CORNER, Daniele
Non si conosce la sua data di nascita, ma da una carta testamentaria si apprende che era figlio di Andrea: abitava a S. Vitale nel sestiere di San Marco. Questa carta rappresenta il solo documento dal quale possiamo ricavare notizie relative alla sua famiglia; infatti né il Barbaro né altri "arbori" includono tra i Corner del sec. XIV un Daniele, nome che del resto appare di rado nelle genealogie della famiglia e comunque mai nel Trecento.
Sappiamo che si interessò di problemi giuridici; è tuttavia difficile per noi stabilire se ricevette una formazione specifica in diritto oppure se si sia dedicato con gli anni allo studio di quella disciplina.È certo comunque che, quando lasciò in eredità la sua biblioteca alla moglie Pellegrina, figlia di Giovanni Sanuto, il C. menzionò espressamente, tra tutti i suoi libri, quelli di diritto civile e canonico.
L'intensa attività pubblica svolta dal C. ci è testimoniata dalle fonti a partire dal 1349, quando fu giudice al Tribunale del Mobile. Senatore nel 1350 e podestà di Murano nel 1351, nel 1353 era giudice al Tribunale del Proprio. Sempre nel 1353, il 16 agosto, fu scelto in Pregadi col compito di avviare a soluzione alcune questioni in pendenza con i da Camino. Il 9 genn. 1358 fu tra i cinquanta savi non senatori eletti per valutare le pesanti condizioni di pace proposte dal re Ludovico I d'Ungheria, con cui allora la Repubblica di S. Marco era in guerra. Il C. ebbe in tal modo l'occasione di partecipare al duro scontro tra la corrente sostenuta dai capi dei Quaranta, che non voleva l'accordo, e gli altri che, più realisticamente, vedevano nella rinuncia alla Dalmazia la possibilità di radicare maggiormente i diritti della Signoria sulla Terraferma. Non è tuttavia possibile ricostruire ora la sua opinione in proposito: non possiamo quindi sapere che posizione abbia assunto al momento di votare.
Quando l'anno seguente fu scelto assieme ad altri due uomini politici per far parte di una commissione di controllo, presentò in Senato una proposta di legge per ristrutturare il meccanismo della riscossione del dazio sul legname. Nominato una seconda volta senatore il 29 luglio 1362, fu in seguito savio sui problemi del Trevigiano e del Cenedese. Questo ultimo incarico rivela un legame esistente tra il C. ed una delle figure più attive e importanti del mondo politico veneziano del Trecento, Zaccaria Contarini, che gli fu garante e mallevadore. Dall'ottobre del 1363 al luglio dell'anno seguente, il C. non mancò d'intervenire frequentemente in Senato con proposte di varia natura che interessavano i territori di cui doveva occuparsi e che riguardavano non solo i gravi problemi militari della distribuzione delle forze e del rifornimento di armi e vettovaglie, ma anche quelli relativi ad un più razionale sfruttamento dei fertili terreni della Marca. Il 5 ott. 1365 fu nominato savio sulle materie d'Istria, incombenza che mantenne fino al maggio dell'anno seguente. Questi incarichi non gli impedirono, tuttavia, nello stesso periodo, di venir eletto ad uffici e ambasciate. Giudice del Proprio dal 18 ag. 1364, l'anno seguente fu tra i patrizi impegnati nell'elezione del doge Marco Corner e quindi, nel dicembre, fece parte insieme con Maffio Donà e Domenico Gussoni della delegazione veneta incaricata di portare le congratulazioni della Signoria al nuovo patriarca di Aquileia, Marquardo di Randek, che il 23 ag. 1365 era stato chiamato dal papa a succedere a Lodovico Torriani, morto il 30 luglio precedente. Gli inviati dovevano inoltre accompagnare il nuovo presule da Padova, dove era allora giunto, sino ad oltre il confine veneziano e cercare di comprendere, e valutare, i suoi propositi politici.
Nel 1367, in gennaio, fu dei tre "sapientes pro factis clericorum" mentre nel marzo ricoprì l'incarico di ufficiale delle Ragioni. Nell'autunno di quello stesso anno gli venne affidata un'importante missione: insieme con Zaccaria Contarini doveva recarsi ad Avignone e cercare di indurre il papa ad allontanare dalla sede di Castello il vescovo Paolo Foscari, venuto a contrasto con la Signoria per la questione delle decime che il presule prelevava, per antica consuetudine, sulle eredità. I cittadini di Venezia, i cui proventi derivavano essenzialmente dalla pesca e dalle attività sul mare, non potevano infatti pagare la decima sui frutti della terra. Urbano V, pur non accogliendo le richieste dei due diplomatici veneziani, concesse però che il Tribunale ecclesiastico valutasse la possibilità di una revoca del privilegio vescovile. La presa di posizione del papa non fu gradita alla Signoria, che ordinò pertanto ai suoi due oratori di rientrare in città. La questione continuò tuttavia a turbare ancora per molti anni i rapporti tra Stato e la Chiesa veneziana, e poté avviarsi a soluzione solo dopo la morte del Foscari.
Gli stessi due ambasciatori furono mandati a Ferrara in occasione della morte del marchese Ugo, fratello di Niccolò, che, per la guerra contro Trieste, aveva offerto a sue spese alla Repubblica cento fanti. Nel medesimo periodo (1368-69) fece parte di una commissione incaricata della regolazione delle risorse idriche del Trevigiano. Alcuni anni dopo fu di nuovo impegnato in missioni diplomatiche: nel marzo del 1374, presso il legato pontificio in Italia, Guglielmo Noellet, per rallegrarsi della sua venuta; e poi fu eletto tra i dodici ambasciatori che dovevano accompagnare il pontefice Gregorio XI da Avignone in Italia. Fece quindi parte del comitato di cinque membri creato il 27 dic. 1375 dal Maggior Consiglio per sottoporre ad esame le commissioni dei rettori, i capitoli degli uffici e le "parti" prese nei Consigli dello Stato. Il comitato doveva cancellare le "parti" ormai scadute, correggere quelle in contraddizione fra loro e sottoporre ai Pregadi eventuali proposte di riforma. I cinque membri, che avrebbero ricevuto una retribuzione di dieci ducati al mese, sarebbero rimasti in carica un anno.
Tra le proposte di riforma avanzate in questa occasione dal comitato, vi fu quella di portare a trenta anni compiuti l'età minima per poter ricoprire la carica di rettore. Tale proposta, quando venne presentata al Senato, fu approvata, ma sollevò l'opposizione e le rimostranze dei patrizi che non facevano parte di quell'Assemblea, i quali ottennero che la questione fosse sottoposta all'esame e all'approvazione del Maggior Consiglio. In questa sede il C., divenuto nel frattempo consigliere ducale, assunse una posizione ben diversa da quella che aveva preso quand'era tra i Savi, facendosi portavoce di quanti erano favorevoli al mantenimento del limite di età ai venticinque anni compiuti. Non sembra, tuttavia, di dover concludere che il C. avesse cambiato idea in materia, quanto piuttosto che il nuovo incarico ricoperto richiedeva da lui un atteggiamento diverso, nel quale la sua opinione personale diventava secondaria rispetto al nuovo tipo di impegni derivanti dalla sua nuova posizione.
Intanto nel novembre dello stesso anno, in seguito a una tregua stipulata con Alberto e Leopoldo duchi d'Austria, il C. venne incaricato, insieme con altri due patrizi, di sovrintendere alla custodia dei territori del Cenedese e del Trevigiano, provvedendo quanto potesse esser necessario, licenziando le truppe che non servivano più e cercando di ridurre al minimo le spese. Nel 1379, durante la guerra di Chioggia, fu ambasciatore veneto a Napoli e in tale veste stipulò un contratto di noleggio di tre galee che avrebbero dovuto incrociare nel Tirreno per attaccare le navi dei nemici di Venezia: i Genovesi e il re di Ungheria. Di questo stesso anno è la sua menzione nell'estimo della città.
Nell'agosto del 1382 venne nominato, insieme con Giovanni Gradenigo, procuratore del Comune di Venezia in una contesa con i Fiorentini; quindi, nel 1384-85, fu del Consiglio dei dieci e due anni dopo venne inviato presso il sultano Murad per perorare una causa di commerci. Era ancora attivo negli anni 1390-91: dalle fonti a noi note risulta infatti che il Collegio esaminò, dando parere favorevole, il ricorso presentato da alcuni patrizi contro alcune sentenze pronunciate dal C. come ufficiale alle Ragioni del Comune.
on conosciamo l'anno preciso in cui morì il C.; sappiamo tuttavia che il 3 ag. 1392 stese presso il notaio Marco de Rafhanel un primo testamento che non ci è pervenuto. Abbiamo, inoltre, notizia di un secondo testamento, da lui redatto due anni dopo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Segretario alle voci, Misti, regg. 1, nn. 245, 1170, 2052, 2491; 2, nn. 43, 174, 439, 1407, 1503, 1564, 1903, 2166, 2189, 2237, 2392, 2630; 3, nn. 435, 912, 1891, 2244, 3070; Ibid., Maggior Consiglio, Deliber., reg. 20, cc. 115rv, 168v; Ibid., Senato, Misti, regg. 26, c. 120v; 28, cc. 94r, 101r; 31, cc. 43v, 44v, 50v, 55v, 67r, 70r, 122r, 141r; Ibid., Collegio, Notatorio, reg. 2, cc. 180v, 187rv; Ibid., Cancelleria inferior, Miscell. testamenti notai diversi, b. 22, n. 867; Ibid., Miscell. codici, I, Storia veneta, 74, cc. 9rv, 307v, 363r, 364v, 365r; Ibid., ibid., III, Cod. Soranzo, 31: G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, p. 883; Ibid., Secreta, Archivi propri Contarini, cod. 7, cc. 9r, 50rv, 55r, 67v; Venezia, Bibl. d. Civ. Museo Correr, Cod. Cicogna, 3781: G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Cons., cc. 188v-189r (che pone la morte del C. intorno al 1382); Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Mss. It., cl. 128 A (= 8639): G. G. Caroldo, Cronaca, cc. 278r, 319r, 324v, 377v, 378v; Ibid., ibid., 307 (= 8467): Origine della Repubblica veneta, c. 42v; Ilibri commem. della Repubblica di Venezia, Regesti, a c. di R. Predelli, III, pp. 75, 81, 140 s., 160; F. Thiriet, La Romanie vénetienne au Moyen Age, Paris 1959, p. 356; Délibérations des Assemblées vénetiennes concernant la Romanie, a cura di F. Thiriet, II, Paris 1971, pp. 47, 74.