DANESI
Famiglia attiva a Roma dagli inizi dell'Ottocento nel campo della riproduzione, in particolare fotografica.
Michele, nato a Napoli nel 1809, ben presto si trasferì a Roma dove si avviò agli studi artistici frequentando lo studio di Tommaso Minardi (1818-1832), insieme a L. Cochetti, P. B. Mercuri e A. Capalti (Ovidi, 1902).
L'importanza dell'incisione, che nell'insegnamento accademico della storia dell'arte assolveva allora il ruolo informativo oggi affidato alla fotografia, lo portò a riflettere sull'utilità e la funzione culturale di tutti i sistemi di riproduzione dell'immagine, problema cui era destinato ad offrire risposte concrete e contributi di grande raffinatezza tecnica. Già nel 1839 aprì a Roma - in via della Vite 22A, angolo via del Gambero 16 e in via Bocca di Leone 85 - uno stabilimento litografico che, per diversi anni, fu il solo attivo in città. Il rapido passaggio a questa nuova professionalità - vagheggiata forse dalla prima infanzia in una Napoli precocemente (1818) attenta al nuovo processo di stampa di Senefelder - fa pensare che i suoi primi studi artistici fossero, da principio, finalizzati all'acquisizione di una maggiore disinvoltura di tratto nella copia e nella traduzione manuale di opere (soprattutto di pittura e di scultura) eseguite con tecniche diverse. Fra le litografie legate all'editoria dell'epoca si ricordano in particolare centoventi tavole che accompagnano e illustrano i due volumi di Antiche opere di plastica discoperte, raccolte e dichiarate dal marchese G. Pietro Campana romano (Roma 1851), realizzate su disegni dello stesso Danesi.
L'avvento della fotografia, specie nel periodo del collodio (dal 1851), dischiuse nuove possibilità alla giovane ditta che dei risultati del nuovo mezzo si avvalse quale surrogato del disegno preparatorio, con l'implicito vantaggio di una riduzione dei tempi di produzione e, come risvolto commerciale, di una conseguente diminuzione dei prezzi di vendita al pubblico. Con straordinaria precocità, avvalendosi delle calotipie del lombardo S. Lecchi, aveva pubblicato (con il titolo Ruine di Roma dopo l'assedio del 1849) una serie di quattro tavole litografiche (Miraglia, 1982). A partire dal 1855, secondo una notizia che si desume dall'Indicatore romano di quell'anno, Michele cominciò ad interessarsi personalmente alla fotografia; un documento del 28 dic. 1861 - ancora conservato dai suoi discendenti - testimonia inoltre come, dopo l'editto emanato il 28 nov. 1861 dal card. vicario Costantino Patrizi per dare nuovo ordinamento agli stabilimenti fotografici, egli fosse fra i primi, se non addirittura il primo fotografo romano a chiedere e ad ottenere, con estrema sollecitudine, il nulla osta necessario a continuare la propria professione di fotografo.
Amico di alcuni fra i più noti pittori, Michele, che era rimasto comunque legato all'ambiente artistico romano, lavorò soprattutto nel campo della riproduzione dell'opera d'arte, ambito operativo cui si collega anche una sua richiesta di proprietà, per quattro fotografie dagli affreschi di Francesco Podesti nella nuova sala della Concezione in Vaticano, del 20 ag. 1866 (Becchetti, 1971).
Malgrado la ditta Danesi avesse a quest'epoca una vasta clientela e svolgesse una mole di lavoro non indifferente, l'organizzazione era ancora a conduzione tipicamente familiare; dotato di un solo torchio Michele si avvaleva infatti della collaborazione di un solo operaio e, in prosieguo di tempo, di quella dei giovanissimi figli Cesare e Camillo che, alla sua morte, avrebbero poi curato, con consapevolezza e grande professionalità, la direzione dello stabilimento.
Dopo lunghe sperimentazioni tese alla ricerca di un mezzo di riproduzione fotomeccanica dell'immagine, nel 1869 Michele, insieme con i figli, riuscì a mettere a punto un sistema fotolitografico (poi chiamato fototipia) di grande e raffinata qualità nella resa dei grigi. Ne dà notizia L'Osservatore romano del 29 dicembre: "Incalcolabili sono i vantaggi di questa utilissima scoperta, sia dal lato economico, sia dal lato artistico, specialmente per le opere contenenti ritratti, vedute o disegni di animali o di oggetti qualunque. E se un primo saggio così bene soddisfece alle condizioni richieste per poterne fare pubblica mostra, portiamo ferma fiducia che il tempo e l'esperienza daranno al ritrovato del sig. Danesi una incontrastabile superiorità sugli altri di simile genere".
A partire da questo periodo, come sembra indicare la Guida Monaci del 1871, Michele si segnala all'attenzione dei clienti unicamente come venditore di stampe e di fotolitografie, il che sta a testimoniare come gli interessi per la fotografia, malgrado la sua fama in questo specifico campo, siano da collegare a quelli più fortemente sentiti per una produzione e una riproduzione seriale e meccanica dell'immagine in cui nulla fosse lasciato alla mano infedele e soggettiva dell'artista, ma piuttosto affidato e risolto - col tramite della litografia - dall'occhio meccanico della camera oscura i cui prodotti, nella concezione dell'epoca, erano percepiti come autoregistrazione fedele e quindi oggettiva del reale. Nel 1871 venne premiato all'Esposizione nazionale di Milano per un lavoro in trenta tavole dal titolo Album di vedute in fototipia ossia fotografie stampate col metodo litografico Sistema Danesi Roma.
Nel 1876 la ditta si trasferì fuori porta del Popolo, a via dei Bagni 36 (oggi via Romagnosi), dove Michele aveva già la proprietà di alcuni locali. È qui che la ditta, da una conduzione familiare e semiartigianale, si evolse, al passo con i tempi, verso sistemi più moderni di produzione che non escludevano però - come avveniva del resto ancora ai primi del Novecento - il continuo controllo manuale di incisori cui era demandato il compito di ritoccare e riprendere eventuali imperfezioni e mancanze delle lastre fotoincise.
Un aspetto del tutto inedito dell'attività della nuova sede fu quello svolto, a partire dal 1880, nel campo della produzione della cartolina illustrata con immagini tratte da negativi del proprio archivio riguardanti Milano, ma soprattutto Roma, Capri e Napoli, città con cui Michele mantenne nel tempo contatti frequenti.
Nel 1878 partecipò all'Esposizione di Parigi e vi guadagnò l'ambito riconoscimento di una medaglia d'oro; nel 1885 propose al pubblico internazionale dell'Esposizione di Anversa venti riproduzioni d'opere d'arte, così presentate nel catalogo relativo della sezione italiana: "I 20 quadri esposti contengono fototipie d'opere d'arte archeologiche, come pittura, scultura, incisioni, acquarelli etc., riprodotte col nuovo processo che permette di copiare l'oggetto con la macchina fotografica e stampare la negativa con un inchiostro comune di stampa. Questa nuova arte, mentre conserva la bellezza e la verità della fotografia, ha sopra questa l'immenso vantaggio del minor costo e dell'inalterabilità" (in Becchetti, 1983). Sempre nel medesimo ambito di specializzazione, attinente la riproduzione dell'opera d'arte, va ricordata la pubblicazione (nel 1884 in francese e l'anno seguente in italiano) di I monumenti del Museo Torlonia di sculture antiche riprodotti con la fototipia (in centosessantuno tavole e seicentoventi soggetti), che costituisce la parte illustrata dell'omonima e definitiva edizione del catalogo del Museo Torlonia curata da Carlo Ludovico Visconti, opera di straordinaria importanza, utilizzata da C. Gasparri quale strumento particolarmente idoneo a ricostruire la storia e la formazione del Museo, la provenienza delle singole sculture, il loro riferimento e la concordanza con inventari e cataloghi più antichi (Materiali per servire allo studio del Museo Torlonia...,in Memorie dell'Accad. naz. dei Lincei, XXIV [1980], 2, pp. 37 ss.).
Nel 1887 Michele si concesse un viaggio di riposo a Portici, presso la natia Napoli, dove, malauguratamente, rimase vittima del grande colera che funestò la città proprio quell'anno.
Ne dà notizia Il Cracas-Diario di Roma del 4-8 sett. 1887 con queste parole: "È morto a Napoli Michele Danesi romano, che per primo introdusse in Roma le arti della litografia e della fotografia e creò in Italia la nuova arte della fototipia".
Camillo (m. 1900) e Cesare (1845-1926), i figli che già Michele si era associati in vita, ne seguirono ed incrementarono egregiamente l'attività stabilendo, fra l'altro, proficui e prestigiosi rapporti di collaborazione con la Regia Calcografia e con il Vaticano. Nei verbali delle adunanze della Calcografia per l'anno 1894 risulta infatti più volte menzionato il nome dei due fratelli quali vincitori di un concorso del ministero della Pubblica Istruzione per creare presso l'istituto romano una sezione di fotoincisione in appoggio alla documentazione dell'opera d'arte, di cui, purtroppo, oggi non resta nessuna traccia nel patrimonio di lastre dell'Istituto nazionale per la grafica, ma solo la tiratura di vari soggetti presi dal vero, prevalentemente dal Foro romano.
Per il Vaticano i fratelli realizzarono la riproduzione in facsimile di vari incunaboli latini della Biblioteca e la riproduzione di dipinti e opere della Pinacoteca e delle Stanze, prima per conto di U. Hoepli, poi pubblicando in prima persona come editori.
Fra queste opere del primo Novecento vanno ricordati i volumi della collana Monumenti vaticani di archeologia ed arte a cura dell'Accademia romana d'archeologia e in particolare quelli dedicati agli appartamenti Borgia, agli affreschi di Raffaello (Le stanze di Raffaello...,I, Roma 1922), ai quadri bizantini, ai mosaici e alle pitture antiche, agli avori del Museo cristiano (I quadri primitivi della Pinacoteca Vaticana, XI, Roma 1929), alle bolle e alle medaglie plumbee vaticane. Alcune edizioni Danesi, come I quadri bizantini della Pinacoteca Vaticana...,Roma 1928, furono pubblicate con scritti di A. Muñoz che, più tardi, nel 1939, a cento anni dalla fondazione della ditta, avrebbe dedicato alla memoria di Michele il libro Roma cento anni fa (Roma 1939), riconoscendo implicitamente il contributo dei vari componenti della famiglia - per altro mai menzionati - alla definizione di quell'ambito culturale fine ottocentesco cui rimanda il volume.
Nel 1894, per i meriti guadagnati con la loro attività presso la Calcografia, G. Baccelli, allora ministro della Pubblica Istruzione, assegnò a Camillo e Cesare una medaglia d'oro per benemerenza.
Purtroppo nello stesso 1894 un immane incendio cagionò danni gravissimi allo stabile della ditta; in esso andarono completamente distrutti i macchinari e i torchi litografici, le apparecchiature fotografiche e il prezioso archivio che, iniziato nei primi anni Cinquanta del secolo scorso, era allora particolarmente cospicuo. L'opera di ricostruzione fu quanto mai rapida, voluta con energico impegno da Camillo e Cesare che, nel giro di pochi mesi, riuscirono a riaprire i propri battenti e a riorganizzarsi con attrezzature sempre più moderne.
Mentre la produzione di lastre fotoincise si era valsa, fino a questa data, di supporti in rame, dal 1895 furono adoperate esclusivamente matrici in zinco, materia, come si sa, tutt'ora ampiamente utilizzata per la litografia. Nel maggio dello stesso anno ebbero i primi risultati apprezzabili nel campo della fotografia a colori, mettendo a punto una formula personale del sistema in tricromia con una variante nella preparazione del negativo del rosso; essi riuscirono cioè a "far agire il giallo e l'azzurro-verde con intensità tale da isolare perfettamente il rosso, accoppiando due sensibilizzatori ottici speciali, ed esponendo attraverso un filtro che assorbiva completamente le radiazioni rosse" (Bonacini).
Già nel 1897 i D. avevano contribuito con tavole a colori all'illustrazione della Rivista marittima, del Bullettino della Società fotografica italiana e della Tribuna illustrata, mentre si preparavano a pubblicare le tavole in tricromia del già ricordato volume sull'appartamento Borgia in Vaticano. Il Bullettino, cui i D. fornivano gratis gli zinchi per la grafica delle testate, così come la Fotografia artistica (Torino) e tutte le maggiori riviste del settore fotografico dell'epoca non mancavano di fornire informazioni continue sull'attività della ditta che cominciava a segnalarsi anche nel campo dell'editoria d'arte.
Diversi artisti, interessati alla sperimentazione fotografica ed incisoria, come F.P. Michetti e G.A. Sartorio, si avvalsero ampiamente dell'esperienza dei D. e dei loro torchi da stampa per l'elaborazione di tavole fotoincise. Nel 1903, utilizzando il nuovo sistema tricromo, i D. iniziarono la pubblicazione a dispense di un'opera dal titolo La Galleria d'arte moderna in Roma che aveva la finalità di portare a conoscenza del grosso pubblico le maggiori opere pittoriche contemporanee. Nel dicembre del 1905 - anno in cui erano usciti ben sette fascicoli - erano stati pubblicati dipinti di Michetti, Tavernier, Celentano, Faldi, Esposito, Ciseri, Vannutelli, in splendide tricromie che, presentate nelle varie edizioni annuali delle Esposizioni sociali del Bullettino, avevano riscosso pieno successo. La più significativa opera in tricromia di questo periodo è la riproduzione in facsimile di un famoso codice vaticano, edita, anche questa volta, con un testo di Muñoz e col titolo Ilcodice purpureo di Rossano e il frammento Sinopense (1907).
Cesare, dopo un primo matrimonio senza prole, sposò in seconde nozze Elvira Bongianni a sua volta vedova (aveva sposato in prime nozze Giuseppe Hinna) e madre di numerosi figli adottati da Cesare.
RemoDanesi Hinna (Roma, 14 maggio 1879-20 apr. 1937), figliastro di Cesare, continuò a dirigere la ditta e dopo di lui, nella generazione successiva, i suoi figli Luciano (10 marzo 1911-16 giugno 1977) e Giorgio (nato a Roma, 6 apr. 1913) con il quale la ragione sociale si sciolse definitivamente nel 1979.
Nel 1979 l'Istituto nazionale per la grafica, a ricordo del lavoro svolto per proprio conto da Cesare e Camillo nel 1894, ha acquistato un esiguo gruppo di rami fotoincisi da matrici fotografiche Anderson, due delle quali sono state esposte nella mostra fiorentina Fotografia italiana dell'Ottocento (1979).
Fonti e Bibl.: Esposizione fotografica a Milano, in Rivista fotografica universale, II (1871), p. 226;Roma, Archivio storicodell'Istituto nazionale per la grafica, Verbali delle adunanze artistiche della Regia Calcografia, 16 dic. 1894; C. Bonacini, La stampa fotografica tricroma in Italia, in Bull. della Società fotogr. ital., IX (1897),aprile-maggio, disp. 4-5, pp. 103-109; E. Ovidi, T. Minardi e la sua scuola, Roma 1902, p. 103; L. Loria, Una visita allo stab. Danesi, in Bull. d. Soc. fotogr. it.,XVI (1904), pp. 381-385; Fotogr. artist. (Torino), 1906, disp. 7, pp. 121, 124;disp. 8, p. 140; disp. 9, p. 154; disp. 10, p. 171; 1907, disp. 1, p. 1;disp. 2, p. 177, 1908, disp. 1, p. 15; Bull. della Soc. fotografica ital., XV (1903), disp. 12; XVI (1904), disp. 3; disp. 4, p. 135; disp. 5; XVII (1905), disp. 11; disp. 12; B. Nogara, Le nozze Aldobrandine i paesaggi con scene dell'Odissea e le altre pitture murali antiche conservate nella Biblioteca Vaticana e nei Musei pontifici, Milano 1907; O. Marucchi, I monumenti del Museo Cristiano Pio Lateranense, II, tavv. 96, Milano 1910; G.Dalmazzo, La tipografia, Torino 1914, p. 281; T. Agostini, Al litografo Danesi il primo nulla osta per la patente di fotografo, in Cronaca d'altri tempi, XV (1968), n. 11; P. Becchetti, in Roma cento anni fa nella fotografia del tempo, catal., Roma 1971, pp. 15,85; M. Miraglia, M. Danesi, in Fotografia ital. dell'Ottocento, catal., Milano 1979, pp. 151 s.; Id.,in Garibaldi arte e storia, Arte, catal.,Firenze 1982, pp. 300 s.; P. Becchetti, La fotografia a Roma dalle origini al 1915, Roma 1983, pp. 295 s.