BONRIZZO, Daniele
Nato a Venezia in anno non precisato, figlio di un Alvise, appartenente al ceto dei cittadini originari, fu assunto nella cancelleria ducale della Repubblica veneta, percorrendovi una normale carriera, fino al grado di segretario del Senato. Una parte importante della sua attività si svolse nella diplomazia prima come segretario di ambasciatori, infine come residente a Milano. Nel 1542 fu segretario dell'oratore in Spagna Nicolò Da Ponte. Una sua lettera del 13 settembre ci informa che nel viaggio di andata aveva consegnato il nuovo cifrario al residente veneto a Milano; nel gennaio del 1543 discusse col governo spagnolo a Madrid la concessione di una tratta d'esportazione per mille cantara di salnitro dal Regno di Napoli.
Andò poi col Da Ponte al convegno di Busseto tra il papa e l'imperatore (22-25 giugno 1543) e, poiché il suo superiore si era ammalato, fu incaricato di seguire Carlo V in Germania, dove poi fu raggiunto dall'ambasciatore Bernardo Navagero. È di questo periodo un suo dispaccio in cui informa la Signoria che l'imperatore raveva convocato per sollecitare la licenza ad alcuni sudditi veneziani, per lo più nobili veronesi e vicentini, di rimanere al suo stipendio. Poco altro, al di fuori di questi brevi e poco significativi frammenti, gli archivi hanno conservato di quella che dovette essere una lunga e impegnativa attività diplomatica e amministrativa, svolta al servizio della Repubblica in posizione subaltema, certo con soddisfazione del Senato, che infine nel 1556 lo nominò residente a Milano.
Il B. raggiunse la sua nuova sede nel gennaio del 1557, in un momento estremamente delicato per Venezia, a causa dell'inizio delle ostilità tra Francia e Spagna. Certo non era a Milano che si giocava la partita diplomatica, ma anche nei dispacci del residente veneto si coglie il riflesso della prudente posizione veneziana, stretta tra la necessità di conservare buoni rapporti con gli Asburgo e il fermo proposito di non venir meno alla neutralità, che nelle condizioni esistenti dell'Europa e dell'Italia, e nella particolare situazione della Serenissima, sembrava una scelta politica da cui non era lecito discostarsi. Di conseguenza anche a Milano il rappresentante veneto mantenne rapporti molto stretti e cordiali col governo spagnolo. E poiché questo spiava ansiosamente i movimenti turchi, temendo il ripetersi d'una alleanza franco-ottomana, la Repubblica veneta per mezzo del proprio rappresentante a Milano si fece premura di trasmettere regolarmente a Filippo II i numerosi avvisi ricevuti dalle terre turche. Accomodante si dimostra pure il governo veneto per quanto riguarda il transito di truppe attraverso il proprio territorio; ma sempre fermissimo è anche il B. - seguendo strettamente le istruzioni ricevute - nel respingere ogni ipotesi di collaborazione militare, affacciatagli dagli Spagnoli, specie nel 1557, mentre le vicende della guerra sembravano volgere in favore dei Francesi. I dispacci del B., ricchi di notizie sulle operazioni militari e sulle vicende interne dello Stato di Milano (particolarmente interessanti quelle sulle questioni finanziarie), si succedono frequenti lungo l'arco di due interi anni, anche quando, verso la fine, venne colpito dalla malattia che lo condusse alla morte. Il 18 genn. 1559 egli dettava al nipote Alvise, suo segretario, l'ultima lettera per annunciare al Senato che fra pochi giorni sarebbe passato a miglior vita, raccomandando la propria famiglia.
Morì a Milano il 22 genn. 1559. I Dieci assegnavano il 27 genn. alle figlie Adriana e Lucrezia l'aspettativa d'un ufficio di 150 ducati annui di rendita, concedendo intanto una pensione di sei ducati mensili.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Archivi propri,Milano, reg. 2 e reg. 3 (nn. 1-137); Ibid., Capi del Consiglio dei Dieci,Lettere di ambasciatori, busta 12, f. 135; busta 16, ff. 211-212; busta 29, ff. 63-65; Ibid., Consiglio dei Dieci,Parti comuni, reg. 23, c. 196r, 27 genn. 1558 m.v.; Venezia, CivicoMuseo Correr, Ms. P. D., 397, c.11; R. Predelli, I libri commemoriali della Repubblica di Venezia, VI, Venezia 1903, pp. 263, 283; A. Morosini, Historia veneta, I, Venezia 1719, p. 596. I dispacci del B. sono stati largamente utilizzati da F. Chabod, Lo Stato di Milano nell'Impero di Carlo V, Roma 1934.