ALDERIGHI, Dante
Nacque a Taranto il 7 luglio 1898 da Raffaello e Maria Cardellicchio. La grande passione da lui mostrata per la musica fin dalla prima infanzia determinò il trasferimento della famiglia Alderighi a Roma, dove dal 1908 il ragazzo poté iniziare lo studio del pianoforte sotto la guida di Giuseppe Mancini. Il 19 febbr. 1909 già dava il suo primo concerto all'Hôtel Excelsior di Roma, a favore dei terremotati di Messina; vi eseguì musiche di Haydn, Beethoven, Chopin, Čajkovskij, Grieg e Sgambati, riscuotendo grande successo di pubblico e critica. Nel settembre 1909 fu invitato a Taranto per un concerto al nuovo teatro Alhambra, da poco inaugurato, dove la sua esibizione fu particolarmente apprezzata. Il programma del concerto comprendeva il Rondò capriccioso di Mendelssohn, la Sonata in sol maggiore di Beethoven, la Danza di Anitra di Grieg, la Fantasia di Chopin, Le Réveil de fées di Prudent e la Parafrasi di Liszt sul Rigoletto di Verdi. Il ritorno a Roma dell'A. ebbe estrema importanza per il proseguimento degli studi pianistici con Giovanni Sgambati; i rapporti tra i due, caratterizzati da grande stima e devozione, saranno testimoniati da un articolo dello stesso A., pubblicato sulla rivista Italia nuova del 14 genn. 1945; vi si afferma tra l'altro il valore dello Sgambati come testimonianza che la musica strumentale era presente in Italia, nonostante il predominare del melodramma.
Su consiglio dello stesso Sgambati, l'A. si recò a Lipsia negli anni 1911 e 1912, per perfezionarsi nel pianoforte con Robert Teichmüller e per lo studio della composizione con Stephan Krehl. Nel 1914 rientrò a Roma dove continuò a studiare composizione con Setaccioli fino al 1916; in seguito si trasferì a Firenze ove divenne allievo di Ernesto Consolo, che sostituì poi come insegnante al conservatorio nel 1921.
Nel 1924 l'A. insegnò pianoforte e canto corale nell'Istituto internazionale di Monte Mario a Roma; si trasferì poi fino all'anno successivo a Venezia, dove completò gli studi di composizione con Francesco Malipiero.
Diede numerosi concerti a Firenze, Napoli, Lucerna, Bagni di Casciana e Roma dove il 19 febbr. 1916 all'Augusteo aveva già eseguito il Concerto in la minore di Grieg, diretto da B. Molinari, e dove l'8 apr. 1927, alla sala accademica di S. Cecilia, sotto la direzione di Alfredo Casella, interpretò assieme ad Oskar Adier, Mario Castelnuovo Tedesco e Virgilio Mortari la parte per pianoforte di Noces, opera per soli, coro, quattro pianoforti e strumenti a percussione di Igor Stravinskij. Sempre alla sala accademica di S. Cecilia l'A. eseguì e diresse spesso sue composizioni: Cantico delle creature di s. Francesco (14 marzo 1924), Sonatina (17 genn. 1930), Filastrocche per tenore e orchestra (31 maggio 1931). Partecipò inoltre come compositore alle mostre di musica contemporanea a cura del Sindacato nazionale fascista dei musicisti, organizzate a S. Cecilia il 30 maggio 1930 ed il 4 apr. 1933, presentando il Quartetto ed Il ritorno del crociato. Del concerto dato al teatro Argentina l'11 apr. 1954 scrive il critico Mario Rinaldi: "Al secondo concerto, con un "Divertimento per pianoforte e orchestra", ha preso parte il pianista Dante Alderighi il quale ha confermato le sue qualità di chiaro e colto compositore che fa intelligente tesoro delle passate esperienze. Anche come esecutore, l'Alderighi ha incontrato il pieno favore del pubblico".
L'attività compositiva dell'A. non fu da meno, sia per quantità sia per qualità, di quella concertistica. È del 1923 la pubblicazione del primo lavoro, Inno delfico ad Apollo, e del 1934 quella degli undici Preludi, del Cantico delle creature di s. Francesco, dell'Introduzione, aria e finale, del Quartetto (tutti pubblicati a Roma dall'editore Pittaluga) e della Prima Suite (Firenze). Con l'Ouverture breve per orchestra, pubblicata nel 1936 a Milano da Suvini, l'A. vinse il premio San Remo del 1937. Nel 1939 musicò cinque liriche di Massimo Bontempelli: Voluttà, Amore, L'aquila prega, Angeli, L'albero; l'anno seguente pubblicò il Secondo Concerto per pianoforte (Milano); il Primo Concerto, composto nel 1944, rimane tuttora inedito. Nel 1950 compose una Toccata per pianoforte ed un Divertimento per flauto e pianoforte (Milano), nel 1951 vinse il premio internazionale bandito dalla radiotelevisione francese con Filastrocche, composizioni per voci bianche (pubblicato a Parigi dalle Editions françaises de musique); scrisse in seguito altri brani per l'infanzia: Tre cantilene (Milano 1953), Tre indovinelli (ibid. 1954), Tre canti fanciulleschi (ibid. 1954), Pezzi infantili (ibid. 1955). Pubblicò inoltre Omaggi per archi e pianoforte (ibid. 1957), L'album delle maschere (ibid. 1958), la trascrizione per pianoforte di sei Madrigali di Monteverdi (Firenze 1960), ed Il poney della Pampa (Milano 1961). Il desiderio di un più stretto legame della musica con altre forme artistiche stimolò l'A. a scrivere anche musica per film; a tale proposito affermava: "Perché come la decorazione, l'illustrazione e il ritratto sono oggi malauguratamente divisi dal resto della pittura, così anche in musica la danza, il cinema e l'operetta hanno perduto quello stretto contatto di un tempo col genere sinfonico e da camera … Chiusa in una torre d'avorio, la maggior parte della musica contemporanea logora e macera se stessa in un astrattismo che l'allontana dalla vita" (La Nuova Europa, 24 dic. 1944).
Il carattere compositivo dell'A. si stacca nettamente da quello della scuola pianistica romana degli inizi del secolo, sia per la ricerca di nuove soluzioni armoniche (quali ad esempio: dissonanze tra note a distanza di seconda minore, o date contemporaneamente allo stato naturale e alterato, come in alcuni brani della Prima Suite), sia per il distacco dalla tradizione romantica tedesca, che ebbe infatti larga influenza sulla produzione strumentale italiana precedente e contemporanea. Lo stile dell'A. si distingue per semplicità e scorrevolezza, specie nella scrittura pianistica, e per l'estrema concisione e schematicità, tali da farlo avvicinare alle forme costruzionistiche del "Gruppo dei sei" francese e di Ravel. Si vedano ad esempio la Toccata per pianoforte, basata su brevi sezioni melodiche in progressione cromatica, il Preludio n. 4 con stessa sezione ritmica variata ogni volta armonicamente, ed ancora il Preludio n. 11, dove la melodia è riproposta continuamente con diversi tipi di accompagnamento.
L'A. continuò nel frattempo l'attività didattica, insegnando al conservatorio di S. Cecilia a Roma dal 1935 sino a pochi mesi dalla morte, avvenuta il 12 dic. 1968.
Importante fu l'amicizia da lui stretta con Massimo Bontempelli che lo incoraggiò ad interessarsi di critica musicale; collaborò infatti alla stesura delle rubriche musicali delle riviste La Nuova Europa, Paese sera e L'Italia nuova. Fu anche consulente musicale in alcune edizioni del Festival di musica contemporanea di Venezia. L'attività di critico musicale permise all'A. di tenersi sempre aggiornato sulla produzione italiana e straniera contemporanea, e soprattutto di considerarla strettamente legata alle esigenze del repertorio concertistico e del gusto del pubblico; egli riconobbe l'impegno dei musicisti italiani nello sforzo di rinnovamento culturale aperto alle esperienze straniere e nel consolidamento del terreno esplorato dalle avanguardie, pur mantenendo la propria individualità artistica; per altro verso egli contestò la carente organizzazione della vita concertistica romana del secondo dopoguerra: "siamo ricaduti nel repertorio più tradizionale. Intanto la vita musicale langue, e il pubblico restio a frequentare i concerti, compresi quelli diretti da De Sabata con Beethoven in programma, mentre il pullulare delle iniziative a carattere culturale sta assumendo una strana aria rionale che se per un verso è simpatica, per un altro è la dimostrazione della mancanza di un vero e rigoglioso centro musicale, come ai suoi bei tempi era l'Accademia di Santa Cecilia" (La Nuova Europa, 6genn. 1946). In questo secondo periodo della sua vita, caratterizzato soprattutto dall'attività didattica e critica, sposò Giovanna Fratini (1940) ed ebbe due figli, Massimo e Maria Letizia.
L'essere stato l'A. degno di particolare considerazione sia come interprete e concertista, sia come maestro e critico, ha notevolmente contribuito a dare un singolare valore unitario a tutta la sua opera ed a rendere particolarmente incisivo il suo peso nella vita musicale italiana di questo secolo.
Bibl.: Oltre alle notizie biografiche cortesemente fornite dalla famiglia, vedi: Regia Accademia Santa Cecilia. I concerti dal 1895 al 1933, Roma 1933, II, pp. 158, 292, 365 s., 466 s., 487, 523, 581; M. Rinaldi, I concerti all'Accademia nazionale di Santa Cecilia, in Santa Cecilia, III (1954), n. 2, p. 3; A. Giovine, D. A. musicista tarantino, Bari 1971; G. Peluso, D. A. concertista e compositore italiano, in L'Arengo, IV (1981), pp. 185-202. V. anche: A. De Angelis, Diz. dei musicisti, Roma 1928, I, p. 24; II, p. 20; Encicl. della musica Rizzoli Ricordi, I, p. 46.