PANTANELLI, Dante.
– Nacque a Siena il 4 gennaio 1844 da Enrico, avvocato, e da Carlotta Petrucci.
Nel 1848 il padre e il fratello maggiore, Antonio, furono arrestati con l’accusa di aver partecipato ai moti rivoluzionari di Toscana. Durante il processo Enrico fu prosciolto, poiché non fu accertato il suo coinvolgimento, mentre Antonio fu trattenuto in carcere. Ne uscì solo nel 1853. Una seconda incriminazione del padre per cospirazione obbligò la famiglia all’esilio. Così, nel 1849 Pantanelli si trasferì con la famiglia a Il Cairo dove, in seguito, fu avviato agli studi ginnasiali presso le scuole pubbliche francesi. Morto il padre, nel 1860, e liberata la Toscana dai Lorena, fece ritorno in Italia con la madre. Quindi, completato il liceo presso il collegio Tolomei di Siena, si iscrisse a scienze fisiche e matematiche all’Università di Pisa, entrando alla Scuola normale.
A Pisa frequentò anche le lezioni di mineralogia e geologia di Giuseppe Meneghini. Si laureò con lode il 18 luglio 1865. A un mese dalla laurea ottenne l’insegnamento di fisica presso il Regio liceo di Cagliari, incarico che, nel 1866, abbandonò per unirsi come volontario al seguito di Garibaldi nella campagna per la 'redenzione' del Trentino.
Sciolto il Corpo volontari italiani e conclusasi la terza guerra d’indipendenza, nell’agosto del 1866, riprese l’insegnamento a Cagliari. Vi rimase fino al settembre del 1869, quando fu trasferito presso il liceo di Spoleto, dove ottenne la docenza di fisica e storia naturale.
Il 14 ottobre 1870 si unì in matrimonio con la senese Emma Bianciardi; quindi, nel 1873, si spostò a Siena. Qui, abbandonando l’insegnamento della fisica per quello della matematica, avviò anche le prime ricerche in ambito geologico. Nel 1874 fu nominato direttore del museo di mineralogia e geologia della Regia Accademia dei Fisiocritici, carica che mantenne fino al 1882.
Le attività di studio e riordino delle collezioni museali gli consentirono di pubblicare i primi lavori di geologia (Dei terreni terziari intorno a Siena, in Atti della Reale accademia dei Fisiocritici, s. 3, 1877, vol. 1, pp. 259-265; Manufatti litici della provincia di Siena, in Bullettino di paletnologia italiana, 1877, vol. 3, pp. 12-18).
Intraprese successivamente una serie di ricerche, accompagnate da osservazioni al microscopio, sui resti micropaleontologici delle formazioni calcaree e dei diaspri della Toscana (I diaspri della Toscana e i loro fossili, in Atti della Reale Accademia dei Lincei. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 3, 1880, vol. 8, pp. 35-66; Note microlitologiche sopra i calcari, ibid., 1882, vol. 12, pp. 387-396).
Tali indagini furono apprezzate per il rilievo scientifico a tal punto da essere premiate dalla Reale Accademia dei Lincei. I diaspri, infatti, erano ancora considerati da diversi studiosi rocce filoniane o, quantomeno, metamorfiche. Le osservazioni condotte da Pantanelli, accertando l’inclusione di resti fossili di radiolari, contribuirono a dimostrarne l’origine sedimentaria. Gli studi effettuati in quel periodo lo spinsero ad approfondire anche la conoscenza geo-paleontologica dei terreni senesi, a cui, nel 1877, aveva già dedicato una raccolta bibliografica (Bibliografia geologica e paleontologica della Provincia di Siena, Siena 1877).
Nel 1875 strinse un duraturo rapporto di collaborazione con Carlo De Stefani, con cui realizzò uno studio sui molluschi pliocenici del Senese (Molluschi pliocenici dei dintorni di Siena, in Bullettino della società malacologica italiana, 1878, vol. 4, pp. 5-215). Nello stesso anno fu nominato segretario della Società malacologica italiana, con sede a Pisa e di cui fu primo presidente Meneghini (1874). La sua elezione favorì il rinnovamento della Società; mise infatti in opera la pubblicazione di un bollettino di malacologia, che ospitò diversi suoi contributi. Tra il 1878 e il 1880 pubblicò diverse memorie paleontologiche sui terreni terziari della Toscana, tra cui: Sul pliocene dei dintorni di Chianciano (in Bollettino del Regio comitato geologico d’Italia, 1878, vol. 9, pp. 10-19) e Molluschi post-pliocenici dei travertini della provincia di Siena (in Bullettino della società malacologica italiana, 1879, vol. 5, pp. 152-163).
Nel 1882 giunse la nomina a professore di mineralogia e geologia all’Università di Modena. Durante il soggiorno modenese, si interessò soprattutto allo studio della conformazione geo-paleontologica dell’Appennino emiliano e settentrionale, a cui dedicò diversi lavori. Le indagini sulle formazioni plioceniche dei rilievi appenninici lo indussero a occuparsi anche della storia geologica della Valle Padana, a proposito della quale suggerì l’ipotesi secondo cui il Po, in tempi recenti (colonizzazione romana), dovesse scorrere più a sud e sfociare nell’Adriatico presso Ravenna (Fossa angusta o fossa Augusta. Questione pliniana sul corso del Po, in Bollettino della Reale Società geografica, s. 5, 1913, vol. 2, pp. 597-612).
Gli studi coevi sulle molasse ofiolitiche appenniniche che, in relazione alle osservazioni di Arturo Issel e Lucio Mazzuoli, giudicò essere masse intrusive in acque marine di magma ad elevata temperatura (Sulle così dette molasse ofiolitiche nell’Appennino settentrionale, in Atti della Società italiana di scienze naturali, 1912, vol. 51, pp. 86-98), furono preceduti dalle indagini sui depositi miocenici di calcari e marne a radiolari della val di Cecina e del Modenese (Calcari a radiolarie dell’Appennino modenese e reggiano, in Atti della Societa dei naturalisti di Modena. Rendiconti delle adunanze, s. 3, 1883, vol. 1, pp. 67-70; Radiolarie negli schisti silicei di Montecatini in Val di Cecina, in Atti della Società toscana di scienze naturali. Processi verbali, 1885, vol. 4, pp. 168-170). Illustrò la continuità e l’estensione di questo orizzonte. Ne sottolineò, così, il valore stratigrafico, escludendone la formazione in acque di mare profondo. Suppose, infatti, che l’origine dei depositi a radiolari potesse essere messa in relazione con il Mediterraneo miocenico e le correnti marine provenienti dall’oceano tropicale di sud-est.
Tra il 1883 e il 1894, diede alle stampe diversi contributi sulla malacofauna, vivente e fossile, del Senese e dell’Emilia. L’interesse verso i terreni miocenici e pliocenici permise inoltre la pubblicazione della Monografia degli strati pontici del Miocene superiore nell’Italia settentrionale e centrale (Modena 1886). Le raccolte di campioni, condotte in quegli anni di esplorazioni sul campo, consentirono di ampliare e arricchire le collezioni del museo geologico dell’Università di Modena.
Si occupò altresì di mineralogia e si dedicò allo studio del petrolio emiliano, già oggetto di interesse nella seconda metà dell’Ottocento. Esaminandone la giacitura, notò come gli idrocarburi, indipendentemente dallo stato fisico, tendessero a oltrepassare le argille eoceniche e si concentrassero negli strati calcarei dell’Oligocene. Constatò anche che solo in rari casi potessero essere rinvenuti nei livelli superiori del Miocene medio e del Pliocene, così come risultassero completamente assenti nelle vicinanze delle più potenti masse serpentinose. La loro presenza sembrava essere, invece, maggiore alla base del più alto sollevamento eocenico dell’Appennino settentrionale, dove prevalevano le fontane ardenti, e sotto la Pianura padana, dove identificò vere e proprie riserve di sorgenti petrolifere. Ritenne il petrolio emiliano essere dello stesso tipo di quello dell’Europa orientale. I campi di maggiore estensione furono individuati nel Piacentino e, specialmente, nei comuni di Montechino e Velleia. Riguardo all’origine del petrolio, ne rifiutò la natura organica, suggerendone la formazione minerale o inorganica. Fu consulente scientifico e promotore delle imprese petrolifere emiliane.
Tra i molteplici interessi scientifici, non trascurò infine lo studio delle variazioni di livello e dell’andamento delle acque sotterranee, con particolare attenzione al territorio dell’Emilia. Si occupò, inoltre, dei fattori responsabili della salienza delle acque artesiane, che attribuì alla pressione esercitata dai materiali sovrastanti; teoria messa in dubbio da Augusto Stella e dallo stesso De Stefani.
Morì a Modena il 2 novembre 1913.
Ricevette numerosi incarichi e riconoscimenti. A Modena fu consigliere comunale dal 1887 al 1904. Fu preside della facoltà di scienze e direttore della scuola di farmacia dell’Ateneo modenese. Nel 1867 fu eletto membro della Regia Accademia dei Fisiocritici di Siena. Fu anche membro e presidente dell’Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena. Figurò tra i soci fondatori della Società geologica italiana; ne fu il primo segretario e presidente nel 1897. Dal 1910 fece parte del Regio Comitato geologico italiano. Partecipò altresì alla Commissione per la carta geognostica-idrologica della valle del Po.
Opere. Oltre quelle citate nel testo: Orografia pliocenica e quaternaria dei dintorni di Scandiano, in Atti della Società dei naturalisti e matematici di Modena, s. 3, 1886, vol. 3, pp. 53-60; Paesaggio pliocenico dalla Trebbia al Reno, ibid., 1892, vol. 11, pp. 12-36; Sulle variazioni di livello delle acque sotterranee in Modena, in Bollettino della Società geologica italiana, 1897, vol. 16, pp. 319-323; Andamento delle acque sotterranee nei dintorni di Modena, in Memorie dell’Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena, s. 3, 1903, vol. 5, pp. 45-97; A proposito della salienza delle acque artesiane, Perugia 1904 (estr. da Giornale di geologia pratica, II (1904), n. 5); Le origini del petrolio, in Bollettino della Società geologica italiana, 1906, vol. 25, pp. 796-802; Il petrolio emiliano, in Atti della Società ligustica di scienze naturali e geografiche, 1907, vol. 18, pp. 105-115; Ricerche sul petrolio emiliano, in Memorie della Reale Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena, 1910, vol. 10, pp. 352-385.
Fonti e bibl.: C.F. Parona, D. P., in Bollettino del Regio comitato geologico d’Italia, 1914, vol. 44, pp. 82-100; C. De Stefani, D. P., in Bollettino della società geologica italiana, 1914, vol. 33, 2, pp. 33-38.