DAL PONTE, Gerolamo, detto Bassano
Ultimo figlio del pittore Iacopo e di Elisabetta Merzari, nacque il 3 giugno 1566 a Bassano del Grappa dove fu battezzato l'8 giugno (Gerola, 1905, p. 105 n. 2; Muraro, 1983) e non nel 1560, come erroneamente scrisse il Verci (1775, p. 208).
Dal testamento di Iacopo (10 febbr. 1592: Alberton Vinco da Sesso-Signori, 1979) si deduce chiaramente che il D., come il fratello Giambattista, abitava nella casa paterna e collaborava nella bottega, anche se seguiva gli studi di medicina all'università di Padova: "continuando tuttavia a dipingere, mutò parere, seguendo il naturale talento della casa" (Ridolfi, 1648). Documenti che lo danno presente a Bassano nel 1580 e nel 1581 (Crivellari, 1893) sono le ricevute di pagamento per una pala con La Vergine e le ss. Agata e Apollonia eseguita dal padre per la Confraternita di S. Giuseppe. I suoi studi per il dottorato in medicina sono ricordati nel 1587 dal fratello Francesco, che nel testamento (Gerola, 1905, p. 105) gli assegna "ducati dugento in contanti", poi ridotti a 50 in un codicillo aggiunto il 25 genn. 1589 (ibid., pp. 106 s.).
Nel 1592 il D. non aveva ancora abbandonato l'idea di addottorarsi se nel codicillo ag iunto al suo testamento l'11 febbraio di quell'anno Iacopo, ampliando l'eredità a Leandro, pose fra altre clausole anche quella ch'egli contribuisse alla "spesa dello studio et convento" di Gerolamo. Questi e Giambattista sono considerati nel testamento paterno come quelli, tra i quattro figli pittori, che "non hanno arte". La scarsa abilità del D. è pure testimoniata dal fatto che il padre gli lasciò in eredità due terzi delle opere che si trovavano nella bottega (un terzo venne assegnato a Giambattista): era quello che ne aveva più bisogno perché non abbastanza ammaestrato nell'arte (Alberton Vinco da Sesso-Signori, 1979, pp. 163 s.).
Dal 1592 al 1595 il D. è nominato a Bassano in più documenti: alcuni, ora perduti, riguardano la lite tra lui e Giambattista da una parte e la vedova di Francesco (morto il 3 luglio 1592) dall'altra, la quale voleva - conseguire la legittima spettante al defunto marito. Altri documenti del 1593 e del 1594 si riferiscono alla restituzione della dote nuziale alla madre, e alla tormentata divisione della casa paterna, prima tra Leandro da una parte e Giambattista e il D. dall'altra e poi tra il D. e Giambattista (ibid., p. 1633 nn. 18 ss.).
Dopo il 1595 il D. soggiornò stabilmente a Venezia (Gerola, 1909, t. 3), non senza qualche ritorno in patria probabilmente per soddisfare le commissioni che venivano dal Bassanese: l'Agnoletti (1898) dice che nel 1598 il D. concorse con un'opera di sua mano, ora perduta, per la chiesa di S. Salvatore a Castelfranco; troviamo ancora la data 1598 nella pala di Campese con La Vergine, il Bambino e i ss. Martino e Lucia. Il 2 marzo 1604 la Confraternita del S. Spirito di Oliero gli versò "a bon conto del confalon dela Madona" (ora disperso) lire 40 e il 7 agosto dello stesso anno altre 300 lire "de sua mercede". Un'altra data in cui il D. è nominato è il 10 febbr. 1613 in una lettera che il vicentino Paolo Gualdo inviò al fratello Emilio, informandolo che un quadro di sua proprietà, raffigurante La Vergine coi ss. Rocco e Sebastiano dipinto da Iacopo, si trovava allora in mano al D. per essere da lui restaurato (Dalla Pozza, 1943).
Dal suo testamento, steso il 27 ott. 1621 a Venezia "in casa dell'habitatione del signor Domenico Biava" suo cognato, sappiamo che aveva sposato Zanetta Biava, vedova con un figlio, Gasparo (Gerola, 1905, pp. 107-14).
L'8 nov. 1621 (ibid., p. 105 n. 2) il D. morì a Venezia e il 10 novembre fu sepolto nella tomba di famiglia in S. Francesco a Bassano, vestito da cappuccino, secondo la sua volontà: "esendo che io sono nella Congregacione di detti Padri Capucini" (ibid., p. 113).
La generosità d'animo doveva essere una sua qualità se nel testamento si ricordò di tutti i familiari ed anche del suo garzone Marcantonio. Tutti gli storici e i critici moderni riconoscono al D. capacità superiori a quelle di Giambattista.
Tra i figli di Iacopo, egli si dimostra il suo più stretto seguace nelle prime opere che dipinge tutte di propria mano: quando era nella bottega paterna si trovava in uno stato di apprendista e di collaboratore per una produzione collettiva. Fu abilissimo come copista e in questo campo "fece opere tali, tratte pure dal Padre, che alcune passarono per quella mano" (Ridolfi, 1648): tutte le fonti antiche, specialmente il Verci (1775, p. 208), lo lodano per questo. Anche se non possediamo alcuna opera che rechi sia la sua firma sia la data, possiamo farci un'idea della sua arte dalle poche tele firmate o documentate e quindi stabilire una certa cronologia.
Ad un primo periodo, influenzato dal tardo pittoricismo paterno, possono appartenere, secondo il parere della maggioranza dei critici, la pala firmata della parrocchiale di Cismon con La Madonna e i ss. Marco e Giustina; quella già ricordata della parrocchiale di Campese, ivi trasportata dall'oratorio di S. Martino, datata 1598 (Magagnato, 1952); la tela, ora al Museo civico di Bassano, con S. Giovanni Evangelista con ai piedi l'offerente Lodovico Tabarino; la copia del Presepio di Iacopo del 1568, nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Accanto a queste opere, basilari per riconoscere la maniera iniziale del D., gli studiosi, soprattutto l'Arslan (1960), gliene attribuiscono altre in cui si trova la tipica tematica bassanesca religiosa o profana. Per quanto riguarda la già citata pala, eseguita nel 1580-81 per la Confraternita di S. Giuseppe, Ora al Museo civico di Bassano (con La Madonna che appare alle ss. Apollonia e Agata), assegnata al D. dall'Arsian (1960), gli ultimi studi (Rearick, 1967) hanno dimostrato come essa appartenga invece a Iacopo e come la parte avuta dal figlio, allora quattordicenne, sia stata solo di firmatario delle ricevute di pagamento.Al periodo più tardo, in cui il D. s'avvicina ai modi del fratello Leandro, appartengono: la pala ora al Museo civico di Bassano. proveniente dalla chiesa di S. Fortunato, con La Vergine, il Figlio e i ss. Fortunato ed Ermagora; quella, in deposito al Museo civico di Bassano dalla chiesa di S. Giovanni Battista, con S. Giustina, s. Barbara, s. Marco e la Vergine col Bambino; quella con l'Apparizione di Cristo e della Vergine a due santifrancescani che, già nel santuario delle Cendrole presso Riese, si trova nel duomo di Tolmezzo; quella con i SS. Francesco, Chiara e Carlo nella parrocchiale di Crespano del Grappa. Niero (1969) assegna a questo periodo del D. una pala da lui ritrovata con S. Teonisto vescovo tra i ss. Stefano e Lorenzo e la Madonna in gloria, già nella parrocchiale di Possagno e ora nella cappella del collegio Canova, sempre a Possagno. Anche sulla scorta di queste opere sicure, altre si possono riconoscere dipinte in questa seconda fase d'avvicinamento all'arte di Leandro.
Fonti e Bibl.: Fonte ined. è il Catastico della Confraternita di Santo Spirito (inizio 1588) conservato nell'Archivio parrocchiale di Oliero (Vicenza), ff. 126r, 130r. Per le fonti edite e la bibliogr. sino al 1909 si veda G. Gerola, Bassano G., in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, III, Leipzig 1909, pp. 3 s., che dà un'ampia trattazione alla famiglia dei Bassano (pp. 1-8). Ma vedi in particolare: C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte [1648], a cura di D. v. Hadein, II, Berlin 1924, p. 171; G. B. Verci, Notizie intorno alla vita e alle opere de' pittori... di Bassano, Venezia 1775, pp. 207-13; G. Crivellari, Spigolature da Pontiane, in Bassano e Jacopo da Ponte, num. unico, Bassano 1893, p. 10; C. Agnoletti, Treviso e le sue Pievi, Treviso 1898, II, p. 263; G. d. B. [Gerola], I testamenti di Francesco il Giovane e di G. da Ponte, in Boll. d. Museo civico di Bassano, II (1905), pp. 103-14; L. Chiarelli, Iconografia bassanese, ibid., VI (1909), p. 86; G. Gerola, Bassano, Bergamo 1910, p. 115; A. Venturi, Storia d. arte ital., IX, 4, Milano 1929, p. 1331; W. [E] Arsian, I Bassano, Bologna 1931, pp. 291 ss.; S. Bettini, L'arte di Jacopo Bassano, Bologna 1933, pp. 168 s.; A. M. Dalla Pozza, Andrea Palladio, Vicenza 1943, pp. 37 s.; L. Magagnato, Dipinti dei Bassano (catal.), Venezia 1952, pp. 18, 20, 53; E. Arslan, I Bassano, Milano 1960, pp. 277-92 (con bibl. ulteriore); A. Ballarin, Chirurgia bassanesca, in Arte venera, XX (1966), p. 116; C. Donzelli-G. M. Pilo, I pittori del Seicento veneto, Firenze 1967, pp. 71 s. (con bibl.); W. R. Rearick, Jacopo Bassano's last painting: The Baptism of Christ, in Arte veneta, XXI (1967), pp. 102 s.; A. Niero, Aggiunte di Giannantonio Moschini al Federici, ibid., XXIII (1969), pp. 248, 252, n. 26; L. Magagnato-B. Passamani, Il Museo civico di Bassano dei Grappa (catal.), Venezia 1978. pp. 14 ss.; L. Alberton Vinco da Sesso-F. Signori, Il testamento di Jacopo Bassano, in Arte venera, XXXIII (1979), pp. 161-64, passim; W. R. Rearick, The Portraits of J. Bassano, in Artibus et historiat, I (1980), pp. 99-114; R. Pallucchini, La Pittura venez. del Seicento, Milano 1981, p. 29; M. Muraro, Pittura e società: il Libro dei conti e la bottega dei Bassano, Università di Padova, fac. di magistero, a. a. 1982-82, dispense ciclostilate.