DONGHI, Daniele
Figlio di Felice e Costanza Stampa, nacque a Milano il 6 febbr. 1861; a Torino frequentò l'istituto tecnico e la scuola di applicazione laureandosi nel 1883 ingegnere-architetto. Nel 1884 partecipò alla Esposizione nazionale di Torino collaborando con il padre; nello stesso anno entrò, come praticante, nell'ufficio Lavori pubblici del Municipio di Torino, divenendo in seguito architetto-disegnatore ed operando con questa qualifica sino al 1896, anno del suo trasferimento a Padova, quale capo dell'ufficio civico dei Lavori pubblici di quella città.
Negli anni torinesi il D. iniziò la sua attività in campi diversi: progettazioni per il Comune, per i privati, pubblicistica tecnica e produzione di testi d'insegnamento architettonico.
Tra le realizzazioni del periodo torinese segnaliamo: la nuova tettoia per il mercato di piazza Bodoni (1887, demolita) con armatura metallica senza tiranti, con ppntoni centinati e traliccio; il lavatoio di piazza Nizza (demolito); nel terzo ampliamento del cimitero generale di Torino (1895) la sistemazione del crematorio con relativi colombari (progetto di P. Marini), in stile eclettico con il portico che ricordava gli antichi propilei in stile dorico.
Una particolare attenzione progettuale fu dedicata ai teatri; iniziò nel 1888 con un progetto di ricostruzione del teatro Regio torinese, interessante per la proposta di spostamento dello stesso dalla "zona di comando" alla nuova area di espansione sorta con la demolizione della Cittadella; nel 1896 (con G. Negri) vinse il concorso per il teatro di Varallo Sesia, realizzato in stile eclettico-barocco. Dopo il suo trasferimento a Padova il D. iniziò i contatti con la società G. A. Porcheddu di Torino, detentrice per l'Alta Italia dei brevetti Hennebique per l'impiego del cemento armato; da allora molte sue opere recepirono questa nuova tecnologia.
Il suo interesse per il cemento armato era orientato anche agli aspetti teorici, come dimostra una lettera (inedita) scritta a G. A. Porcheddu il 30 sett. 1896, da Padova, dove segnalava alcuni libri pubblicati all'estero sull'argomento (cfr. Archivio Porcheddu, vol. Torino 1895-1898 asilo notturno "Umberto I"). Il primo progetto realizzato con solai in cemento armato fu appunto l'asilo notturno "Umberto I" (Torino 1898). Altra opera interessante è la casa Marangoni (Torino 1904), dove il cemento armato venne impiegato con funzione di scheletro. Anche se il progetto depositato al Comune di Torino reca la firma dell'ing. L. Parrocchia, direttore dei lavori, in realtà spetta al D., come risulta dalla pratica nell'Archivio Porcheddu; del Parrocchia sono soltanto alcune varianti.
Il D. rimase a capo dell'ufficio dei Lavori pubblici di Padova sino al 1900: di quegli anni ricordiamo tra l'altro gli interventi di consolidamento alle logge del caffè Pedrocchi (1899), l'ampliamento del cimitero di Padova (1899), la scuola "Casa d'industria Gina Luzzato" (1900) di gusto medioevaleggiante (mattoni faccia a vista che tamponano strutture in cemento armato). Tra il 1900 e il 1904 il D. esercitò la libera professione dirigendo la filiale milanese della G. A. Porcheddu. Delle realizzazioni di quel periodo si ricordano l'emporio Ansaldi (1903), buon esempio di forme art nouveau per strutture espositive, ed il padiglione Besozzi (1904), entrambi a Milano (distrutti); altro lavoro interessante fu il teatro Comunale di Rovigo (1903) con ossatura in cemento armato che dimostrò di saper rispondere alle richieste di acustica necessarie a questo genere di manufatto.
Tra il 1904 ed il 1913 il D. fu a capo dell'ufficio tecnico municipale di Venezia, dove operò la trasformazione di un antico palazzo in Cassa di risparmio di Venezia.
Di esso il D. conservò l'antica facciata su campo Manin, mentre la parte moderna venne sviluppata con coperture piane e grossi lucernari di illuminazione; l'audacia modernista venne in parte ridotta dalle mimetizzazioni date dalle decorazioni sui pilastri e le travi in cemento armato.
Altre opere da ricordare in Venezia: il villino Donghi al Lido (1907), le scuole "G. Gallina" (1906), "P. Sarpi" (1907), alla Giudecca (1908), e di Bassano del Grappa (1909) oltre al teatro varietà di Abano Terme (1911), in tardo stile art nouveau, con varianti di dubbio gusto quali il cupolino sulla sinistra.
L'intervento che diede gran fama al D. fu la partecipazione alla ricostruzione dei campanile di S. Marco, crollato il 14 luglio 1902 ed inaugurato il 15 apr. 1912 "dov'era e com'era". La lunga vicenda (Il Giornale del Genio civile, LI [1913], pp. 321-369) fu ricca di colpi di scena quali l'allontanamento dall'incarico di L. Beltrami e le sostituzioni di F. Lavernari e E. Fumiani con A. Orio ed il Donghi.
La proposta progettuale di quest'ultimo si avvalse anche questa volta della tecnologia del cemento armato con cui vennero costruite le rampe e il solettone coprente la "canna", il che permise una riduzione del carico strutturale di 850 tonnellate: il D. progettò pure un "castelletto mobile" che consentì di effettuare la costruzione della "canna" senza ponteggi.
Il 14 giugno 1907 il D. conseguì la libera docenza in architettura tecnica presso il politecnico di Milano; tra il 1908 ed il 1910 resse l'incarico per la stessa materia presso la scuola di applicazione dell'università di Padova. Nel 1910 vinse il concorso, sempre a Padova, per l'ordinariato che esercitò sino al luglio 1935.
Nel 1911 il D. studiò una sorta di metropolitana per Venezia, un condotto subacqueo di 3600 m, ad elementi in cemento armato, per treno elettrico a doppio binario e passaggio pedonale, per congiungere il Giardinetto reale di S. Marco con S. Giorgio, la Giudecca, e Quattro Fontane del Lido. Questa metropolitana doveva essere, negli intendimenti del D., un mezzo per consentire ai Veneziani l'uso della zona del Lido e per permettere uno sfogo edile al centro città. Nel 1913 cessava la sua opera presso il Comune di Padova, ma non l'attività di progettazione che continuò con il completamento della scuola di ingegneria e di architettura di Padova, terminata nel 1930, il cui progetto di massima era già stato eseguito dal D. nel 1912 (cfr. D. Donghi, La nuova sede della scuola di ingegneria e di architettura di Padova, in L'Architettura italiana, XIV [1919], 11, pp. 81-87), la Cassa di risparmio di Padova (1914-1922) in stile eclettico e l'istituto di fisiologia dell'università di Padova (1928-1930), forse l'ultima opera realizzata.
Il D., oltremodo attivo sia come pubblicista sia come autore di testi tecnici, fu tra i primi a comprendere l'importanza della architettura "scritta", oltre che di quella "progettata"; fondò e diresse due periodici, Memorie di un architetto (1890-1895) e L'Architettura pratica (1899-1906), e collaborò con L'Edilizia moderna e il Monitore tecnico. Tra il 1906 ed il 1925 animò una impresa editoriale, in 10 volumi, Il Manuale dell'architetto (45 capitoli furono scritti dallo stesso Donghi). L'opera ebbe una enorme fortuna fra gli architetti italiani, sino ad allora tributari della editoria tedesca. Il D. cercò con quest'opera di offrire ai progettisti edili i mezzi per la risoluzione dei numerosi problemi che nascevano con il forte incremento delle costruzioni.
Negli ultimi anni si occupò di problematiche urbanistiche: l'ultimo articolo Alberatura e verde nelle città apparve nella rivista ABC nel marzo 1938.
Morì a Padova il 28 Sett. 1938.
L'elenco completo delle pubblicazioni del D. si trova in R. Fabbrichesi, Commemorazione, in R. Univ. degli studi di Padova. Annuario per l'anno 1938-1939, Padova 1939, pp. 535-540.
Fonti e Bibl.: La corrispondenza inedita del D. si trova in Archivio Porcheddu (in deposito presso il Dipart. di ing. dei sist. edil. e territor. della facoltà di ingegneria del Politecnico di Torino), l'inventario ragionato del quale è disponibile in dattiloscritto presso la Biblioteca del CNR (Consìglìo nazionale delle ricerche) di Roma. Cfr. inoltre Esposizione generale italiana e d'arte sacra. Rassegna popolare (Torino), 1898, numero speciale, p. 2; A. Frizzi, La riforma nel teatro Regio di Torino secondo le esigenze moderne, in L'Ingegneria civile e le arti industriali, XXXI (1906), 5, pp. 216-219; M. Velatta, D. D. e il suo contributo alla tecnica architettonica ital., in Tecnica ital., 1940, 5, pp. 5-15 (con elenco degli scritti del D.); R. Bossaglia, Il Liberty in Italia, Milano 1968, ad Indicem; A. Cassi Ramelli, La impresa edilizia, Milano 1968, pp. 266 s.; F. Robecchi, Il Liberty e Brescia, Brescia 1981, p. 123; A. Cavallari Murat, Come carena viva, Torino 1982, I e V, ad Indices; R. Nelva, Evoluzione delle tecniche e dei linguaggi architettonici del cemento armato sistema Hennebique in Alta Italia fra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, in Atti del Convegno su metodi e risultati di ricerche svolte nelle facoltà di ingegneria nell'ambito delle discipline architettoniche, Trieste... 1982, Trieste 1982, pp. 8, 10; A. Magnaghi-M. Monge-L. Re, Guida all'architettura moderna di Torino, Torino 1982, ad Indicem; L. Tamburini, L'architettura dalle origini al 1936, in Storia del teatro Regio, IV, Torino 1983, ad Indicem; E. Bairati-D. Riva, Il Liberty in Italia, Bari 1985, ad Indicem; R. Nelva-B. Signorelli, Avvento ed evoluzione del calcestruzzo armato, Milano 1990, p. 20 e passim.