DELLI, Daniele detto Dello
Figlio di Niccolò, farsettaio, e di madonna Orsa, nacque a Firenze intorno al 1403 (Milanesi, 1873, p. 275; Condorelli, 1968, p. 198).
Notizie sulla vita e sull'opera di questo artista fiorentino del secolo XV sono tramandate dal Filarete (1461-64), che lo annovera tra gli architetti da lui chiamati per la progettazione della sua città ideale, dal Libro di Antonio Billi, dall'Anonimo Magliabechiano (1537-42), da G. B. Gelli e dal Vasari (1568). Non se ne trova invece alcun cenno nei Commentari del Ghiberti. Nessuna delle opere che gli vengono attribuite è datata, firmata e documentata.
Nel Libro di Antonio Billi è indicato con il nome di Eliseo di Fino, scaturito probabilmente da una errata trascrizione del nome dell'artista dalla fonte di cui evidentemente si servì l'anonimo autore del Libro. In esso tuttavia sono tracciate le linee fondamentali della figura artistica oltre che storica del D., che scoperte archivistiche recenti hanno in parte confermato. Vi è infatti ricordata la sua attività svolta fuori di Firenze e massimamente in Spagna, ove raccolse molti onori e venne nominato cavaliere, onorificenza che, tornato in patria per un breve periodo, gli venne confermata dalla Signoria fiorentina. Dell'attività artistica del D. il Libro ricorda unicamente un affresco nel chiostro verde di S. Maria Novella, a Firenze, nel quale è raffigurato Isacco che benedice i figli.
L'Anonimo Magliabechiano riporta le stesse notizie, forse in parte appropriandosi di quelle già rese note dal Libro del Billi, in parte risalendo alla probabile fonte comune, da cui certamente dovette trarre l'esatta trascrizione del nome dell'artista: messer Dello fiorentino, specificandone anche la qualifica di pittore.
Nella prima edizione (1550) delle Vite ilVasari sostanzialmente accoglie e ripropone le informazioni desunte dai due più antichi trattati. A solo nell'edizione del 1568 che lo storico aretino fa riferimento per la prima volta all'attività del D. come scultore, precisando anzi che le sue prime opere furono di scultura e indicandole nel rilievo in terracotta nella lunetta sopra la porta di accesso alla chiesa dell'ospedale fiorentino di S. Maria Nuova, dedicata a S. Egidio, nel quale è raffigurata l'Incoronazione della Vergine, nella serie di dodici Apostoli per la stessa chiesa e in una Pietà eseguita per la chiesa della Ss. Annunziata. Il Vasari inoltre afferma anche che il D. fu un eccellente pittore di cassoni, precisando addirittura che egli fu il primo ad esercitare quest'arte a Firenze e che a lui spetta l'intero arredo di una camera per Giovanni de' Medici. Riprende inoltre la notizia per la prima volta espressa nel Libro di Antonio Billi dell'intervento dell'artista negli affreschi del chiostro verde di S. Maria Novella, nella storia di Isacco che benedice Esaù, e aggiunge, a chiusura della vita del D., che egli fu inoltre ritratto da Paolo Uccello come Cam nell'affresco con la Storia di Noè ubriaco nello stesso chiostro, dopodiché, secondo il Vasari, il D. partì per la Spagna.
Stando alle fonti, il D. fu dunque pittore e scultore assai apprezzato e onorato in vita. Le notizie che da queste si traggono trovano parziale conferma in una serie di documenti di archivio rinvenuti a partire dal secolo scorso che offrono un quadro abbastanza dettagliato dei suoi spostamenti e dei centri nei quali si potrebbe individuarne l'attività. Dal 21 marzo 1425 e fino al maggio dello stesso anno il D. è documentato a Siena, dove gli è allogata una figura di ottone per l'orologio della torre del palazzo. A questa l'unica opera di cui ci resti testimonianza nei documenti, forse mai condotta a termine e, comunque, oggi purtroppo non più esistente (C. Brandi-M. Cordaro-G. Borghini, Palazzo pubblico di Siena, Milano 1983, pp. 228., 425). Nel 1427 egli risulta a Venezia dove si trovava in compagnia del fratello Sansone e del padre, fuggiasco da Firenze perché condannato, per tradimento, alla pena capitale dalla Signoria fiorentina il 21 nov. 1424 (Milanesi, 1873, p. 275; Condorelli, 1968, p. 199).
Nel 1430 il D. era di nuovo sicuramente a Firenze, poiché è ricordato come facente parte del nucleo familiare nella portata al catasto fiorentino di quell'anno, e a Firenze lavorava come pittore ancora nel 1433, quando si iscrisse all'arte dei medici e speziali (Milanesi, 1873, p. 275; cfr. anche la portata al Catasto, adannum La sua partenza per la Spagna, dove si stabilì, dapprima in Aragona e subito dopo in Castiglia, alla corte di Giovanni II, dovrebbe collocarsi poco prima dell'ottobre dello stesso anno (Milanesi, 1873, p. 276; Condorellì, 1968, p. 199). Il 2 giugno 1446 è documentato a Napoli alla corte di Alfonso il Magnanimo (Condorelli, 1968, pp.201 s.). In una lettera rinvenuta nell'Archivio della Corona d'Aragona a Barcellona indirizzata da Alfonso a "i iohannoto de Pictis", il D. è indicato come "Maior fabrice magister" del re di Castiglia Giovanni II; ciò lascia intuire anche una sua attività spagnola come architetto (ibid., p. 203).
Il 27 giugno 1446 il D. è ricordato di nuovo a Firenze, quando gli vengono riconosciuti dalla Signoria fiorentina, i privilegi acquisiti in Spagna (Milanesi, 1873, p. 277; Condorelli, 1968, p. 198). Dopo questa data nessun'altra notizia ci consente di ricostruire le ultime vicende del D., che, non più menzionato in patria, forse ritornò in Spagna o forse ottenne da Giovanni Il il permesso di soggiornare qualche tempo alla corte di Alfonso il Magnanimo, che già lo aveva richiesto al suo passaggio per Napoli all'inizio di giugno. Il fatto che il Filarete lo citi nel suo trattato del 1461-64 non significa che il D. fosse ancora vivo a quella data, poiché la notizia della sua morte poteva non essere universalmente nota.
Il problema critico posto dalla definizione artistica del D. è ancora lontano da una convincente soluzione, restandoci di lui un certo numero di documenti ma nessuna opera che vi si possa collegare. Per il momento è solo sulla base delle affermazioni vasariane che si tende ad accogliere l'identificazione del D. con l'autore del rilievo con l'Incoronazione della Vergine nella lunetta esterna della chiesa fiorentina di S. Egidio. Per ragioni di ordine stilistico va comunque riunito al rilievo per S. Maria Nuova un gruppo di terracotte fiorentine che comprende la Madonna con il Bambino nel Museo del Bargello, la Crocifissione con Maria e Giovanni nel convento delle oblate a Careggi, il Cristo che mostra la piaga del costato, oggi nel Victoria and Albert Museum di Londra, che provengono tutti dall'ospedale di S. Maria Nuova.
Da queste opere emerge una personalità artistica decisa e originale, oltreché di notevole qualità. In esse, dopo un iniziale linguaggio sostanzialmente gotico e linearistico, in parallelo con gli esiti della pittura fiorentina dei primi due decenni del Quattrocento, cui sembra soprattutto riferirsi la Madonna del Bargello, si assiste ad un rapido aggiornamento ai maggiori fatti fiorentini contemporanei, in particolare modo al Ghiberti dei rilievi della porta Nord del battistero fiorentino, del quale il supposto D. accoglie spunti soprattutto nella lunetta per S. Egidio, cui si accompagnano una declinazione in senso espressionistico, affatto estranea al Ghiberti, ed una crudezza realistica palese specialmente nel Cristo di Londra, nella Crocifissione di Careggi e in un gruppo in terracotta raffigurante la Pietà, in collezione privata fiorentina, nel quale il Parronchi (1974) ha ritenuto di individuare quel oCristo morto in grembo alla Vergine" che il Vasari assegnava al D. e che diceva eseguito per la chiesa della Ss. Annunziata.
Per i caratteri stilistici tutte queste opere dovrebbero essere state eseguite prima della partenza del D. per Siena, se anche l'esecuzione della Incoronazione della Vergine, l'opera che riteniamo più matura, e stilisticamente più evoluta, non potrà datarsi oltre il 1424, quando si hanno i pagampnti per la decorazione pittorica e la doratura del rilievo fatti al pittore fiorentino Bicci di Lorenzo. Il succedersi di queste opere in serrata sequenza e in anni sorprendentemente giovanili sembrerebbe indirettamente convalidare l'identificazione vasariana poiché secondo lo storico aretino il D. avrebbe iniziato a lavorare come scultore, ma vedendo "che poco guadagnava in far di terra ... si risolvette ... d'attendere alla pittura".
Assai più complessa, e per il momento lontana da una chiara definizione, appare l'attività pittorica del D., non sembrando attendibile l'attribuzione, proposta dalle fonti, relativa alla sua partecipazione agli affreschi del chiostro verde di S. Maria Novella nella storia di Isacco che benedice Esaù.
Affinità stilistiche con il gruppo di terracotte fiorentine si possono invece riconoscere nella prima lunetta e nel registro sottostante con le Storie della Genesi e il peccato originale, dello stesso ciclo, figurazioni ricche di ritmi gotici e ghibertiani che richiamano i rilievi della Porta del Paradiso e che pertanto potrebbero non disdire con l'ultimo soggiorno fiorentino del D. prima della partenza per la Spagna e cioè negli anni tra il 1430 e il 1433.
L'attività spagnola del D. non è nota, né ricostruibile, sebbene si possa ritenere che essa dovette essere assai notevole visto l'alto rango ottenuto alla corte del re di Castiglia. Le uniche opere che gli vengono attribuite sono il dipinto su tavola raffigurante S. Isabella (Salamanca, convento di S. Isabel) e il grande retablo della cappella maggiore della cattedrale vecchia di Salamanca, costituito da cinquantatré pannelli con Storie della Vergine e di Cristo (Salmi, 1934). La proposta di identificare il D. con quel Niccolò Fiorentino che il 15 dic. 1445 ottenne l'incarico di eseguire l'affresco con il Giudizio finale nella calotta absidale della cattedrale vecchia di Salamanca (Ferrarino, 1977, p. 93), è oggi decaduta a favore del riconoscimento di quest'ultimo nel fratello minore del D., Niccolò. Nella portata al catasto fiorentino del 1442 né il D. né Niccolò fanno più parte del nucleo familiare, dove compaiono ancora la madre, Orsa, e il fratello Sansone che dunque solo dopo questa data raggiunse i fratelli in Spagna, dove anch'egli risulta attivo come pittore (Ferrarino, 1977, p. 95).
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