SOLARO, Daniele (Daniello). – Nacque intorno al 1649 da Carlo e da Giovanna Casella. Gli indizi per stabilire l’anno di nascita (poiché la data 1634 citata dal biografo Carlo Giuseppe Ratti risulta errata) sono contenuti in due documenti: un atto del 1667 in cui è dichiarata la minore età (ossia ancora inferiore ai venticinque anni) e un documento del 26 novembre 1676 in cui Daniele risulta di circa ventisette anni (Alfonso, 1985, p. 238 nota 36)
Il padre, originario di Carona, era a capo a Genova di una fiorente bottega di scultura che «non poco [...] a’ suoi tempi prevalse» (Ratti, 1762, 1997, c. 62v). La madre era beneficiaria, in qualità di pronipote, dell’ottava parte della cospicua eredità di Daniele Casella fu Antonio, ricco scultore attivo in città nella prima metà del secolo. La prematura morte di Giovanna, entro il 1656, consentì a Daniele di acquisire i diritti ereditari materni, come ricordano i più antichi documenti noti sulla sua vita, risalenti all’autunno del 1661 (Belloni, 1988, p. 156).
Il 1° luglio 1668 Daniele si unì in matrimonio con Francesca Maria Trivulzio, figlia della nipote prediletta dello scultore Tomaso Orsolino (ibid.). Tra il 1670 e il 1691 è registrata la nascita di nove figli, tra i quali tuttavia non compare quel Gaetano che avrebbe fornito a Ratti, negli anni Sessanta del secolo successivo, le informazioni necessarie per la stesura della biografia di Solaro (p. 162 nota 4).
La narrazione della giovinezza dello scultore, sebbene sia tratteggiata da Ratti con dettagli facilmente confutabili (Boccardo, 1988, p. 208), fornisce le coordinate che orientarono la sua produzione futura: Daniele apprese i rudimenti dell’arte dal padre Carlo, completò la formazione con un viaggio a Roma e perfezionò il suo gusto operando accanto allo scultore francese Pierre Puget, più volte presente a Genova nei suoi stessi anni di attività (Ratti, 1762, 1997; Id., 1769).
Se l’emancipazione dal padre avvenne al termine del 1676 (Alfonso, 1985, p. 238 nota 36), Daniele non si precluse la partecipazione a imprese autonome in date anteriori. Il giovane si specializzò presto, nonostante la bottega di famiglia fosse dedita alla produzione di scultura di quadro, nella realizzazione di elementi statuari. Nel settembre del 1675 era al lavoro per tre busti – destinati, e tuttora lì conservati, al palazzo dei Giustiniani sito nell’omonima piazza genovese –, opere che testimoniano il linguaggio di un artista aggiornato sui canoni della scultura romana coeva (Bruno, 2011, pp. 163-165). L’11 aprile 1676 Daniele ricevette il saldo per la realizzazione di ottanta sculture destinate alla «Galleria del real palazzo di Madrid» (Alfonso, 1985, p. 237 nota 36). Delle opere di tale commissione, ottenuta l’anno precedente insieme ad artisti quali Honoré Pellé e Bernardo Falcone, non resta oggi traccia (Silva Maroto, 1995, p. 207-209).
Negli anni successivi il padre continuò a servirsi del talento del figlio, chiamandolo ad arricchire, con elementi di figura, le strutture marmoree messe in opera dalla sua bottega. Nel 1677 Carlo dichiarò che il frontespizio della cappella Invrea nella chiesa della Ss. Annunziata del Vastato era stato decorato da suo figlio «con putti e cartellami» (Franchini Guelfi, 2005, p. 53). Ancora insieme al padre Daniele dovette attendere alla realizzazione dell’altar maggiore della chiesa di S. Sebastiano a Pavia, di cui già Ratti lamentava la demolizione (1762, 1997, c. 63r).
Il 12 novembre 1680 Carlo Solaro stese il suo testamento e nominò Daniele, insieme al cognato Michele Scala, erede del suo «negotio di bottega» (Labò, 1922, p. 342). Morto il padre il 4 dicembre, Daniele assunse l’onere della gestione di numerosi cantieri già avviati. Tra questi si annoverano le numerose cappelle nella chiesa del Vastato (Franchini Guelfi, 2005, pp. 48-54) e alcuni lavori nella chiesa delle Vigne (Alfonso, 1991, pp. 29 s., 35, 48 s.). Lì Daniele lasciò la sua opera più celebrata: una monumentale pala marmorea raffigurante i Ss. Giovanni Battista e Rocco che intercedono per le anime del Purgatorio, dove «la grazia del Puget con la morbidezza del Bernino in singolar maniera vi risplendono» (Ratti, 1769, p. 107).
Il 9 gennaio 1681 ricevette l’incarico di realizzare i quattro rilievi marmorei per il presbiterio della cattedrale di Valencia raffiguranti rispettivamente S. Pasquale Baylon, S. Francesco Borgia, il Martirio dei ss. Bernardo, Maria e Grazia, il Martirio di s. Eugenio (Boccardo, 1988, p. 209). In quello stesso anno intraprese l’attività, già paterna, di commerciare marmi grezzi per la corte di Francia. Forse per questa ragione, il primo settembre 1681 prese in dotazione «un sito» tra i ponti Calvi e Spinola del porto genovese (Elenco dei documenti..., 1861, p. 12). Problemi subentrati nella prima spedizione costrinsero Daniele a recarsi a Parigi, dove rimase dall’aprile al giugno del 1682 (Fabbri, 2008, p. 69).
Tra le opere che Daniele scolpì per le riviere, secondo il biografo «tante, che chi tutte anoverar le volesse, non verrebbe mai a capo» (Ratti, 1762, 1997, c. 63r), si contano la cappella del Ss. Sacramento per la chiesa dei Ss. Giacomo e Filippo di Taggia, commissionata il 27 aprile 1683 (Alfonso, 1985, pp. 235 s.), come l’altar maggiore della parrocchiale di Arenzano, per la messa in opera del quale egli assunse l’incarico il 17 settembre 1691 (p. 238).
Dal 1691 si registrano, con una certa costanza, pagamenti per lavori nella chiesa di S. Luca a Genova (Toncini Cabella, 2004, p. 138), culminati con l’impegno, nel 1698, della costruzione dell’altar maggiore, per il quale Filippo Parodi avrebbe dovuto scolpire il complesso statuario dell’Immacolata (Alfonso, 1985, p. 161).
Non trovano riscontro documentario alcuni dei suoi lavori maggiori ricordati dalle fonti, come la cappella Gavi in S. Filippo, dotata di un imponente complesso statuario, e i lavori per l’altar maggiore della cattedrale genovese. Questi, secondo Ratti, furono interrotti a causa della morte del maestro, collocata erroneamente dal biografo nell’inverno del 1698 (Ratti, 1769, p. 108). Il complesso, derivato da un disegno di Domenico Piola, avrebbe dovuto in origine essere affiancato da due angeli marmorei. Conservati per secoli in palazzo Rebuffo Serra, sono stati ricongiunti da pochi anni alla loro destinazione originaria (Boccardo, 2012, p. 371).
Diverse testimonianze ricordano l’attività di Daniele in anni successivi all’anno indicato da Ratti come data della sua morte. In particolare, fino al gennaio del 1705, furono continui i pagamenti per i lavori all’altare di S. Luca (Toncini Cabella, 2004, p. 138). Il 15 giugno 1709, la terza moglie del padre Carlo stese testamento (Belloni, 1988, p. 91 nota 18): a quella data risulta che lo scultore era già defunto. Non è chiaro chi sia quel Daniele Solaro che, tra il 1724 e il 1727, operò a palazzo ducale (Boccardo, 1988, p. 209).
Fonti e Bibl.: C.G. Ratti, Storia de’ pittori, scultori et architetti liguri e de’ foresti che in Genova operarono (1762), a cura di M. Migliorini, Genova 1997, pp. 69-71 (cc. 62v-63v); Id., Delle vite de’ pittori, scultori ed architetti genovesi, Genova 1769, pp. 106-108; Elenco dei documenti artistici raccolti per cura del prof. Santo Varni, Genova 1861, p. 12; M. Labò, Note sulla scultura barocca a Genova: Daniello Solaro, in Rassegna d’arte antica e moderna, XXII (1922), pp. 341-348; V. Belloni, L’Annunziata di Genova, Genova 1965, pp. 175, 184, 189, 191 s., 197; L. Alfonso, Tomaso Orsolino e altri artisti di «natione Lombarda» a Genova e in Liguria dal sec. XIV al XIX, Genova 1985, pp. 24 s., 161, 170, 235-238, 346, 379; V. Belloni, La grande scultura in marmo a Genova (secoli XVII e XVIII), Genova 1988, pp. 91, 100, 110, 118-120, 154-163, 175, 180, 200, 261, 270; P. Boccardo, Daniello Solaro, in La scultura a Genova e in Liguria, II, Dal Seicento al primo Novecento, Genova 1988, pp. 208 s.; L. Alfonso, Mecenatismo e arte in Santa Maria delle Vigne (sec. XVII-XVIII), in Studi genuensi, n.s., 1991, n. 9, pp. 23-77 (in partic. pp. 29 s., 35, 48 s., 70, 75); M.P. Silva Maroto, La escultura en Madrid en la época de Carlos II: importación de obras y coleccionismo, in Anales de historia del arte, 1995, n. 5, pp. 205-223 (in partic. pp. 207-209, 215); A. Toncini Cabella, Il cantiere dei Piola nella parrocchia gentilizia di San Luca, in Cinque chiese e un oratorio. Restauri di edifici religiosi dal XII al XVIII secolo per Genova Capitale europea della cultura 2004, a cura di G. Bozzo, Genova 2004, pp. 129-140 (in partic. pp. 136-140); F. Franchini Guelfi, La decorazione e l’arredo marmoreo, in L’Annunziata del Vastato a Genova. Arte e restauro, a cura di G. Rossini, Genova 2005, pp. 41-68; F. Fabbri, Marmi e statue fra le regioni francesi e la Liguria in epoca barocca: le ragioni di un commercio, i risultati di un interscambio, in Studiolo, 2008, n. 6, pp. 65-87 (in partic. pp. 69 s., 81 s.); M. Bruno, Volti scolpiti: il percorso parallelo della scultura in marmo, in D. Sanguineti, Genovesi in posa. Appunti sulla ritrattistica tra fine Seicento e Settecento, Genova 2011, pp. 154-174 (in partic. 155, 163-165); P. Boccardo, in La cattedrale di San Lorenzo a Genova, a cura di A.R. Calderoni Masetti - G. Wolf, I, Modena 2012, pp. 370 s., nn. 573-574.