DALLA VIOLA (della Viola, della Viuola, de la Viola, Viola)
Famiglia ferrarese di violisti e compositori, fu attiva probabilmente dalla fine del sec. XV al 1570 circa, al servizio della corte estense.
Tra i membri della famiglia si ricordano in particolare: Agostino, detto anche Agostino da Ferrara, violista, vissuto probabilmente tra la seconda metà del sec. XV e i primi decenni del sec. XVI; Francesco, figlio di Agostino; Alfonso, figlio forse illegittimo dello stesso Agostino. Infine va ricordato Andrea, fratello di Alfonso e di Francesco, anch'egli musico, di cui non sappiamo altro se non che aveva partecipato alla rappresentazione del dramma pastorale di A. Beccari, Il sacrificio, nel 1554, musicato da Alfonso.
Alfonso nacque a Ferrara nel 1508. t ricordato tra i primi autori di madrigale drammatico applicato alle forme spettacolari; è parimenti celebre come principale compositore per le tragedie, i drammi pastorali e le commedie alla corte di Ferrara, al cui servizio rimase dal 1528 al 1572 0 '73. Insieme con il fratello Francesco, e accanto a G. Fieschi, F. Manara, C. de Rore, e N. Vicentino, è ricordato tra i maggiori madrigalisti operanti in questo periodo in Ferrara, nella cui produzione si sottolinea l'uso del cromatismo come approfondimento interpretativo del testo. La sua produzione teatrale preannuncia le forme della Camerata fiorentina della seconda metà del secolo. Aveva completato la sua preparazione musicale insieme al ferrarese L. Luzzaschi. Musico del duca, percepiva uno stipendio superiore a quello dell'allora maestro di cappella Cipriano de Rore; si riferisce che il repertorio del Concerto grande del duca Alfonso II comprendesse esclusivamente due brani, uno di Alfonso e uno del Luzzaschi.
Agli inizi del 1528 compose musica per le nozze del principe ereditario Ercole d'Este e Renata di Francia. In quello stesso anno gli venne affidata la direzione della musica da camera, attività che svolse fino al 1570, anno in cui gli successe il Luzzaschi. Della sua attività di compositore vanno ricordate le musiche (ora perdute) per le rappresentazioni sceniche della tragedia Orbecche, del ferrarese G. B. Giraldi Cinzio, rappresentata nel 1541 in casa dell'autore, alla presenza di Ercole II; del dramma pastorale Il sacrificio, di A. Beccari, rappresentato l'11 febbraio e il 4 marzo 1554 (e replicato nel 1555 alla corte di Enrico II di Francia), alla cui musica il D. deve particolarmente la sua fama; del racconto pastorale Lo sfortunato, di A. Argenti, rappresentato nel 1567 a Ferrara, alla presenza del duca Alfonso II e di Torquato Tasso, il quale - sappiamo - aveva avuto modo di stringere amicizia con Alfonso; infine dell'Aretusa, di A. Lollio, un genere promiscuo di tragedia classica, di commedia e di favola pastorale, rappresentata a Ferrara nel 1563.
Si ritiene che queste musiche consistessero generalmente di madrigali interpolati e di cori omofonici, precedenti il primo atto e concludenti l'opera, basati su testi di carattere moraleggiante. Ci sono rimaste alcune pagine manoscritte (conservate a Firenze, Bibl. nazionale, ms. Palatino E.6.6-46; pubblicate in ediz. moderna in Rivista mus. italiana, X [1903], pp. 217-20) della musica per Il sacrificio del Beccari, riguardanti la terza scena del terzo atto, per solo e coro a quattro voci (cantus, altus, tenor, bassus), e una canzone finale a quattro voci (cantus, altus, tenor, bassus). La terza scena è destinata ad un personaggio di carattere religioso, il sacerdote, con una invocazione di questo al dio Pan, alla quale risponde il coro; è documento ritenuto di grande interesse in quanto vi è riconoscibile un esempio di recitativo accompagnato; non si può tuttavia escludere che in questa forma Alfonso avesse avuto già dei precedenti. Il canto del sacerdote si svolge su una melodia ancora sillabica e severa, di andamento solenne e con le strofe coronate da una invocazione corale, sulle parole OPan Liceo. La parte del sacerdote fu cantata dal fratello di Alfonso) Andrea, che è da ritenersi si accompagnasse con una lira.
Nel 1539 e nel 1540 Alfonso pubblicò rispettivamente il Primo e il Secondo libro di madrigali a quattro voci, per un totale di quarantatré brani nel primo, e di quarantasei brani nel secondo (Ferrara, per G. de Boughlat - E. de Campis - A. Hucher il primo, per H. de Campis il secondo).
Si tratta di un vero repertorio comprendente madrigali per ogni possibile situazione della "ars amatoria" di corte. In essi l'autore manifesta il più grande rispetto per la forma esteriore del testo: ambedue i libri contengono un sorprendente numero di testi nella forma di ballate, dove l'autore ha sempre cura di dare la stessa musica alla "volta" e alla "ripresa". Lo stile è fondamentalmente omofonico, ciò che spiega l'amore di Alfonso per le aperture accordali, e ne fa in definitiva un autore molto più colorito . di altri madrigalisti dell'epoca. Nelle raccolte troviamo musicati, tra gli altri, un sonetto del Petrarca, Si traviat'è'l folle mio desio (1539, n. 42) e un sonetto dell'Ariosto, La rete fu di queste fila d'oro (1539, n. 31).
Fu maestro di cappella dei duomo di Ferrara, probabilmente a partire dal 1568, anno in cui avrebbe preso il posto del fratello Francesco, fino al 1572 o '733 anno in cui gli successe P. Isnardi. Contemporaneamente svolse attività nell'Accademia musicale dei Concordi, fondata fin dal 1560 da Alfonso II. Morì nel 1573 circa.
Francesco (Cecchin), nato nei primi anni del sec. XVI, compositore la cui importanza consente sicuramente di collocarlo all'altezza del fratello Alfonso, è figura di rilievo nella musica di questo secolo: i suoi madrigali e i suoi mottetti vengono considerati di grande interesse, alcuni addirittura come autentici capolavori. Ricevette una prima educazione alla scuola di grammatica musicale del duomo di Ferrara. Fra il 1522 e il 1526 circa fu allievo del grande maestro fiammingo A. Willaert, quando questi era attivo a Ferrara presso il duca Alfonso I. Fu al servizio di casa d'Este a partire dal 1530. anzitutto come precettore di viola del principe ereditario Ercole: la sua abilità era tale che ben presto fu conteso fra il duca, il principe e il cardinale Ippolito, fratello del duca. Il suo virtuosismo di compositore lo rese subito famoso non solo a Ferrara, ma anche a Venezia e a Roma. Negli anni seguenti finì per un infortunio nelle prigioni ducali, e venne liberato grazie alle pressioni, pare, del cardinale Ippolito, per il quale nel 1540 Francesco prestò servizio a Roma come maestro di cappella. Fu in quel periodo che conobbe e strinse amicizia con Benvenuto Cellini, in quel tempo al servizio del cardinale a Roma e liberato da poco dalle prigioni di Castel Sant'Angelo per sua intercessione. Il 17 febbr. 1540, per ordine di Ippolito, il Cellini disegnò e allestì un carro allegorico sul quale Francesco diresse una sua musica straordinaria in onore di papa Paolo III.
Nel 1543 tornò a Ferrara a servizio dei duca; in occasione della visita, in quel lo stesso anno, del papa, Francesco par tecipò come violista agli intermedi del Concerto de la Comedia, insieme con J. Brumel (organo o cembalo), Antonio dal Cometto (cometto), Nicolò dal Trombone (trombone), l'Assassino (liuto), F. Trombone (dulciana), e le due voci di tali Furlano e Costanzo. Intanto nell'anno 1547 veniva a Ferrara in qua lità di maestro di cappella Cipriano de Rore, presenza che fu sicuramente determinante nell'ambiente musicale di corte. Nel 1548 uscì a Venezia la importante antologia Madrigali de la fama a quattro voci per l'editore H. Scotto (ristampato nello stesso anno, sempre a Venezia, da A. Gardano), che comprende opere di Francesco, del de Rore e del ferrarese Francesco Manara. Nel 1549 pubblicò due mottetti ne Il primo libro di mottetti a cinque voci e un mottetto ne Il terzo libro di mottetti a cinque voci di C. de Rore e altri autori, entrambi a Venezia presso l'editore G. Scotto. Ma la presenza a Ferrara di Cipriano dovette indurre Francesco a rielaborare profondamente il suo modo di comporre. Nel 1550 uscì a Venezia, presso l'editore A. Gardano, il suo Primo libro di madrigali a quattro voci, dedicato a Leonora d'Este, opera che viene giudicata di importanza fondamentale non solo all'interno della sua produzione, ma nella evoluzione stessa del madrigale, tenuto conto che in essa sono ripresi e rielaborati, secondo una nuova concezione madrigalistica, quei diciotto madrigali già apparsi nel '48 nell'antologia Madrigali de la fama. Nel 1553 egli ricevette un feudo da parte del duca Ercole II. A questi anni andrebbe riferita la data di pubblicazione dei madrigali a cinque voci citati da G. B. Doni nella sua Libreria, e non ancora rintracciati.
Nasceva intanto una grande amicizia tra Francesco e Alfonso d'Este (poi Alfonso II); nel 1558 si recarono a Venezia, dove ebbero modo di intrattenersi con i più importanti musicisti veneti, fra i quali si ricorda in particolare G. Zarlino, e con A. Willaert. Non è un caso che in quell'anno Francesco fosse autore della dedica della Musica nova del Willaert, indirizzata ad Alfonso, che si fece carico della spesa di stampa. Nello stesso anno Gioseffo Zarlino lo citava, assieme con il Willaert, come interlocutore nelle sue Istituzioni harmoniche (Venezia 1558), indicandolo come suo particolare amico. Nel 1559 gli fu conferita da Alfonso II d'Este la carica di maestro di cappella, ed egli successe così a Cipriano de Rore, il quale in quell'anno avrebbe abbandonato definitivamente Ferrara. Durante questa sua attività venne aumentato il numero dei musici di cappella e dei musici per camera. Sempre nel 1559, in occasione della successione di Alfonso al padre Ercole, compose una Missa "Veni Sancte Spiritus"; nel tenor del Sanctus leggiamo la celebrazione "Inclitae Ferrariac Alphonso Duci quinto laeta longa secula".
Nel 1560 veniva fondata da Alfonso II l'accademia di musica, detta dei Concordi, con tutti i musici attivi in Ferrara, alla quale partecipò anche il fratello Alfonso. Nel 1562 si recò nuovamente a Venezia con il duca Alfonso II, ed ebbe così modo di visitare il vecchio e infermo Willaert. In questo stesso anno pubblicò tre madrigali nell'antologia I dolci et harmoniosi concerti, a Venezia, per l'editore G. Scotto. Occupò fino alla morte, avvenuta il 19 marzo 1568, un posto di rilievo nella vita musicale di Ferrara, e non è improbabile che avesse partecipato come compositore alle molte rappresentazioni teatrali e ai tornei con musica. Purtroppo disperse sono le musiche strumentali e rappresentative. Nel 1569 vennero pubblicati a Venezia, presso l'editore Z. J. di Zorzi, cinque madrigali a quattro voci della raccolta La Eletta di tutta la Musica intitolata Corona.
Fonti e Bibl.: E. Bottigari, Il Desiderio, overo de' concerti di varij strumenti musicali, dialogo, Bologna 1599, p. 43; A. Solerti, Ferrara e la corte estense nella seconda metà del secolo XVI, Città di Castello 1900, p. CXXI; Id., Albori del melodramma, I, Milano 1909, pp. 12 s.; W. Weyler, Documenten betreffenden de Muziekkappel aan het hof van Ferrara, in Vlaamsche Jb. voor muziekgeschiedenis, I (1939), pp. 81-116; A. Einstein, The Italian madrigal, I, Princeton, N. J., 1949, pp. 300-06, 407; L. Agostini Ferrarese, Canzoni alla napolitana a 5voci, libro primo, a cura di A. Cavicchi-R. Nielsen, Brescia 1963, pp. 10, 13, 16; L. Luzzaschi, Madrigali per cantare e suonarea 1, 2, 3 soprani, a cura di A. Cavicchi, Brescia 1965, p. 8 e n.; C. Sartori, Viola, della, in Musik in Geschichte u. Gegenwart, XIII, Kassel 1966, col. 1689; G. F. Malipiero, Il filo d'Arianna, Torino 1966, p. 83; F. Abbiati, Storia della musica, Milano 1967, I, pp. 475, 495, 558, 583; A. Cavicchi, Francesco della (o dalla) Viola, in Enc. della Musica Rizzoli-Ricordi, II, Milano 1972, pp. 24 s.; C. Schmidl, Diz. univers. dei musicisti, I, p. 35; II, p. 668; The New Grove's Dict. of Music and Musicians, V, pp. 163 s.