DE BLASI, Dante
Nacque il 25 ott. 1873 a Uggiano La Chiesa, in provincia di Lecce, da Cesario e Maria Consiglia-Varardi. Nel 1893, anno in cui conseguì la licenza liceale, vinse fra molti concorrenti il primo premio nella gara nazionale per lo scritto italiano, indetta dal ministro della Pubblica Istruzione G. Baccelli fra i licenziati degli istituti liceali, tecnici e nautici: presidente della commissione esaminatrice era G. Carducci. Si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Roma e ivi si laureò, con lode, nel 1899: per la sua tesi di laurea, su un difficile argomento di embriologia, gli fu assegnato il premio Girolami.
Durante il servizio militare, prestato a Roma come ufficiale medico, poté compiere esperimenti di profilassi meccanica contro la malaria presso le guarnigioni dei forti transtiberini.
Nel 1902 iniziò la carriera universitaria e fu per un anno assistente volontario presso la clinica pediatrica di Roma. Sentendosi naturalmente attratto verso la microbiologia e l'igiene, nel 1903, in seguito a concorso, entro come assistente nell'Istituto d'igiene. Già nell'anno successivo fu nominato aiuto ordinario e conseguì la libera docenza in batteriologia: fu quindi incaricato, primo in Italia, dell'insegnamento di questa disciplina negli anni accademici dal 1905 al 1920. In tal modo egli fondò la sua attività di igienista su solide basi scientifiche e microbiologiche. Nel 1920 fu nominato, per concorso, professore straordinario d'igiene nell'università di Cagliari, ma nel capoluogo sardo insegnò solo per un anno, poiché nel 1921 fu chiamato a dirigere la cattedra di igiene della facoltà di medicina di Napoli. Nominato professore ordinario in tale sede nel 1924, vi rimase fino al 1935. Negli anni della sua permanenza nell'università di Napoli diede inizio all'insegnamento delle malattie esotiche e tropicali, istituì il primo insegnamento di un corso speciale di igiene per laureandi in chimica e farmacia e fu direttore della scuola di farmacia e membro del Senato accademico. Nel 1935 fu chiamato dalla facoltà medica di Roma a succedere nella direzione della cattedra di igiene a G. Sanarelli e di tale cattedra fu titolare fino al 1° nov. 1943, al raggiungimentodei limiti di età. Nel 1944 fu nominato professore emerito di igiene dell'università di Roma.
Riesce difficile esporre l'opera scientifica dei D. tanto essa fu vasta: non vi e forse stato campo dell'igiene in cui egli non abbia apportato, con la sua grande cultura ed esperienza, il contributo di chiare e precise interpretazioni. Di grande importanza scientifica, furono le sue ricerche nel campo della sierologia e della immunologia.
Fondamentali risultarono i suoi studi sul fenomeno della agglutinazione. Il D. mise per primo in evidenza il "fenomeno della zona intercalare di inibizione o della zona muta", che porta ancora oggi il suo nome: egli dimostrò infatti che, analogamente al fenomeno paradosso già osservato in alcuni immunsieri invecchiati, anche in sieri freschi di malati recenti di febbre tifoide l'elevato titolo di anticorpi poteva paradossalmente inibire la reazione di agglutinazione, determinandone quindi la negatività. Questa scoperta ebbe notevole valore teorico e pratico in quanto l'ignoranza dei fenomeno era causa di gravi errori diagnostici (Ricerche sulle agglotinine del tifo, in Ann. d. Ist. di igiene sper., XIII [1903], pp. 593-621, con De Berardinis); il fenomeno fu confermato, negli anni successivi, da diversi autori, anche stranieri.
Inserendosi nella controversia allora in atto fra vari autori circa la individuazione dei microrganismo causa della dissenteria, il D. studiò i vari stipiti e i rapporti tra Bacilluni coli dysentericum di Celli e le due varietà di Shiga-Kruse e di Flexner e concluse, fra lo scetticismo generale, che la dissenteria batterica poteva essere provocata da più varietà di germi: questa sua tesi fu in seguito dimostrata corretta e largamente accolta (Studio comparativo di alcuni stipiti di Bacillum dysentericum, in Anzi. d. Ist. di igiene sper., XIV [1904], pp. 1-27).
Sempre nel 1904si dedicò allo studio dei virus filtrabili e fu il primo a tentare in campo oncologico la riproduzione di una neoplasia inoculando animali con filtrati preparati da soggetti della stessa specie portatori del tumore (Contributo alla conoscenza dei virus filtrabili, ibid., pp. 365-392). Con una ricerca di notevole rilevanza sulla rabbia poté dimostrare, indipendentemente da P. Remlinger, la filtrabilità del virus rabico ela presenza dei corpi del Negri nei corni d'Ammone di conigli in cui era stato inoculato il filtrato contenente il virus (La filtrazione del virus della rabbia, ibid., pp. 603-605). Brillanti risultati ottenne in un suorigoroso studio, condotto con A. Celli, sulla agalassia contagiosa delle pecore: riuscì a riprodurre gli inconfondibili segni della malattia, con le sue caratteristiche localizzazioni, inoculando il filtrato del latte di ovini malati nel dotto galattoforo della mammella, nelle grandi articolazioni e nella camera anteriore dell'occhio di pecore sane (Etiologia della agalassia contagiosa delle pecore e delle capre, ibid., XVI [1906], pp. 257-299).
Ancora, studiò il passaggio degli anticorpi nel latte e il loro assorbimento intestinale e condusse importanti esperimenti sulle autovaccinazioni nelle manifestazioni suppurative e in malattie da virus filtrabili (Passaggio degli anticorpi nel latte e assorbimento intestinale, ibid., pp. 545-576; Ricerche su vaccino misto, tifo, Paratifo B e colera, in Boll. d. R. Acc. medica di Roma, XLII [1971], p. 234; Autovaccinazione in malattie da virus filtrabili, in Ann. d. Ist. di igiene sper., XIX [1909], pp. 717-726).
In quegli anni molto si discuteva sulla natura delle aggressine rispetto alle opsonine: il D. se ne occupò e sperimentando in cavia con il bacillo tifico e bacterium coli riuscì a dimostrare mediante la dialisi che è nella frazione albuminica che si concentrano le aggressine, mentre le tossine sono sia in quella albuminica che in quella globulinica. Constatò, ancora, che le aggressine inibiscono la fagocitosi attivata dalle opsonine e che l'antagonismo tra le due sostanze non ha carattere di proporzionalità (Natura delle aggressione rispetto alle opsonine, ibid., XVIII [1908], pp. 79-90.
Altro argomento di dibattito fra i ricercatori dell'epoca era la possibilità di diagnosi sierologica della malaria: investigando con il metodo della deviazione del complemento il D. giunse a conclusioni negative (Deviazione del complemento nella malaria, ibid., XVII [1907], pp. 677-688).
Nello stesso periodo alcuni autori avevano notato una alta positività della reazione di Wassermann in soggetti malarici, vale a dire l'esistenza di falsi positivi per la lue; altri ricercatori, fra cui lo stesso A. von Wassermann, negavano recisamente tale possibilità affermando che non si poteva escludere che quei soggetti fossero comunque affetti da sifilide latente clinicamente indimostrabile. In base ad accurate ricerche condotte con estrema precisione e competenza, il D constatò che su 90 soggetti non malarici e non sifilitici la reazione di Wassermann era sempre negativa, mentre su un ugual numero di soggetti affetti da malaria ma sicuramente non da sifilide, ben in 46la reazione risultava positiva. Si occupò, inoltre, in quello stesso periodo della reazione di Wassermann in generale, puntualizzando alcuni aspetti importanti della metodica, quali l'importanza della temperatura per la conservazione degli antigeni e nei riguardi degli aggruppamenti micellari; dimostrò inoltre che il fenomeno paradosso non sempre era dovuto, come si pensava, a inconvenienti tecnici, ma qualche volta era da imputare a proprietà intrinseche del siero.
Notevoli contributi apportò con le sue ricerche anche nel campo della ematologia dedicandosi, come molti ricercatori dell'epoca, allo studio delle emolisine secondarie nella malaria umana e nella piroplasmosi degli animali domestici (Emolisine nella piroplasmosidegli animali domestici, ibid., XVI [1906], pp. 537-544). A conferma delle indagini precedenti non gli riusci di trovare sostanze seriche con potere isoernolitico; poté invece ottenere un estratto acquoso con potere emolitico dalla poltiglia corpuscolare ricca di parassiti, separata dal siero e ben lavata. Restava ancora da chiarire se le sostanze attive fossero di origine parassitaria o derivassero dalle ernazie parassitate. Durante queste ricerche incontrò non lieve difficoltà: le emazie di cane (animali che facilmente ammalavano di piroplasmosi) si conservavano male nella comune soluzione fisiologica, che ne determinava una cospicua emolisi. Il D. fu allora costretto a cercare una nuova soluzione isotonica per le emazie di cane e la trovò, dopo parecchi tentativi, in una miscela di cioruro di sodio e saccarosio, che ovviava quasi del tutto all'inconveniente osservato. E fu proprio questa ricerca che gli diede lo spunto per due importanti osservazioni: la prima sul potere emotossico del saccarosio e dei cloruro di sodio sulle emazie del cane; l'altra sul comportamento delle emazie stesse in diverse miscele isotoniche delle due sostanze suddette. Arrivò, infatti, a dimostrare un fatto di notevole interesse scientifico circa i rapporti quantitativi esistenti fra la concentrazione osmotica di una sostanza e il suo potere emolitico, cioè che l'effetto emolitico è direttamente proporzionale al quadrato della concentrazione di quella sostanza.
Nel campo più specifico dell'igiene e dell'epidemiologia, il suo nome rimane legato alla brillante opera prestata nel 1912ad Albano Laziale: la cittadina, insieme alla vicina Genzano, fu colpita da una grave epidemia di febbre tifoide, di cui non si riusciva a scoprire l'origine. La notevole intuizione, la salda preparazione scientifica, l'estremo rigore e precisione del metodo consentirono al D. di dimostrame in maniera esauriente l'origine idrica, per l'inquinamento dell'acqua potabile conseguente alle alterazioni verificatesi in un giunto a monte delle due cittadine (Sopra un'epidemia di febbre tifoide di origine idrica, ibid., XXII [1912], pp. 397-433); Alterazioni verificatesi in un giunto di condutture di acqua potabile, ibid., XXIII [1913], pp. 131-148). Per questa importante ricerca, quando nel 1923 a Strasburgo partecipò alla Esposizione internazionale scientifica per il centenario della nascita di Pasteur, ricevette la più alta distinzione possibile, il Diplóme de hors concours, riconoscendo la commissione giudicatrice che quella fu veramente l'unica epidemia di febbre tifoide di cui era stata interamente ed esaurientemente dimostrata l'origine idrica.
Durante la sua brillante carriera ricoprì numerose cariche: fu accademico dei Quaranta, accademico d'Italia dal 1929 fino alla soppressione dell'istituzione, dal 1936 socio nazionale dell'Accademia dei Lincei e accademico, segretario della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali; fu membro della Accademia pontificia delle scienze e socio dell'Accademia Pontaniana di Napoli. Nel 1933 fu nominato membro della Deutsche Akademie der Naturforscher e nel 1937 fu l'unico italiano insignito da detta accademia della medaglia "Chotenius". Membro del Consiglio superiore di sanità, ne fu presidente dal 1934 al 1943; fu anche presidente del Comitato per la medicina del Consiglio nazionale delle ricerche, presidente della Commissione centrale per le specialità medicinali. Molte altre ancora furono le cariche da lui ricoperte.
Fu apprezzato collaboratore di numerosi periodici italiani e stranieri, fra i quali Annali di igiene, di cui fu direttore dal 1938 al 1943. Igiene moderna, Giornale di batteriologia e immunologia, Giornale di parassitologia, Revue internationale de la vaccine.
Morì a Roma il 10 luglio 1956.
Fonti e Bibl.: Necroi. in Bollettino di oncologia, XXX (1956), pp. 5 s., 569-74; in Nuovi annali di igiene e microbiologia, VII (1956), pp. 243 s.; in Boll. e atti d. Acc. medica di Roma, LXXIX (1956-57), pp. 31-37; in Arti d. Acc. naz. dei Lincei, rend. della classe di scienze fis., matem. e naturali, s. 8, CCCLIV (1957), pp. 675-79; P.Capparoni, Lezioni di storia della medicina, Bologna 1935; A. Assi, Il prof. D. D. commemorato a Lecce, sua terra natale, in Minerva medica, 24 nov. 1956, n. 94; A. Pazzini, La storia della facoltà medica di Roma, Roma 1961, p. 481; I. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Aertze, I, p. 129; Encicl. Ital., III, App., I, p. 469.