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DATTARO, Giuseppe, detto Pizzafuoco

di Giovanni Rodella - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 33 (1987)
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DATTARO, Giuseppe, detto Pizzafuoco

Giovanni Rodella

Cremonese d'origine, figlio dell'architetto Francesco, nacque intorno al 1540. Con il padre il D. collaborò, intorno al 1580, al parziale rinnovamento di ambienti interni della cattedrale di Cremona. Nel 1583, invitato a Guastalla da Ferdinando II Gonzaga, diresse gli interventi di ampliamento delle fortificazioni che, secondo le intenzioni del principe, avrebbero dovuto includere anche la preesistente rocca. Il D. non portò comunque a termine l'impresa, in quanto il Gonzaga, non soddisfatto probabilmente del suo operato, sembra averlo congedato già l'anno dopo, sostituendogli l'architetto G. B. Clerici.

Nella prospettiva di più ampie possibilità d'intervento e di una più prestigiosa carriera, nel 1590 il D. assunse la carica di prefetto delle fabbriche del duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga. Costui, che si era fatto promotore di un cambiamento del personale e nello stesso tempo di un radicale mutamento dell'indirizzo artistico della corte, fino ad allora spiccatamente romano, si rivolse a lui in particolare, quasi a voler sancire un nuovo orientamento per l'ambiente e gli artisti di provenienza padana. Verso la fine del 1590 il D. fu costretto a far ritorno a Cremona, richiamato da altri temporanei impegni, e a lasciare la direzione delle costruzioni al pittore di corte I. Andreasi; solo nel marzo del 1592 poté riprendere servizio a Mantova riassumendo la sua carica che mantenne ancora per tre anni; in tale periodo fu affiancato dal concittadino A. M. Viani, il quale ricopriva il ruolo di primo pittore di corte.

L'attività mantovana dei D., svoltasi purtroppo in un arco di tempo troppo breve per essere oggi pienamente valutata, s'incentrò soprattutto sulla progettazione di alcune residenze gonzaghesche extraurbane, alcune delle quali scomparse, come i palazzi di Quingentole, nell'Oltrepò mantovano, e del borgo di San Giorgio. Il D. fornì pure i primi disegni di una palazzina, presso Marmirolo, tuttora esistente.

L'edificio, abbastanza basso e situato al centro di un vasto parco, detto della Fontana, adibito un tempo a tenuta di caccia della corte, rivela nel rivestimento esterno "alla rustica" e nelle logge a tre archi che si aprono su ciascuna delle due facciate, reminiscenze tipiche di Giulio Romano (palazzo Te); l'opera fu completata in seguito, in modo non dei tutto conseguente, dallo stesso Viani.

Al D. si attribuisce inoltre l'impostazione del vastissimo ambiente della galleria della Mostra di palazzo Ducale; anche tale opera fu in seguito conclusa dal Viani, il quale ne completò gli esterni sull'omonimo cortile. Documentati sono poi alcuni interventi idraulici, effettuati dal D. nel corso del 1593, a palazzo Te. La carriera mantovana del D. s'interruppe improvvisamente nell'aprile del 1595 a seguito di una denuncia sporta al Gonzaga da alcuni funzionari di corte. Dopo un breve periodo di carcere, l'architetto ritornò definitivamente a Cremona dove riprese la sua attività alla, fabbrica del duomo di cui, nel 1580, era stato nominato curatore, insieme ad Antonio Campi: nel 1596 presentò i disegni dei restauri da apportare alla cappella di S. Benedetto e l'anno seguente il progetto per l'altare della cappella del Sacramento, realizzato poi su disegno del pittore G. B. Trotti. Al D. fu assegnato anche il progetto della libreria di S. Agostino. Assai problematica, data la mancanza di precisi riferimenti documentari, rimane l'attribuzione di importanti edifici tardorinascimentali cremonesi, tra cui i palazzi Affaitati (1561-70) e Vidoni, che solamente poche fonti riferiscono all'artista, e le chiese di S. Carlo, di S. Lucia e di S. Omobono (facciata). Una delle poche opere che gli si possono sicuramente attribuire è fl complesso dell'ospedale e della chiesa di S. Alessio, oggi non più esistente; il disegno autografo del prospetto della chiesa, datato 1580, rivela un'impostazione per alcuni aspetti analoga a quella delle chiese suddette: la facciata era scandita verticalmente in tre parti da due ordini di lesene di cui il secondo, poggiante su una sporgente trabeazione, inquadrava una serliana. Attende ulteriore conferma anche la sua partecipazione ad un concorso per il progetto della parrocchiale di Rovato, in territorio bresciano.

Il D. morì a Cremona all'età di 79 anni, il 22 febbr. 1619 (Zaist, 1774, II).

Fonti e Bibl.: Cremona, Bibl. governativa, e Bibl. civica, Dep. Bibl. civica BB-7.8: V. Lancetti, Biografia cremonese (schede niss.); G. Bresciani, La virtù ravivata de' cremonesi insigni [1625], a c. di R. Barbisotti, III, Bergamo 1975, pp. 39 s.; G. B. Zaist, Notizie istor. dei pittori, scultori ed archit. cremonesi, Cremona 1774, 1, p. 250; 11, p. 170; 1. Affò, Istoria della città e ducato di Guastalla, III,Guastalla 1787, p. 77; G. Grasselli, Abecedario biogr. dei pittori, scultori ed archit. cremonesi, Milano 1827, p. 114; F. Sacchi, Notizie pittor. cremonesi, Cremona 1872, pp. 199, 204; L. Lucchini, Ilduomo di Cremona..., II,Mantova 1894, pp. 141 s.; I. Camelli, Ilpal. Affaitati nuova sede del Museo Civico, in Cremona, 1929, pp. 979 s.; A. Mossina, Storia di Guastalla, Guastalla 1936, p. 37; A. Veniuri, Storia dell'arte ital., XI,3, Milano 1940, pp. 571, 581; A. Puerari, La Pinacoteca di Cremona, Cremona 1951, p. 20; A. Peroni, in Storia di Brescia, II,Brescia 1961, p. 850; A. Puerari, Ragguaglio delle arti, in Tuttitalia, Lombardia, II,Firenze 1963, pp. 690 s.; G. C. Bascapé-C. Perogalli, Palazzi priv. in Lombardia, Milano 1964, p. 249; E. Marani, Architettura, in Mantova. Le arti, III, Mantova 1965, ad Ind.; L. Grassi, Provincie del barocco e del rococò. Milano 1966, pp. 169, 171; E. Marani, in Palazzi e ville del contado mantovano, Firenze 1966, p. 6; G. Paccagnini, Il palazzo ducale di Mantova, Torino 1969, pp. 172, 176; C. Perogalli-M. G. Sandri, Ville delle provincie di Mantova e Cremona, Milano 1973, pp. 74 s.; M. L. Ferrari, La "maniera de' Campi cremonesi" a Torre Pallavicina, in Annali della Scuola normale super. di Pisa, classe di lettere e filosofia, s. 3, IV (1974), 3, p. 806; M. Fantarelli, L'istituzione dell'ospedale di S. Alessio in Cremona (1559-1600)..., in Annali della Bibl. statale e Libreria civica di Cremona, XXVI (1974), pp. 18 s.; G. Cirillo-G. Godi, Contributi ad Antonio Campi, ibid., XXVI/2 (1975), p. 36; G. Lucchi F. Voltini, Itinerari d'arte in provincia di Cremona, Cremona 1975, pp. 24, 46, 50, 66, 98, 132; Scaloni dei pal. cremonesi dal XVI al XX sec., Cremona 1981, p. 12; F. Voltini, Ilpal. dei Vidoni in Cremona, in Attività di commercio nella Cremona dell'Ottocento. Mostra documentaria, Cremona 1982, pp. 10-13; M. R. Palvarini-C. Perogalli, Castelli dei Gonzaga, Milano 1983, p. 109; P. Bonometti, Carlo Borromeo e Cremona, in Quaderni di storia e arte cremonese, 1984, n. 1, pp. 1821; L. Goi, Palazzo Affaitati- Ugolani Dati: dalla costruzione ai giorni nostri, in Pal. Affaitati.... Il nuovo Museo Civico, a cura di A. Piva, Milano 1984, pp. 34 s.; A. Scotti, Arch. e cantieri: una traccia per l'architettura cremonese del Cinquecento, in ICampi e la cultura artistica cremonese del Cinquecento (catal.), Milano 1985, pp. 378 ss.

Vedi anche
Andreasi, Ippolito, detto l'Andreasino Andreasi ‹-ʃi›, Ippolito, detto l'Andreasino. - Pittore e incisore (Mantova 1548 circa - ivi 1608); formatosi sugli esempî di Giulio Romano e probabilmente alla scuola di Lorenzo Costa il giovane, risentì poi soprattutto del Parmigianino, come si vede nell'unica sua opera firmata e datata, un'Annunciazione ... Vincènzo I Gonzaga quarto duca di Mantova Vincènzo I Gonzaga quarto duca di Mantova. - Figlio (n. 1562 - m. 1612) di Guglielmo, salì al trono nel 1587. Sposò (1581) Margherita Farnese, che poi ripudiò per sterilità, unendosi a Eleonora de' Medici (1584). Con un'abile politica seppe conquistarsi le simpatie sia del popolo sia dei principi stranieri, ... Giùlio Romano Giùlio Romano. - Nome con cui è noto il pittore e architetto Giulio Pippi (Roma 1492 o 1499 - Mantova 1546), il più fedele allievo di Raffaello. Collaborò ai cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina (1515) ed eseguì affreschi nella stanza detta dell'Incendio di Borgo, nelle Logge Vaticane (1517-19, ... Cremona Comune della Lombardia (70,4 km2 con 71.998 ab. nel 2008) e capoluogo di provincia. Di forma ellittica, circondata dai bastioni, antiche mura ora in gran parte demolite, si estende presso la riva sinistra del Po in mezzo a una piatta e bassa pianura, ed è l’ultimo centro notevole che s’incontra discendendo ...
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détto
detto détto agg. e s. m. [lat. dĭctus, dĭctum]. – 1. In funzione di participio, oltre agli usi di dire, sono da notare le frasi: è presto d., si fa presto a dire, non è cosa tanto facile come sembra; propriamente d.; così d. (v. cosiddetto);...
détta
detta détta s. f. [der. di dire, part. pass. detto]. – 1. Atto del dire, cosa detta, nella locuz. a detta di ..., a detta sua e sim., cioè «secondo ciò che dice ...»: a detta di tutti; a detta di chi se ne intende; a detta degli esperti....
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