DATTILO e Versi dattilici
Il dattilo è un piede di tre sillabe appartenente al genere uguale, perché il tempo forte (arsi), formato da una lunga, ha la stessa durata del tempo debole (tesi), formato da due brevi. Le due brevi sono talvolta rappresentate da una lunga. Quindi il dattilo -⌣⌣ può essere sostituito dallo spondeo dattilico --. L'arsi del dattilo fu sciolta in due brevi quasi unicamente nei carmi lirici. Errano i grammatici antichi nel ritenere proceleusmatiche ⌣⌣⌣⌣ certe forme dattiliche, come abiete (Aen., II, 16), tenuia (Georg., I, 397), ove l'-i- e l'-u-, diventando consonanti, fanno posizione con la consonante precedente e in conseguenza allungano la vocale iniziale, onde si ha abjete =-⌣⌣, tenvia = -⌣⌣.
Incerta l'origine di δάκτυλος, dacty̆lus, che significa propriamente dito". Forse, siccome il ritmo si segnava anche battendo un dito, con δάκτυλος fu indicato il metro per eccellenza, quello da maggior tempo e più largamente adoperato in poesia.
I dattili sono talora misurati per monopodia, quando ogni piede forma un metro: così esametro è il verso di sei piedi dattilici. Talaltra, e in ispecie nelle parti liriche del dramma greco, è ammessa la misura per dipodia. Quest'ultima misura è giustificata dal fatto che la serie di piedi dattilici è inserita in serie metriche di natura diversa, misurate per dipodia: così la tetrapodia acataletta di Sofocle, Elettra, 166: -⌣⌣-⌣⌣, -⌣⌣-⌣⌣ viene considerata un dimetro, non un tetrametro.
Membri dattilici. - I membri (cola) dattilici (cioè la serie di piedi dattilici che non terminano in sillaba indifferente, syllaba anceps, e non possono essere in iato con la serie seguente, come accade invece nelle serie che formano un verso) sono i seguenti:
Dipodie. - a) Dipodia acataletta, cioè completa, detta metrum hymenaicum, perché inserita negl'inni nuziali: -⌣⌣-⌣⌣. Non si trova usata che tra le tetrapodie (dimetri) nei sistemi dattilici del dramma. Talora la dipodia dattilica acataletta assume forma spondaica (----) in mezzo a serie dattiliche di cui conserva il ritmo.
b) Dipodia cataletta in duas syllabas (cioè uscente in due sillabe invece di tre), conosciuta sotto il nome di verso adonio (v.); -⌣⌣-⌣̅. Come clausola di serie dattiliche, ne manteneva senza dubbio il ritmo. E ritmo dattilico conservava nella strofa saffica (v.), dove spesso è unita per sinafia all'endecasillabo precedente. I dubbî in proposito sono nati dall'opinione inesatta che in una serie ritmica di un genere non possa inserirsi una serie ritmica di altro genere (cfr. Lenchantin, in Riv. di filologia, VII, 1930, p. 235). Forma di adonio assumono anche proverbî e sentenze (γνῶϑι σεαυτόν, βοῦς ἐπὶ ϕάτνῃ). Nella tarda poesia latina l'adonio fu anche trattato quale verso a sé.
Tripodie. - a) Tripodia acataletta, detta metrum simonideum, hemidexium, hemiepes. Non sembra fosse usata che quale elemento di verso maggiore: -⌣⌣--̮-̮-⌣⌣.
b) Tripodia cataletta in duas syllabas: --̮-̮-⌣⌣-⌣̅. La tripodia di due dattili puri e uno spondeo -⌣⌣-⌣⌣-- si diceva ῥυϑμὸς κατ' ἐνόπλιον, perché accompagnava le danze dei guerrieri in armi. Cotesto ritmo enoplio deve essere distinto dall'enoplio lirico (⌣̲)-⌣⌣-⌣⌣- (⌣̲). La forma ---⌣⌣-⌣̲, che coincide, per la successione delle sillabe brevi e lunghe, con il verso eolico chiamato ferecrateo o ferecrazio (da cui i trattatisti moderni lo vogliono distinto per ragioni simili a quelle già ricordate per l'adonio), funge da clausola dei cola dattilici.
c) Tripodia cataletta in syllabam: -⌣⌣-⌣⌣-. È usata come membro o colon dell'esametro dattilico e come primo e secondo membro del pentametro elegiaco. Inoltre è proodo (προῳδός) o epodo (ἐπῳδός), cioè colon più breve precedente o seguente un verso maggiore con cui si congiunge intimamente in composizione distica, come in Orazio, Odi, IV, 7.
Tetrapodie. - a) Tetrapodia acataletta: -⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣. È detta anche metrum alcmanicum secondo l'uso alessandrino di denominare i versi dal poeta che se ne riteneva l'inventore. Metro alcmanico è chiamata, per motivo analogo, anche la tetrapodia catalettica in syllabam. La tetrapodia acataletta fu usata mista con altri metri o in serie continuate nella tragedia greca e latina.
b) Tetrapodia cataletta in duas syllabas: -⌣⌣--̮-̮-⌣⌣-⌣̲. Si chiamò metrum archilochium, giacché Archiloco per il primo l'usò come epodo. Come epodo fu pure adoperata da Orazio che sostituì liberamente il dattilo con lo spondeo. Con la sostituzione dello spondeo nella 2ª e 4ª sede, servì da clausola nei sistemi dattilici del dramma. Anacreonte l'usò con soli dattili come verso continuato.
c) Tetrapodia cataletta in syllabam: -⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣⌣̲. Detta essa pure metrum alcmanicum, si trova qua e là nei canti drammatici. I tardi poeti latini l'adoperarono come verso continuato.
Pentapodie. - a) Pentapodia acataletta: -⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣. È detta anche meirum simonideum, e spesso è dubbio se sia un colon oppure un verso. Talvolta senza cesura regolare, pare specialmente adatta all'espressione del dolore che tormenta senza posa.
b) Pentapodia cataletta in duas syll.: -⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-⌣̲. usata spesso dai poeti drammatici greci e non mancano esempî latini. Nell'età alessandrina Simmia l'usò κατὰ στίχον, sostituendo ai due dattili finali due spondei (metro simmieo).
c) Pentapodia cataletta in syllabam: -⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-. Fu usata raramente e intercalata tra cola trocaici.
Versi dattilici. - I versi dattilici propriamente detti, in quanto, a differenza dei membri o cola, ammettono la sillaba ancipite finale e l'iato con il verso seguente, sono:
a) Esametro dattilico (v. esametro).
b) Esametro acatalettico: -⌣⌣-⌣⌣--̮-̮-⌣⌣-⌣⌣-̮-̮-. È detto hexametrum Ibycium e, oltre che in Ibico, si trova sporadicamente nel dramma greco, non già come verso, ma quale membro (colon) di periodi dattilici.
c) Esametro lirico: -⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣--. Terpandro mise in musica anche esametri. Alcmane nei Partenî usò pure l'esametro. Pochi esempî di serie continuate di esametri si hanno nella tragedia. Le cesure nell'esametro lirico sono meno regolari che non nell'esametro eroico e forse vennero trascurate a ragione veduta.
d) Esametro miuro (μείουρος, a coda accorciata, μείων οὐρά): -⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣-⌣⌣⌣⌣̲. Invece del trocheo o dello spondeo ha, nell'ultimo piede, un giambo o un pirrichio che produce una brusca interruzione nel fluire del ritmo.
e) Pentametro: --̮-̮--̮-̮-∥-⌣⌣-, ⌣⌣⌣̲. In realtà, con la scansione indicata, non è un pentametro, bensì un esametro composto di due tripodie dattiliche catalette in syllabam. Nella prima dipodia i dattili possono essere sostituiti da spondei. La cesura è fissa. Il nome di pentametro si basa sulla scansione verosimilmente già adottata da Ermesianatte e seguita da Quintiliano: --̮-̮, --̮-̮, -∥-, ⌣⌣-, ⌣⌣⌣̲.
La clausola più regolare del pentametro latino è la disillabica. Dai latini è anche evitata con cura la clausola superiore a tre sillabe, che invece è comune in greco. L'elisione è rara nel secondo emistichio. L'iato e la syllaba anceps sono esclusi nella chiusa del primo membro o colon.
f) Sistemi dattilici. Sono costituiti da numerosi cola di tetrapodie e dipodie senza iato e sillaba ancipite alla fine del membro o colon. I piedi sono dattili e spondei e si succedono senza alcuna soluzione di continuità sino alla fine del periodo metrico. I sistemi dattilici furono usati talvolta da Euripide (per esempio, Fenicie, v. 1402 segg.).
g) Strofe dattiliche. S'incontrano in Alcmane e in Stesicoro oltre che nella tragedia e nella commedia. Il corpo della strofa è composto di tetrapodie e di esapodie. Serie di giambi e di trochei servono sovente da epòdo o clausola della strofa.
Per il distico elegiaco, v. distico.
Bibl.: F. Zambaldi, Metrica greca e latina, Torino 1882; P. Masqueray, Traité de métrique grecque, Parigi 1899; P. Maas, griechische Metrik, in Einleitung in die Altertumswissenschaft di A. Gercke e E. Norden, I, vii, Lipsia 1929 (ristampa con aggiunta di una breve appendice).