ROSSI, David (Davide). – Nacque postumo a Thiene il 6 settembre 1741 da Davide e da Libera Carrara (Saccardo, 2007)
Incline al disegno, giovinetto ebbe modo di assecondare la propria vocazione grazie al conte Orazio da Porto, che gli procurò a Vicenza un breve tirocinio presso il celebre quadraturista Girolamo Mengozzi Colonna; l’episodio va credibilmente riferito al 1757, epoca della collaborazione tra l’artista e i Tiepolo in villa Valmarana. Sempre sostenuto dal nobile, a distanza di pochi mesi si trasferì a Venezia, avendo per due anni a maestro il pittore Francesco Zanchi, anch’egli quadraturista (Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Misc. Trissino: A. Diedo, Appunti biografici..., 1810 circa). Di ritorno nel capoluogo berico, lavorò dapprima per il conte da Porto, sia nel palazzo cittadino, sia nella villa di Thiene, dove affrescò una «sala da pranzo» e una «stanza da conversazione» – oggi rimane solo uno dei due ambienti – insieme al mediocre figurista Gaetano Costalonga (ibid.; cfr. anche Bertotti Scamozzi, 1780).
Nel corso del lungo soggiorno vicentino si fece conoscere come specialista in architetture dipinte e in ornati. Grande fu l’ammirazione per il trompe l’œil realizzato nel 1769 nel giardino Valmarana a porta Castello, che rappresentava un arco trionfale di ordine dorico, con prospettive di templi, logge e statue, terminante in un attico con finti bassorilievi di Giacomo Ciesa (Saccardo, 2007).
Se in pubblico diede prova della sua abilità decorando il soppalco della chiesa di S. Ambrogio e, nel 1784, l’interno del teatro Nuovo, poi Eretenio, con l’amico e collega Paolo Guidolini, più spesso si trovò a operare nelle case aristocratiche: le fonti ricordano le commissioni ricevute dalle famiglie «Velo, Balzi, Cordellina, Stecchini, Losco e molte altre» (Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Misc. Trissino: A. Diedo, Appunti biografici..., cit.). Gli impegni assolti in palazzo Cordellina (1783-84 circa) e in palazzo Loschi (post 1786) testimoniano del rapporto con l’architetto responsabile dei progetti, Ottone Calderari (Bevilacqua, 1993, pp. 101, 108), che lo avrebbe coinvolto anche nell’abbellimento di un tinello di palazzo Barbaran da Porto (disegni al Museo civico di palazzo Chiericati a Vicenza) e, nel 1796, del «soffitto ducale» del duomo di Thiene (Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Misc. Trissino: A. Diedo, Appunti biografici..., cit.; Diedo, 1844, p. 27 nota 12). Più stretto, addirittura di «spiritual parentela», fu il legame con Ottavio Bertotti Scamozzi, che l’8 dicembre 1773 fece da padrino al battesimo di Caterina Libera, primogenita di Rossi, sposato dal 4 febbraio precedente con la vicentina Marina Lucchin (Saccardo, 2007). «Ad onta dell’antigenio all’incisione», cedendo alle insistenze del sodale, ne apprese da sé la tecnica per subentrare al troppo esoso Cristoforo Dall’Acqua nell’illustrazione dell’ambiziosa opera Le fabbriche e i disegni di Andrea Palladio, pubblicata in quattro tomi fra il 1776 e il 1783; continuò a praticare l’intaglio finché «alcuni giovani disegnatori del Bertotti», ovvero Gaetano Vichi e Gaetano Testolini, non riuscirono per suo «merito e pazienza» a proseguire autonomamente nell’impresa calcografica (Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Misc. Trissino: A. Diedo, Appunti biografici..., cit.). Il passaggio a Venezia, nell’occasione di «dipingere certi ammezzati del nobil uomo Zaccaria Morosini», avvenne nel 1786, trasformandosi pressoché subito in stabile dimora (ibid.). I lavori compiuti in laguna anteriormente alla caduta della Repubblica si contano numerosi, «non essendovi quasi in allora stanza nuziale, o per qualsivoglia altra guisa sontuosa, che non dimandasse al pennello del Rossi il suo più vivo splendore» ([Diedo], [1827], p. 49).
Attingendo a un repertorio decorativo di matrice antiquaria, includente aquile, candelabre, festoni, lire, girali e motivi ercolanesi, il pittore formulò soluzioni soffittali ispirate allo stile elaborato dai fratelli Robert e James Adam e al cosiddetto classicismo dei cammei. L’elenco delle residenze patrizie in cui prestò servizio, accompagnandosi ai più affermati figuristi del tempo, annovera fra l’altro i palazzi Andrighetti a S. Angelo (con Costantino Cedini, Jacopo Guarana, Giambattista Mengardi e Giovanni Scajaro), Baglioni a S. Cassiano (con Pietro Moro), Barbarigo della Terrazza (con Guarana e Mengardi), Contarini-Jäger ai Ss. Apostoli (con Giuseppe Bernardino Bison e Cedini), Foscarini ai Carmini (con Cedini), Gradenigo in rio Marin (con Bison e Cedini), Manfrin (con Mengardi), Mangilli ai Ss. Apostoli (con Giambattista Canal), Michiel del Brusà (con Cedini e Guarana), Mocenigo-Gambara (con Canal), Querini Stampalia (con Guarana), Renier a S. Pantalon (con Cedini e Francesco Zugno), Sandi a S. Angelo (con Cedini), Sangiantoffetti a S. Cassiano (con Cedini), Vendramin Calergi (con Cedini) e Vignola a S. Zulian (con Scajaro; Pavanello, 1978, pp. 281, 294 nota 19; 1998, pp. 234, 238; 2006, pp. 126-129; 2009, pp. 122-124; 2016, pp. 29 s.).
Caposcuola dell’ornato neoclassico, elogiato come «ristauratore del buon gusto» per aver sottratto l’arte alle «goffe maniere di un cattivo stile» ([Diedo], [1827], p. 49), il 1° giugno 1789, insieme a Guidolini, entrò a far parte del Collegio dei pittori di Venezia. Risale invece al 4 marzo 1792 l’aggregazione all’Accademia di pittura e scultura, seguita il 9 settembre dalla nomina a maestro di architettura prospettica in luogo del defunto Agostino Mengozzi Colonna (L’Accademia, 2015, pp. 320, 325). Negli anni a cavallo fra Sette e Ottocento giunse al culmine della carriera. A Venezia, unito in una «Società dipintori» con i colleghi ornatisti Giovanni Antonio Zanetti e Giuseppe Bernardino Bison, dal 1800 al 1803 fu attivo in palazzo Manin a Rialto (Frank, 1996), dove peraltro eseguì, applicandosi a un genere che non doveva essergli alieno, una serie di vedute di ville (Pavanello, 1996). In palazzo Belloni Battagia a S. Stae nel 1804 replicò un partito decorativo già sperimentato un lustro prima, con l’aiuto di Luigi Gini, in villa Velo a Velo d’Astico, nel Vicentino: le pareti simulano un grandioso loggiato corinzio, adatto a ospitare le scene storiche dipinte da Pietro Moro (Delorenzi, in Gli affreschi, 2015, pp. 31-41, 586-589). Con lo stesso figurista, nella decade iniziale del secolo creò il proprio capolavoro nel salone di villa Comello a Mottinello Nuovo, fingendo nei lati lunghi dell’ambiente due monumentali logge ioniche, a mo’ di architetture templari, oltre le quali si scoprono prospettive di giardini con fontane, terrazze e padiglioni neoclassici (Id., ibid., pp. 363 s.). Lavorò quindi a Treviso per gli Albrizzi, a Udine in palazzo Caratti (Pavanello, 2007), a Padova in palazzo Zulian (1795) e, con Moro, in palazzetto Gaudio (1810 circa; Pavanello, 1980, p. 59), e a Vicenza, con Ciesa, nel palazzo del Casino Nuovo, oggi palazzo delle Opere Sociali (1807-08; Saccardo, 2007).
Non di rado si espresse in progetti di decorazione totale, fornendo disegni per mobili e porcellane (Frank, 1996, p. 251; Delorenzi, in Gli affreschi, 2015, p. 589 nota 1).
Degne di menzione sono poi le sue elaborazioni architettoniche, severamente neoclassiche, fra le quali occorre almeno citare il totale rinnovamento interno della chiesa di S. Polo a Venezia nel 1799-1804, la trasformazione della facciata della casa del genero Aniano Balzafiori in contrada Levà degli Angeli a Vicenza nel 1804-05 e l’erezione di un tempietto rotondo su incarico dei conti Revedin nella tenuta della Sammartina, presso Ferrara, nel 1808 (Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Misc. Trissino: A. Diedo, Appunti biografici..., cit.).
Con la riforma degli istituti accademici del Regno d’Italia, nel 1807 la cattedra di Rossi fu smembrata in tre insegnamenti: architettura, ornato e prospettiva. I primi due toccarono a Giannantonio Selva e Ferdinando Albertolli, mentre il terzo rimase vacante finché, grazie ai buoni uffici di Antonio Canova, il 10 aprile 1811 non ne venne investito l’esperto thienese, nel frattempo eletto anche a membro della commissione pubblica per l’Ornato (Diedo, 1844, pp. 17 s.). In ultimo, per l’età avanzata, si valse dell’assistenza di Tranquillo Orsi, prescelto a succedergli.
Morì a Venezia, «sorpreso dalla apoplesia», il 20 settembre 1827 (Saccardo, 2007).
Un suo ritratto, dipinto da Odorico Politi, si trova al Museo civico di Vicenza. Suo figlio Giuseppe, nato nel 1778, compì studi di architettura e praticò l’incisione.
Fonti e Bibl.: Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Misc. Trissino, 26.41.1 (17), fasc. 8: A. Diedo, Appunti biografici su D. R., manoscritto, 1810 circa.
O. Bertotti Scamozzi, Il forestiere istrutto nelle cose più rare [...] nella città di Vicenza, Vicenza 1780, pp. 50 s.; [A. Diedo], Necrologia, in Discorsi letti nella I.R. Accademia di belle arti in Venezia per la distribuzione de’ premi dell’anno 1827, Venezia [1827], pp. 47-51; Id., Delle lodi di D. R., in Atti dell’Imp. Regia Accademia di belle arti in Venezia..., Venezia 1844, pp. 7-27; G. Pavanello, La decorazione neoclassica nei palazzi veneziani, in Venezia nell’età di Canova, 1780-1830 (catal.), a cura di E. Bassi et al., Venezia 1978, pp. 281-300; Id., La decorazione neoclassica a Padova, in Antologia di belle arti, IV (1980), 13-14, pp. 55-73; A. Bevilacqua, La pittura e la scultura fra fine Settecento e prima guerra mondiale, in Storia di Vicenza, IV, 2, L’età contemporanea, a cura di F. Barbieri - G. De Rosa, Vicenza 1993, pp. 73-123; M. Frank, Virtù e Fortuna. Il mecenatismo e le committenze artistiche della famiglia Manin..., Venezia 1996, pp. 238, 240 s., 250-252; G. Pavanello, Canova collezionista di Tiepolo, Mariano del Friuli 1996, p. 71 nota 35; Id., L’attività di Jacopo Guarana nei palazzi veneziani, in RIASA, Rivista dell’Istituto nazionale d’archeologia e storia dell’arte, s. 3, XXI (1998), 53, pp. 197-246; Id., Affreschi veneziani del tardo Settecento, in Arte veneta, 2006, n. 63, pp. 123-133; Id., D. R. frescante in palazzo Caratti a Udine, in Un’identità: custodi dell’arte e della memoria..., a cura di G.M. Pilo - L. De Rossi - I. Reale, Mariano del Friuli 2007, p. 349; M. Saccardo, Notizie d’arte e di artisti vicentini, seconda ed., Udine 2007, pp. 194-197, 357, 482; G. Pavanello, Vendramin e Foscarini ai Carmini, gemelli da dividere: magnificenze ed esotismi intorno a una stanza di maiolica, in Arte veneta, 2009, n. 66, pp. 103-135; Gli affreschi nelle ville venete. L’Ottocento, a cura di S. Marinelli - V. Mancini, Venezia 2015 (in partic. P. Delorenzi, Dal mito alla Storia. Una committenza in villa della famiglia Velo, pp. 31-41, 586-589; Id., pp. 363-372); L’Accademia di belle arti di Venezia. Il Settecento, II, Documenti, a cura di I. Mariani, Crocetta del Montello 2015, pp. 298, 320, 325, 391, 461; G. Pavanello, D. R., 1741-1827. Ristauratore del buon gusto, Verona 2016.