DALMATIA
La provincia romana di Dalmatia (o Delmatia) prese nome dalla più importante delle tribù della regione illirico-danubiana affacciantisi sull'Adriatico. Ma il primo contatto impegnativo tra Roma e queste tribù illiriche si ebbe con le più meridionali di esse, quando nella seconda metà del III sec. a. C. regnava su vasto territorio la regina Teuta con capitale a Scodra (Skutari); Roma dovette allora (229-28) intervenire in difesa dei mercanti che nell'Adriatico venivano taglieggiati dai pirati illirici. Qualche anno dopo (219 a. C.) Roma intervenne contro il nuovo re Demetrio di Faro che aveva violato i patti con i Romani. Nel 168 il re illirico Genzio fu ridotto prigioniero per aver appoggiato il re di Macedonia Perseo nella guerra con Roma, e il regnum Illyricum fu allora fatto vassallo di Roma.
La decadenza di questo regno meridionale dell'Illiria, il più organizzato e più valido politicamente, segnò il ridestarsi dello spirito indipendente dei Dalmatae che avevano capitale a Delminium (odierna Županjac nel Duvnopolje), mentre sulla costa fiorivano da secoli centri di forti contatti col mondo greco dal quale erano arrivati anche nuclei coloniali, come quelli greco-siculi di Issa (odierna Vis, Lissa) e quelli cnidi di Corcyra Nigra (Korcula, Curzola). Questi Greci avevano anche basi sulla costa, ad Epetium e Tragurium. Contro i Dalmati combatté, nel 156, C. Marcio Figulo e nel 117 riportò su di essi trionfo L. Cecilio Metello. Già allora era grossa roccaforte illirica sulla costa Salona (Solin); pertanto essa fu presto meta di spedizioni romane come quella di Gaio Cosconio nel 78 per domarvi i Dalmati che attaccavano le popolazioni contigue e turbavano la pace sull'Adriatico. Cesare nel 51-5o, allora proconsole in Gallia Cisalpina con annesso l'Illirico, dovette intervenire in difesa dei Liburni stanziati lungo la costa adriatica più a settentrione di Salona, tra Iader e Scardona. A Salona, come in altri centri della costa di particolare importanza commerciale (per esempio a Narona), esisteva un conventus civium Romanorum. Questa città rimase di parte cesariana durante le guerre civili, mentre le tribù dalmate rimasero dalla parte di Pompeo e furono sottomesse dal legato di Cesare Q. Cornificio. Pare anche che sia stato Cesare a dare all'Illirico una amministrazione provinciale autonoma con proprio governatore (forse quel P. Vatinio che nel 42 celebrò il trionfo). Le tribù illiriche richiesero ancora una serie di spedizioni prima di essere completamente pacificate. Dopo la campagna illirica del 35-33, nel 29 Ottaviano celebrò il trionfo su Iapodi, Pannoni e Dalmati e, nel 27, assegnò l'Illirico, che allora nella parte settentrionale comprendeva anche la regione tra Sava e Drava, al Senato; nell'11 passò la provincia tra quelle di amministrazione imperiale in tale epoca i confini nord-orientali dell'Illirico erano certamente al Danubio. Infine nel 6 d. C. Dalmati e Pannoni si ribellarono mentre Tiberio muoveva una spedizione oltre Danubio da Carnuntum contro i Quadi: la rivolta fu domata definitivamente nell'estate dell'8 d. C. Intorno al 10 l'Illirico fu diviso in due province: la Provincia Superior, a S del bacino della Sava, e la Inferior, a N. Il nome ufficiale di Dalmatia è posteriore pertanto a tale data e compare per la prima volta su un documento epigrafico militare che si assegna all'età di Claudio. In tale epoca la provincia ha una configurazione amministrativa, politica e geografica ormai ben precisa. Se, come pare, fu Augusto a portare i confini nord-orientali d'Italia all'Arsa, nell'Istria orientale, il confine della Dalmatia, partendo da questo fiume, seguiva poi il corso del Colapis (Kupa, Culpa) fino all'altezza di Siscia (Sisak) lungo la linea dei Kozara; inseriva poi una parte dell'odierna Serbia spingendosi fino all'altezza di Kolubara, e volgeva a S toccando l'estremità S-O a Sar Planina; di qui il limite meridionale della provincia era segnato dal corso del Mathis (Mati) o del Drilon (Drin) fino all'Adriatico.
Le tribù illiriche con forti infiltrazioni celtiche conservarono una organizzazione tribale, subordinata all'amministrazione romana, per lungo tempo, contemporaneamente al progressivo sviluppo dei centri cittadini forniti di diritto romano. Tra queste tribù ricordiamo oltre ai Dalmatae, i Ditiones, i Maezei, i Sardeates, raggruppati nel conventus Salonitanus con centro a Salona, colonia Martia Iulia, forse di istituzione cesariana, dove convenivano anche i Separi e gli Epetini, gli Issei e i Solentini. A Scardona, municipio flavio, alla foce del Tit(i)us (Krka, Cherca) aveva sede il conventus Scardonitanus dove convenivano le quattordici tribù della Liburnia, nel cui territorio, sulla costa, colonia forse cesariana era anche Iader (Zadar, Zara). Più a N erano. gli Iapodi, il cui centro religioso e civile era a Raetinium, nella zona di Golubić, nella valle dell'Una (Oeneus), ove veneravano il Bindus Neptunus presso le fonti della Privilica. Importante centro minerario era il municipio (nel III sec. colonia) di Domavia, dove risiedeva l'amministrazione delle miniere dalmatopannoniche, nella valle della Drina (odierna Skelani o Gradina) che era collegata da una strada con Sirmium, sulla Sava, in Pannonia, e quindi col Danubio.
Tutte le valli che attraversano la regione dividendola secondo i bacini danubiani e adriatici, erano infatti percorse da importanti strade che permettevano il collegamento dei porti dell'Adriatico colle province danubiane fino alla lontana Dacia. Da Senia (Senj, Segna) sull'Adriatico, una strada conduceva a Siscia in Pannonia, sulla Sava, mentre dalla stessa si staccava l'arteria che, attraversando la regione della Lika, riparata dai monti del Velebit, raggiungeva il castro legionario di Burnum (Suplja crkva, Archi Romani) e di qui portava a Salona toccando altri importanti centri cittadini come Promona, Magnum e Andetrium. Da Burnum, collegato ai porti di Iader e di Scardona, partiva anche la strada per Servitium (Stara Gradiška) sulla Sava, in Pannonia, che seguiva la valle della Krka (Titius), e dell' Urbanus (Vrbas). Da Salona, per la colonia di Aequum (Čitluk), si raggiungeva parimenti Servitium, attraverso il Livaniskopolje, e ancora la strada della valle del Vrbas. Altro collegamento importante era quello tra Salona e Sirmium (Mitrovica) sulla Sava, per Argentaria (pressi Srebrenica?) e che pertanto percorreva nell'ultimo tratto la valle della Drina attraverso la quale era collegata con Sirmium anche Domavia. Questo importante centro minerario era collegato colla Mesia da una strada che percorreva la valle della Morava. Salona era collegata colle città della D. meridionale sia da una strada costiera sia da quella più protetta interna che raggiungeva il porto di Narona e che attraversava il Tilurius (Cetina) a Trilj presso Gardun (sede di castro legionario nel I sec.), toccava il municipio di Novae (Runovic) e Bigeste nella valle del Trebižat, affluente della Naretva. Anche l'importante municipio di Doclea (oggi Duklja), centro delle 33 decurie dei Docleati allo sbocco delle valli montenegrine della Zeta e della Moraca, era collegato con Narona, e quindi Salona, dalla strada che partiva da Lissus (Lesh, Alessio) per Scodra (Skutari) e seguiva la valle della Trebinjcica per Adzizium (Trebinje). Come può far rilevare la condizione orografica della regione, la provincia non era delle più ricche, ma particolare importanza avevano le città della costa adriatica per i loro contatti coll'Italia e l'Oriente mediterraneo: in tali zone, come ha recentemente messo in luce la fotografia aerea, aveva sviluppo la coltivazione agricola di tipo romano (centuriazioni dei territorî di Salona, Tragurium, Iader, e dell'isola di Pharia). Oltre che economica l'importanza della costa dalmata era anche di carattere militare-strategico e quindi politico; così, per esempio al tempo della invasione marcomanna Marco Aurelio fece fortificare Salona e altre città.
A Salona aveva sede il legato imperiale governatore della provincia, il quale fu sempre di rango consolare anche dopo ché la provincia non fu più presidiata da legioni, cioè dall'età flavia. A Salona era anche un distaccamento della flotta ravennate con servizio di polizia. Un'iscrizione inoltre ci fa attestazione probabilmente del faro del porto cui sovrintendeva un prefetto. Nella seconda metà del Il secolo fu staccata dalla D. e inclusa entro i confini dell'Italia assieme al territorio pannonico di Emona (Ljubljana) la parte occidentale della Liburnia fino a Tarsatica (Tarsat, presso Rijeka, Fiume), mentre colla riforma dioclezianea la parte più meridionale della provincia, includente Docleati, Pirusti e Scirtoni, colle città di Doclea, Scodra e Lissus, venne a costituire la provincia Praevalitana (Montenegto e Albania settentrionale). Colla divisione dell'Impero sotto Teodosio la D. venne a far parte della pars occidentalis e la diocesi dell'Illirico assegnata alla prefettura italiciana. La Prevalitana, invece, entrò nella pars orientalis. Nello stesso periodo cominciarono le invasioni e, nel 395, Salona è per la prima volta attaccata dai Goti. Sotto Odoacre la provincia rimase res privata dell'imperatore, amministrata dal capo del patrimonio. La nuova storia della regione si apre nel VI sec. colle invasioni e la penetrazione degli Slavi.
I maggiori documenti epigrafico-archeologici anche paleocristiani si hanno naturalmente a Salona; ma ricordiamo anche quelli di Aequum, Aenona, Aquae S-, Asseria, Doclea, lader, Narona. Del castro di Burnum sarebbero state individuate le canabae presso Kistanje, a Gorinium (Karin) l'anfiteatro, a Delminium il Foro. Importanti resti archeologici si hanno anche nella zona dov'era ubicata Domavia, a Flanona, Rider (Danilo Gornje), Scardona, Tarsatica. I molti documenti archeologici ci testimoniano anche la diffusione dei culti; oltre a quelli ufficiali di Giove e della Triade capitolina e a quello di Silvano, così comune nelle province illirico-danubiane da essere considerato una interpretatio romana di precedente divinità indigena, sono da rilevare nella D. quello di Libero, spesso in unione con Libera, e di Giano. Di carattere locale erano Anzotica, Latra, Iria, Ica.
Bibl.: G. Zippel, Die röm. Herrschaft in Illyrien bis auf Augustus, Lipsia 1877; H. Cons, La province romaine de Dalmatie, Parigi 1882; C. Patsch, Archaeolog.-epigr. Untersuchungen zur Geschichte der röm. Provinz Dalmatien, in Wiss. Mitteil. aus Bosnien und Herzegow., 1899 ss.; id., in Pauly-Wissowa, IV, 1901, cc. 2448 ss., s. v. Dalmatae; N. Vulicé, in Pauly-Wissowa, IX, 1914, cc. 1085 s., s. v. Illyricum; C. Patsch, Die Herzegowina einst und jetzt, in Schriften zur Kunde der Balkanhalbinsel, 1922; E. Weigand, Die Stellung Dalmatiens in der röm. Reichskunst, in Strena Buliciana, 1924, p. 77 ss.; C. Patsch, Beiträge zur Volkerkunde von Südosteuropa, in Sitzungsber. Akad. Wiss., Vienna 1932 e 1937; A. Betz, Untersuchungen zur Militärgeschichte der röm. Provinz Dalmatien, Baden presso Vienna 1938; M. Pavan, Ricerche sulla provincia romana di Dalmazia, in Memorie dell'Istituto veneto di Scienze, lettere ed arti, Venezia 1958; B. Saria, in Pauly-Wissowa, Suppl. VIII, 1956, cc. 21 ss.; sulla centuriazione nella provincia: J. Bradford, Ancient Landscapes, Studies in Field Archaeology, Londra 1957, passim, s. v. Delmatia.