PRIULI, Daniele
PRIULI, Daniele. – Nacque l’8 aprile 1521 a Venezia. Era il figlio primogenito di Angelo Marino Priuli (circa 1484-1550), patrizio veneziano che fu giudice della Quarantia, e di Andriana, figlia di Pellegrino Venier, del quondam Alessandro (del ramo dei Venier che partecipava dal Quattrocento al consorzio dei giurisdicenti della importante signoria rurale di Sanguinetto, nel Veronese). La famiglia abitava a Cannaregio, ai piedi del ponte di Cannaregio o delle Guglie, nel palazzo Priuli (poi Manfrin e oggi Venier).
Ebbe tre fratelli: Pier Alvise, Giambattista e Zaccaria. Poco sappiamo della sua educazione e della sua formazione culturale, che però dovette garantirgli una certa preparazione letteraria: in età matura compose sonetti nelle Rime di diversi in morte d’Irene del signore di Spilimbergo (Venezia, Guerra, 1561) e versi dedicati a Pietro Gradenigo, nelle rime di questo (Venezia, Rampazzetti, 1583).
Siamo invece meglio informati sulla sua carriera pubblica iniziata nel 1539, quando, a soli diciotto anni, entrò in Maggior Consiglio, per aver donato una somma alla Repubblica dopo la sfortunata battaglia della Prevesa (28 settembre 1538). A tale precoce ingresso non corrispose una rapida ascesa politica. Nel 1547 ottenne la modesta podesteria di Pirano in Istria e fu poi, tra altre cariche minori, giudice della Quarantia, tra il 1548 e il 1550, e agli Auditori novi nel 1553; fu poi eletto provveditore alla Sanità, nel 1556.
Nel frattempo le entrate familiari avevano conosciuto un importante incremento grazie all’eredità che Daniele Priuli e i fratelli ricevettero dalla madre. Essa includeva il diritto a subentrare ai Venier nell’investitura della Contea di Sanguinetto, e a partecipare, assieme con i bresciani Martinengo e i padovani Lion, al consorzio che amministrava questa «giurisdizione tradizionalmente dotata di amplissimi benefici immunitari e di una totale separazione dalla città e dal territorio veronese» (Zamperetti, 1991, p. 310). Nel 1552 i quattro fratelli Priuli stipularono un accordo con il Comune di Verona in merito alle prerogative annonarie, fiscali e giudiziarie della Contea, e nel 1559 diedero a livello «tutti i luoghi et la giurisditione» di loro pertinenza al conte bresciano Pietro Avogadro, padre del futuro bandito Ottavio, per 1300 ducati annui.
Consolidate le proprie rendite, Daniele Priuli decise di accasarsi, sposando nel 1561 Marianna Cocco (di Bernardino), nipote dell’arcivescovo di Corfù Giacomo Cocco, che gli diede tre figli, due maschi, Angelo Maria e Marcantonio, e una femmina, Andriana.
Proseguiva intanto la sua carriera pubblica. Fu provveditore alle Pompe nel 1561 e avvocato fiscale nel 1562. Nel 1568 fu eletto in Senato. Ma il vero momento di svolta della sua carriera politica fu rappresentato dalla elezione alla luogotenenza del Friuli nel 1571. Tornò a Venezia nel marzo del 1573, depositando in Collegio un’interessante relazione sul governo di quell’impegnativo rettorato di Terraferma, ai confini con gli Asburgo.
Dell’ordinamento provinciale della Patria del Friuli, Priuli ricordò anzitutto il Parlamento, con i tre membri dei prelati, dei feudatari o ‘castellani’, e delle comunità. Priuli, pur essendo egli stesso detentore di una giurisdizione privilegiata come quella di Sanguinetto, appare in questa relazione critico implacabile delle pretese dei feudatari friulani. Informato da un insigne giurista udinese e futuro consultore in iure, «l’eccellente messer Erasmo Graciano advocato fiscale», denuncia la renitenza dei nobili ‘castellani’ a rinnovare presso la luogotenenza l’investitura dei loro feudi; deplora l’arbitraria usurpazione da parte di molti giurisdicenti dei giudizi di seconda istanza; e ricorda la svogliatezza con cui la nobiltà friulana aveva mobilitato per la guerra di Cipro una cavalleria pesante di appena 80 cavalli (invece dei 300 dovuti).
Priuli si soffermò anche sui problemi della Contadinanza, ovvero dell’istituzione che rappresentava i proprietari e gli affittuari del contado, sopraffatti dai debiti e dalla crudele severità dei conseguenti sequestri. Perciò Priuli era intervenuto a sospendere tutte le esecuzioni per ‘debiti privati’ fino al raccolto. Tuttavia, dato lo stato di guerra con gli Ottomani, il luogotenente aveva preteso con puntualità le prestazioni dovute dalla Contadinanza in ambito militare, a cominciare dall’organizzazione della milizia territoriale delle ordinanze, o cernide, comprendenti 2500 uomini. A Udine era stata inoltre potenziata la locale ‘scuola’ dei bombardieri, superando le resistenze di quei popolani che, essendovi ascritti, temevano di essere perciò imbarcati sulle galere. Ancor meno facile era stato l’arruolamento dei galeotti, perché numerosi erano «li fuggiti con tutte le famiglie loro per tema d’andar in galìa» che avevano trovato riparo nelle vicine terre patriarcali e austriache. Accanto alla grave carestia del 1570 e a un’epidemia di tifo, proprio i reclutamenti veneziani e le conseguenti fughe dei contadini rappresentavano per Priuli la principale causa del calo demico da lui registrato, dagli oltre 165.000 abitanti del Friuli veneto nel 1569, ai poco più di 140.000 del 1572 (Relazioni dei rettori, 1973, p. 85).
Dopo questo rettorato (seguito nel 1574 dalla elezione a censore) la figura di Priuli venne sempre meglio definendosi come quella di un autorevole magistrato: fu ripetutamente eletto nel Consiglio dei dieci, nel 1577, nel 1583, nel 1586, nel 1588 e nel 1590. Ma la sua esperienza e i suoi interessi per la Terraferma lo condussero anche all’elezione a capitano a Padova (dal 1579 al 1581), e nella più turbolenta Brescia, nel 1584-85, dove, assieme al podestà Giustiano Giustinian, cercò di tenere sotto controllo le fazioni legate alle potenti casate degli Avogadro e dei Martinengo.
Nella relazione finale del dicembre 1585 Priuli si soffermò soprattutto sui problemi militari: raccomandò il rafforzamento del castello di Brescia e il regolare pagamento dei soldati; e lamentò lo scadente addestramento dei bombardieri cittadini e delle cernide rurali. Ma accennò anche ai disordini cittadini e ai contatti avuti, per ordine della Signoria, con il bandito Alfonso Piccolomini, parente dell’altro celebre bandito Ottavio Avogadro, cointeressato – non senza imbarazzi per i Priuli – nella gestione del feudo di Sanguinetto.
Tra il 1589 e il 1592 Priuli, in virtù del prestigio accumulato nell’esercizio delle cariche, fu ripetutamente eletto consigliere, entrando così a far parte della Signoria, e nel 1593 fu creato soprintendente alla costruzione delle nuove prigioni. Fu anche candidato nell’elezione ducale dell’aprile 1595, che si concluse con la vittoria di Marino Grimani.
Morì a Venezia il 30 novembre 1596 e fu sepolto a S. Geremia, con un’onorevole iscrizione.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd., II, St. veneta, 23: M. Barbaro, Arbori de’ patritii veneti, VI, p. 234; Avogaria di Comun, Nascite, Libri d’oro, reg. I, c. 297v; Senato, Terra, reg. 54, c. 113r; Capi del Consiglio di Dieci, Dispacci dei rettori, b. 24, Brescia, b. 84, n. 160; ibid., Padova, nn. 67, 93; E. Capriolo, Delle historie bresciane, Brescia 1585, pp. 343 s.; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, Venezia 1853, pp. 591-593; Relazioni di rettori veneti a Brescia durante il secolo XVI, a cura di C. Pasero, Brescia 1939, pp. 29, 181-186; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, a cura dell’Istituto di Storia economica dell’Università di Trieste, I, La Patria del Friuli (Luogotenenza di Udine), Trieste 1973, pp. 83-87, IV, Podestaria e capitanato di Padova, Milano 1975, p. LIV, XI, Podestaria e capitanato di Brescia, Milano 1978, pp. LIV, 163-167.
G.F. Palladio degli Olivi, Historie della provincia del Friuli, I-II, Udine 1660, II, pp. 193-195; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Milano 1960, p. 314; M.J.C. Lowry, The Church and Venetian political change in the later Cinquecento, Ph.D., University of Warwick, 1971, pp. 307, 310, 312, 314; C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ’500, Torino 1976, p. 19; S. Zamperetti, I piccoli principi. Signorie locali, feudi e comunità soggette nello Stato regionale veneto dall’espansione territoriale ai primi decenni del ’600, Venezia 1991, pp. 145, 310-312; L. Morassi, 1420/1797. Economia e società in Friuli, Udine 1997, pp. 94 s., 148; C. Povolo, L’intrigo dell’onore. Poteri e istituzioni nella Repubblica di Venezia tra Cinque e Seicento, Verona 1997, pp. 170 s., 184 s., 213 s.; G. Trebbi, Il Friuli dal 1420 al 1797. La storia politica e sociale, Udine 1998, pp. 154, 176; G. Gullino, Giustinian, Giustiniano, in Dizionario biografico degli Italiani, LVII, Roma 2001, pp. 247-249.