QUERCI, Dario
– Nacque a Messina il 12 novembre 1831 da Pacino e da Nicoletta Fiumara. Iniziò giovanissimo l’apprendistato con Antonino Bonanno e poi sotto la guida di Nicola Miller (Molonia, 1998, p. 210).
Le cronache dell’epoca riferiscono che partecipò ai moti del 1848, come artigliere-disegnatore, e che incitava i suoi concittadini alla rivoluzione contro i Borboni mostrando quadri allegorici come manifesti di propaganda (Accascina, 1939). Negli anni Cinquanta scriveva d’arte su riviste e giornali, come La Lucciola e L’Eco peloritano (Nuccio, 1996, pp. 281, 300 nota 9). Fra il 1851 e il 1853 studiò con Michele Panebianco e occasionalmente dava consigli ed effettuava correzioni, insieme al maestro, sui disegni del giovanissimo Antonino Salinas, anche lui apprendista nella stessa bottega (ibid., pp. 298, 313 nota 136).
Nel 1854, con Panebianco, grazie a un sussidio del comune di Messina, si recò a Roma, dove iniziò a frequentare gli artisti puristi e nazareni, come lo scultore Pietro Tenerani (ibid., pp. 282, 301 note 23-24). La critica sottolinea soprattutto l’importanza della frequentazione dell’ambiente dell'École de France, influenzato dalla pittura di Jean-Auguste-Dominique Ingres (Bongiovanni, 2007, p. 159). Nel 1856 dipinse Federico II d’Aragona divide il pane agli assediati messinesi (Agrigento, collezione privata; Nuccio, 1996, pp. 282 s., 302 nota 26, tav. 114). Prese parte alla spedizione dei Mille. Nel 1861 fu presente all’Esposizione italiana agraria, industriale e artistica di Firenze, come risulta dal relativo catalogo. Nel 1864, da quanto si apprende dall’epistolario con lo storico palermitano Isidoro La Lumia, era domiciliato in via S. Giuseppe Capolecase 48 a Roma, città che definiva la sua seconda patria (ibid., p. 292). Nello stesso anno partecipò all’Esposizione della Società promotrice di belle arti di Palermo con alcune opere fra le quali si segnala l’olio su tela Riposo in Egitto, influenzato dalla pittura raffaellesca (Ragusa Ibla, duomo di S. Giorgio; Nuccio, 1996, pp. 284, 303 nota 38). Sempre nel 1864 si recò a Siracusa a visitare gli scavi archeologici, e a Militello, dove grazie a Corrado Arezzo De Spuches, barone di Donnafugata, ebbe modo di ammirare una terracotta di Luca della Robbia e altre opere d’arte.
Con l’amico La Lumia commentava le abitudini dei restauratori contemporanei, non esimendosi da puntuali critiche, e mostrando interesse per i materiali e per il recupero dell’arte antica. Erano interessi condivisi da altri pittori siciliani, come Giuseppe Meli (Franco, 2009), con il quale Querci era in buoni rapporti (Nuccio, 1996, pp. 293, 308 nota 95, 310 nota 115).
Nel 1866 realizzò S. Giorgio libera la principessa (Ragusa Ibla, duomo di S. Giorgio; ibid., pp. 284, 303 nota 42) e L’incontro di Dante e Beatrice (Palermo, Civica galleria d’arte moderna Empedocle Restivo), presentato alla XXV Esposizione della Società promotrice di belle arti di Torino dello stesso anno (ibid., pp. 285, 304 note 43, 45 s.).
Nel catalogo della mostra venne riportato il famoso verso tratto dalla Vita Nuova di Dante, del quale l'opera costituisce l’interpretazione pittorica: «Mostrasi sì piacente a chi la mira, / Che dà per gli occhi una dolcezza al cuore, / Che ’ntender non la può, chi non la prova». Da una lettera di Querci si apprendono la lunga gestazione del quadro (10 disegni e 4 bozzetti) e lo sforzo dell’artista di tradurre sulla tela «quella Beatrice dalle cui labbra si muoveva uno spirito soave che andava dicendo all’anima sospira» (ibid., p. 294), secondo uno splendido verso di Dante citato con qualche piccola imperfezione dal pittore, ma rivelatore della sua sensibilità letteraria.
Nel 1869 cercava di ottenere qualche commissione dal comune di Palermo, scrivendo all’amico La Lumia. Si lamentava delle ristrettezze economiche che lo costringevano a terminare opere sulle quali aveva lavorato per molti mesi, ma che avrebbe gradito di poter perfezionare ulteriormente (ibid.). Nel 1871 si trovava a Messina, e per lettera, ancora una volta, si lamentava con La Lumia di non aver potuto studiare come avrebbe voluto, né potuto fare i viaggi di studio necessari alla sua arte, essendo privo di una pensione comunale e di commesse da parte della sua città natale (ibid., pp. 296 s., 298, 312 nota 133).
Nel 1873 venne nominato membro e poi segretario della Commissione giudicatrice dell’Esposizione romana di piazza del Popolo, ruolo che ricoprì con un certo vanto, come emerge dalle sue parole (ibid., p. 305 nota 56). Nello stesso anno dipinse Cola di Rienzo in S. Giorgio in Velabro, opera che, con il titolo L’aringa del tribuno, fu presente all’Esposizione universale di Vienna del 1873, dove fu premiata con una medaglia d’oro, ma rimase senza compratore (ibid., pp. 286, 305 note 57-58). Nel 1874, per la mancanza di commissioni dalla sua città natale, invano invocate, e per le ristrettezze economiche, accettò malvolentieri la cattedra di professore di disegno aggiunto presso il Regio Istituto di belle arti di Roma (ibid., pp. 287, 305 note 59-60). Sempre nel 1874 dipinse Alboino re dei Goti e l’origine dello stemma di famiglia (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea; ibid., pp. 287, 306 nota 61, tav. 119), di cui esiste anche un bozzetto (collezione privata; ibid., tav. 118). Dopo il 1874 andò ad abitare in via Margutta, celebre strada degli artisti romani (ibid., pp. 288, 306 nota 66).
Negli anni che seguirono l’Unità d’Italia, Querci si dedicò alla ritrattistica ufficiale di casa Savoia. Nel 1878 dipinse i ritratti di Umberto I e di Margherita di Savoia su commissione del comune di Messina e un altro ritratto del re per l’Ente della Provincia (opere tutte di ubicazione ignota; Giacobbe, 2011, pp. 86, 90 note 5-6). A partire dalla fine degli anni Settanta, come si evince da alcune lettere, era in buoni rapporti con lo scultore Ettore Ferrari, al quale restò legato fino agli ultimi anni (Roma, Archivio centrale dello stato, Fondo Ettore Ferrari: b. 35, f. 1313, D. Querci, Lettera a E. Ferrari, luglio 1879; Id., Lettera a E. Ferrari, 1917). Nel 1881 dipinse il grande olio su tela Proclamazione della Costituzione repubblicana in Campidoglio (Roma, collezione Renata Boccanelli).
L’opera è uno dei tipici esempi di pittura celebrativa dei valori risorgimentali. La descrizione dell’abbigliamento delle varie classi sociali è minuziosa e la luce contribuisce a rendere tutto chiaramente leggibile per l’osservatore. I protagonisti sono al centro, con la fascia tricolore: Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi, membri del triumvirato che diresse la Repubblica Romana. Accanto a loro, con il cappello levato al cielo, e la bandiera stretta al fianco, Angelo Brunetti, più famoso come Ciceruacchio (Arangio, 2010; Nuccio, 1996, pp. 288, 306 nota 70).
Intorno al 1882 dipinse il Ritratto di Umberto I (Palermo, Museo del Risorgimento), tipica prova di ritrattistica ufficiale realizzata attraverso il cosiddetto realismo fotografico: il soggetto veniva descritto nei minimi dettagli anatomici, per stupire il pubblico e mostrare la perizia tecnica della quale era capace l’artista. Nel 1882 realizzò l’olio su tela Ritratto di donna (Messina, Museo regionale; Nuccio, 1996, pp. 289, 307 nota 74, tav. 123), nel quale, secondo la critica, libero dai condizionamenti della ritrattistica ufficiale, riuscì a stemperare l’impostazione purista con un’interpretazione appena più sensuale della figura femminile (ibid., p. 289). Nel 1884 dipinse il Ritratto del duca Pio Grazioli (Roma, Accademia di S. Luca), sempre con il medesimo stile impiegato per i ritratti dei nobili, apprezzatissimo dalla committenza (Giacobbe, 2011, p. 86). Nel 1891 firmò e datò un altro olio su tela intitolato Ritratto di Umberto I di Savoia, basandosi su una fotografia ufficiale probabilmente di un anno prima (ibid., pp. 86-88). Nel medesimo anno eseguì un altro Ritratto di Margherita di Savoia (entrambi a Messina, Camera di commercio, restaurati nel 2008), anche esso eseguito probabilmente sulla base di una fotografia ufficiale (ibid., pp. 88 s.). Nel 1895 entrò a far parte della Reale accademia peloritana (Nuccio, 1996, pp. 291, 307, nota 89).
Morì a Roma l’8 aprile 1918 (Giacobbe, 2008, p. 13).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Fondo Ettore Ferrari, b. 35, f. 1313, D. Querci, Lettera a E. Ferrari, luglio 1879 (datata a matita probabilmente dal destinatario); Id., Lettera a E. Ferrari, 1917.
D. Querci, Lettera ad Agostino Jacobini, Roma 30 novembre 1866, in A. Jacobini, La Madonna dell’anello di Leonardo da Vinci, Roma 1873, pp. 3-16; G. Pitrè, Di alcuni nuovi dipinti di D. Q., Palermo 1867; M. Accascina, Ottocento siciliano, Roma 1939, p. 151; A. Nuccio, D. Q. Vita e opere, tesi di laurea, Università degli studi di Messina, aa. 1988-89 (con bibliografia e documenti); G. Molonia, D. Q., in Gli anni dimenticati. Pittori a Messina tra Otto e Novecento (catal.), a cura di G. Barbera, Messina 1998, pp. 210 s. (con bibliografia); G. Barbera, Q. D., in La pittura in Italia. L’Ottocento, Milano 1991, II, pp. 980 s. (con bibliografia); G. Bongiovanni, Q. D., in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. Pittura, II, Palermo 1993, pp. 437 s.; A. Nuccio, D. Q. pittore di storia, in La Diana, II (1996), pp. 280-313 (con bibliografia, e documenti); Appendice. Carteggio D. Q. - Isidoro La Lumia, ibid., pp. 292-299; S. Regonelli, in Romantici e Macchiaioli. Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea, a cura di F. Mazzocca, Milano 2005, p. 152 nota 12 (con bibliografia); A. Villari, D. Q., scheda dell’opera, in Galleria nazionale d’arte moderna. Le collezioni. Il XIX secolo, a cura di E. di Majo - M. Lafranconi, II, Milano 2006, p. 90; G. Bongiovanni, Ottocento siciliano: inediti di D. Q. e Natale Attanasio, in Scritti di storia dell’arte in onore di Teresa Pugliatti, a cura di G. Bongiovanni, Roma 2007, pp. 158-163 (con bibliografia); L. Giacobbe, Profilo di D. Q. (1831-1918), in Fine Ottocento: il restauro dei dipinti di D. Q. con Umberto I e Margherita di Savoia nelle collezioni della Camera di commercio di Messina, a cura di L. Giacobbe, Messina 2008, pp. 9-14 (con bibliografia nelle note); G. Salpietro, Una goccia nel mare. Il restauro di due opere del pittore messinese D. Q., in Karta, III (2008), 2, p. 9; F. Franco, Meli Giuseppe, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXIII, Roma 2009, pp. 288 s.; S. Arangio, Bernardo D. Q., scheda dell’opera, in Il risorgimento a colori. Pittori patrioti e patrioti pittori nella Roma del XIX secolo (catal.), Roma 2010, pp. 118 s.; L. Giacobbe, Opere d’arte della Camera di commercio di Messina. Ottocento e primo Novecento, I, Messina 2011, pp. 83-90.