare Giuliano Giampiccoli nelle sue più note acqueforti da originali del Ricci. Eseguite in controparte rispetto agli originali pittorici, le incisioni dalle tempere riccesche, dalla sorprendente capacità della resa luministica dei dipinti, servirono in seguito a loro volta di base per ulteriori traduzioni (Scarpa Sonino, 1987).
Non si ha notizia di un autentico tirocinio incisorio del F., di là dalla giovanile collaborazione con il Mariotti, che dovette tuttavia limitarsi a un'educazione prospettica. Le elevate capacità traduttive sono testimoniate anche da incisioni tratte da dipinti del Veronese (La famiglia di Dario davanti ad Alessandro, Giove fulmina i giganti), di F. Solimena (Diana e Callisto) e di A. Bellucci (Rebecca al pozzo e La vocazione di Pietro), dove pur nella disinvolta abilità tecnica le trascrizioni appaiono irrigidite nella tecnica grafica. Intorno al 1745 il F. dovette eseguire i disegni dalla Notte del Correggio e dal Cristo della moneta di Tiziano, che dalla Galleria di Modena stavano per essere trasferite nell'attuale Gemäldegalerie di Dresda con un consistente gruppo di quadri estensi venduti alla corte sassone. All'inizio del sesto decennio risale invece un disegno acquerellato raffigurante una ballerina, proveniente da un album di caricature appartenuto al console Smith e oggi conservato alla Biblioteca reale di Windsor.
Alla ricca documentazione della sua attività artistica giovanile fa riscontro nella seconda metà del secolo un vuoto di notizie difficile da colmare. Che tuttavia il F. abbia continuato con successo una produzione pittorica si evince dall'infittirsi dei riconoscimenti ufficiali, con la nomina ad accademico d'onore dell'Accademia di belle arti di Venezia nel 1775, della Clementina di Bologna nel 1778 e a membro del Collegio dei pittori di Venezia nel marzo di quell'anno. In quegli stessi anni dovette sviluppare anche un'attività commerciale nel settore artistico, documentata nel 1780 da una corrispondenza con l'incisore svizzero C. von Mechel, incaricato di vendere a Vienna alcuni quadri di sua proprietà, tra cui uno di Sebastiano Ricci. A tale attività si ricollega, nel 1785, la pubblicazione insieme con D. Maggiotto del Catalogo di quadri raccolti dal fu signor Maffeo Pinelli ed ora posti in vendita.
Morì a Venezia il 28 dic. 1795.
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