Lynch, David
Lynch, David. ‒ Regista e artista statunitense (n. Missoula 1946). Il lavoro sull’immagine e sul suono, che ha sempre caratterizzato la sua opera, si è sviluppato negli ultimi tempi oltre i confini del cinema, attraverso una ricerca sempre meno etichettabile all’interno di una forma stabilita. L’esplorazione dei limiti della forma cinematografica è visibile, in un certo senso, nel percorso che lega, e al tempo stesso separa, i suoi lungometraggi Mulholland dr. (2001; Mulholland drive) e Inland empire (2006; Inland empire - L’impero della mente). Il primo nasce dal progetto di una serie televisiva mai andata in onda, e che diventa poi un film autoconclusivo, in cui cinema, sogno, identità sospese e fluttuanti, e un alone costante di mistero, sembrano svolgere un percorso personale di ripensamento della forma cinematografica, in cui la narrazione non vuole essere la costruzione di una storia e di un intreccio, ma il mezzo attraverso cui il cinema diventa esperienza sensoriale, di spaesamento e di inquietudine. L., a partire da questo film, lavora sempre più sul processo di dissoluzione del cinema come forma narrativa, processo portato a compimento con Inland empire, primo film girato interamente in digitale, dove ogni immagine diventa, in un certo senso, una possibilità di narrazione ulteriore, di percorso accennato e non portato a termine. La struttura del film è infatti basata su un’idea surrealista del cinema, in cui le sequenze nascono una dopo l’altra, senza una struttura di partenza, senza una sceneggiatura prestabilita. L’immagine diventa per L., dunque, una possibilità di esperienza sensoriale e mentale, più che un simbolo o uno strumento per raccontare. Da sempre interessato a tutte le forme dell’immagine, L. sviluppa tale interesse a tutto campo nel primo decennio del 21° sec., realizzando cortometraggi sperimentali come Darkened room (2002), la serie surreale Rabbits (2002), i cui personaggi indossano sempre delle enormi teste da coniglio, e la serie di animazione per il web Dumbland (2002). Parallelamente all’attività registica, L. continua a lavorare come pittore e musicista: nel 2007 viene infatti presentata, presso la Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi, la mostra antologica dei suoi lavori pittorici e non solo (ci sono infatti anche fotografie, sculture, installazioni mobili), dal titolo The air is on fire, testimonianza ulteriore di un lavoro sull’immagine che ingloba il cinema ma che non rimane esclusivamente all’interno di esso. Nel 2011 esce Crazy clown time, il suo primo album da solista, nella cui miscela di rock, musica industriale ed elettronica è possibile rintracciare un’ulteriore tappa di una ricerca sul suono come parte integrante dell’universo dell’immagine.