DAVANZATO (Avanzato, Nevanzaio)
Secondo l'incerta tradizione agiografica e documentaria che ne perpetua la memoria, D. sarebbe nato intorno al 1200 nel castello di Semifonte, che avrebbe abbandonato già nel 1202, insieme ai genitori, quando i Fiorentini ne imposero la ffistruzione. Cresciuto forse nell'area di Poggibonsi, avrebbe in seguito subito l'influsso del beato Lucchese e vestito l'abito del Terz'Ordine francescano. Avviato verso la professione ecclesiastica, sarebbe divenuto infine rettore della chiesa di S. Lucia a Casciano (o dell'Ajale), antica rettoria dei piviere di S. Pietro in Bossolo nelle vicinanze del castello di Barberino in Vai d'Elsa. Qui, assistito da un giovane chierico da lui istruito agli uffici divini e circondato dai suoi parrocchiani, sarebbe morto il 7 luglio 1295 al termine di una lunghissima vita devota dedicata umilmente al servizio pastorale.
Dobbiamo alla curiosità erudita dei senatore Carlo Strozzi - che nel XVII secolo trascrisse dai protocolli, oggi perduti, di un notaio di Barberino, ser Bartolo di ser Benincasa,. alcuni documenti riguardanti D. e il suo culto - l'unica testimonianza coeva del suo passaggio terreno. Si è conservato così il regesto di un documento del 7 luglio 1295 dal quale risulta che alcuni parrocchiani di S. Lucia a Casciano rmunciano ai loro diritti su una tomba all'intemo della chiesa a favore dei defunto rettore che vi era stato sepolto in quello stesso giorno. P, la prima menzione in merito alla fama di santità di D. "cui", si legge nel documento, "Dominus noster Iesus Christus multa miracula et signa coram populo facere ostendit". Dagli stessi protocolli il senatore Strozzi regestò anche due miracoli, uno datato 25 luglio 1295 (relativo alla guarigione di un bambino), l'altro del 17 agosto di quello stesso anno (risanamento di un idropico).
Di D. non si conserva alcuna vita o alcuna leggenda coeva, né dovette conosceme il più antico biografo, un non meglio identificato Domenico da Prato (o Pratesi o pratese) che con ogni probabilità all'inizio dei XVI secolo scrisse, su istanza dei Barberinesi, una prima biografia, utilizzando, in assenza di documentazione scritta ("scriptura aliqua minime adsit" come dirà egli stesso), le testimonianze orali raccolte dai "senioribus illius loci". Povera nei contenuti come nella forma - i bollandisti, suoi primi editori, non esiteranno a definirla "rudi et contorto stylo, solecismis non satis vacua"- questa vita sembra raccogliere tracce di un patrimonio agiografico comune ad altri santi valdelsani (il miracolo dell'inesauribile arca di fave come quello dell'acqua di fonte trasformata in vino si ritrova ad es. anche nella vita di Verdiana di Castel Fiorentino) che qui illustra un tipo di santità chiericale desueto, anche se non isolato in Val d'Elsa, terra di antica e compatta organizzazione parrocchiale. La filiazione francescana di D., presentato da Domenico da Prato come seguace di Lucchese da Poggibonsi, come anche le sue presunte origini semifontane, rispondono del resto più all'esigenza di nobilitare D. che alla realtà storica, visto che il mito di Semifonte è servito più di una volta nella storia della Val d'Elsa a dar lustro a qualche lignaggio emergente. Rafforza l'ipotesi dell'appartenenza di D. al clero secolare anche la mancanza di una vita antica, perché, mentre i mendicanti, spesso più colti del semplice clero secolare, non trascuravano normalmente di corroborare un culto con una più precisa documentazione agiografica, questo si accontentava di solito del possesso di un corpo santo oggetto poi di devozione locale.
Resta da chiedersi perché, dopo tanto silenzio, nel primo Cinquecento a Barberino si sia sentito il bisogno di commissionare la redazione di una vita di cui per tanti anni non si era sentita la necessità. Le precisazioni in tal senso addotte dall'autore non esulano dal consueto: "ad laudem" e "commemorationem" di D., caro alla devozione dei Barberinesi, che ne conservano gelosamente il corpo nella chiesetta di S. Lucia dell'Ajale e ne festeggiano con tanta solennità la festa, ma che non potendo usufruire di nessuna memoria scritta rischiano di disperdere il patrimonio parenetico e il ricordo delle gesta del loro beato. Ma dietro a queste motivazioni, causa non ultima dell'incombenza affidata a Domenico da Prato, dovette essere il tentativo di mantenere in vita la vecchia rettoria 19 un periodo di contrazione del reticolo parrocchiale extraurbano e rurale, dando nuovo impulso al culto del Davanzato. Nella prima metà del XVI secolo, comunque, l'antica chiesetta di S. Lucia dell'Ajale fu soppressa e le sue funzioni parrocchiali vennero trasferite nell'omonima chiesa all'intemo del castello di Barberino. P, questo il segno della decadenza dell'area di Casciano che deve aver vissuto il suo momento più significativo, anche dal punto di vista demografico, agli inizi del XIII secolo (grazie all'esodo forzato da Semifonte) e di cui D. rappresentò in qualche modo la identità storica. Con l'assimilazione della parrocchia, Barberino ereditò anche il culto del suo antico rettore che d'ora in avanti sarà il patrono di quel castello.
In questa veste D. godette di un culto ininterrotto, che venne mantenuto desto dai parroci di S. Lucia (pur nel succedersi delle vicende interne della parrocchia, a sua volta soppressa ed annessa a S. Lucia al Borghetto di Tavamelle nel 1787, con il conseguente sollevamento dei Barberinesi che vedevano minacciato il possesso del corpo del loro beato) e da una schiera di devoti cultori di glorie patrie che avrebbero via via accresciuto il patrimonio delle biografie del D., ricamando attorno alle scarne notizie del più antico biografo.
Nel XIX secolo questa tradizione sfociò nella richiesta della conferma ufficiale del culto che l'episcopato fiorentino accordò nel 1824, riconoscendone l'esistenza "ab immemorabili". Gli incartamenti di quel processo sono andati perduti e dal momento che essi erano prevalentemente costituiti dai documenti parrocchiali originari, è andata perduta anche la benché tardiva documentazione locale. Nel primo decennio del '900, per interessamento del parroco di San Pietro in Bossolo, don Carlo Taccetti, si ripresero le pratiche per ottenere il riconoscimento apostolico del culto.
Nel 1913 si aprì un nuovo processo diocesano (i cui atti sono conservati presso l'Archivio arcivescovile fiorentino) che sarebbe continuato fino al 1917, dopo di che, il 23 novembre di quell'anno, si istruì in Roma iI processo apostolico, destinato tuttavia ad arenarsi in seguito alla morte di don Taccetti, principale propugnatore della canonizzazione di Davanzato.
Indifferente alle legittimazioni curiali la popolazione di Barberino continuò a tributare al suo patrono gli onori ormai sanciti dalla tradizione: la sua festa, celebrata in antico nell'amiversario della morte (7 luglio) è stata trasferita alla prima domenica di luglio. Ogni cinque anni, sostituendo l'antica scadenza triennale, si svolgono feste solenni con grande affluenza anche dalle contrade limitrofe, e in questa occasione vengono esposte le reliquie di D. in una processione solenne che tocca l'abitato e le campagne di Barberino, ivi compresa l'antica sede della parrocchia, da tempo ridotta ad edificio colonico.
Fonti e Bibl.: Il testo latino della vita di D., opera di Domenico da Prato, è pubblicato in Acta sanctorum Iul. 11, XI, Antverpiae 1721, pp. 524-29 (Bibl. hagiogr. lat., I, Bruxelles 1898, p. 917, nn. 2104 s.) e porta il titolo datogli dai Bollandisti De beato Davanzato Confessore Barberini in Etruria. Da esso dipendono la prima traduzione ital. del 1634 e il compendio edito dal Razzi. Cfr. inoltre: Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Mgl. XXXVIII. 137 (1634), cc. 1r-3v: Vita del beato D. da Barberino di Val d'Elsa (traduzione della vita di Domenico da Prato dedicata ad un parroco di Barberino in carica dal 1501, pervenutaci in copia); Ibid., ibid., cc. 6r-9v: (Sacra rappresentazione recitata in piazza di Barberino tra venti personaggi reali e allegorici); Ibid., II, IV. 280, Carte Strozziane n. 1241 (1670), cc. 99r-101v (copie dai protocolli di ser Bartolo di ser Benincasa da Barberino); Firenze, Archivio provinciale dei frati minori, ms. 339A: A. Tognocchi da Terrinca, Più Vite di santi e sante, beati e beate, servi e serve di Dio regolari della provincia osservante di Toscana, I,cc. 401-11; Barberino Val d'Elsa, Archivio parrocchiale, C. Taccetti, Vita del b. D., parroco di Barberino in Val d'Elsa narrata per corrispondenza epistolare da don Carlo parroco fiorentino (1910-11), incompleta; Ibid., G. Valdarni, Ilb. D. Brevi cenni di vita (dattiloscritto senza data); Firenze, Archivio arcivescovile, Processo diocesano (1913-17); S. Razzi, Delle vite dei santi e beati toscani, parte II, ovvero quelle che mancano nel libro I delle Vite de' santi e beati toscani dei quali infino ad oggi comunemente si ha cognizione, Firenze 1601, pp. 37 ss.; V. Ruffignani, Vita del b. D. da Barberino di Val d'Elsa, Firenze 1659; E. Gamurrini, Istoria geneal. delle famiglie celebri toscane ed umbre, III,Firenze 1673, p. 239; Z. Rovai, Vita del beato D. da Barberino in Val d'Elsa, Firenze 1719 (2 edizione della vita già pubblicata dal Ruffignani nel 1659); G. M. Brocchi, Le vite dei santi e beatifiorentini, II, Firenze 1752, pp. 1, 325; 111, ibid. 1761, pp. 5 ss., 24, 325; D. M. Manni Le veglie piacevoli, Firenze 1577, p. 3; G. Lami, Sanctae Ecclesiae Florentinae monum., Firenze I 758, III pp. 732 ss.; Compendio della vita del beato D., Colle Val d'Elsa 1830; Delle lodi del beato D. di Barberino di Val d'Elsa, s. n. t.; L. Santoni, Notizie storiche riguardanti le chiese dell'archidiogesi di Firenze, Firenze 1847, p. 344; L. Biadi, Memorie del piviere di San Pietro in Bossolo, Firenze 1848, pp. 204, 209, 211-21; L. Santoni, Guida sacra alle feste principali che si celebrano nelle chiese dell'archidiogesi fiorentina, Firenze 1854, p. 59; A. Neri, Vita dei beato Lucchese, Assisi 1890, pp. 70-74 ss.; P. Leone, Aureola serafica. Vite dei santi e beati dei tre ordini di s. Francesco, Quaracchi 1898-1900, III, p. 17; L. Biadi, Vita del beato D., Firenze 1901; L'Unità cattolica, 29 apr. 1911 (pubblico voto fatto per il riconoscimento del culto del santo); M. Cioni, La Valdelsa, Firenze 1911, pp. 107 s.; F. M. Paolini, Il beato D., parroco e terziario di s. Francesco e il suo culto immemorabile, Roma 1912; F. Pratelli, Storia di Poggibonsi, Poggibonsi 1929, 1, pp. 161-65; L. Wadding, Annales minorum, Quaracchi 1931, 1, pp. 157 s.; J. Beschin-G. Palazzolo, Martyrologium franciscanum, Roma 1938, p. 282; Acta Ordinis Fratrum Minorum, LXXVI (1957), p. 152; G. Valdarni, Semifonte e l'antica comunità di Barberino in Val d'Elsa, Firenze 1964, p. 39; C. C. Calzolai, Messer Francesco da Barberino nel VII centenario della nascita, Firenze 1964, pp. 13 s.
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