DAΚHLA (arabo «l'oasi interna», per distinguerla da quella di Kharga, «l'oasi esterna», distante c.a 180 km)
Oasi a O della valle del Nilo, aveva un ruolo fondamentale per l'Antico Egitto come punto di partenza e di arrivo per le strade che conducevano verso Sud, da dove arrivavano i prodotti esotici africani (quelli di Punt), e verso Ovest e la Libia, da dove arrivavano il vino e l'olio.
Non lontano dal villaggio moderno di Balat si trovano le due grandi aree archeologiche di 'Ayn Asil e Qil'a ed-Dabba, scoperte nel 1968 dall'archeologo egiziano Aḥmed Fakhry, e dove dal 1977 l'esplorazione archeologica è condotta, con risultati eccezionalmente fruttuosi, dall'Institut Français d'Archéologie Orientale del Cairo.
Ad 'Ayn Asil si trovava la sede amministrativa del «governatore dell'oasi»; la facies urbana che viene via via delineandosi grazie alle costanti scoperte, è di rilevanza straordinaria per la conoscenza dell'urbanesimo nell'Egitto faraonico più antico, dal momento che la città è stata occupata tra la VI dinastia e il Medio Regno (c.a 2200-2100 a.C.). Si tratta di un impianto urbano molto esteso, che presenta cinta muraria e porte d'accesso. Nella zona centrale della città | sono state individuate due cappelle, in parte distrutte da un incendio, accompagnate da locali e reperti (silos per grano, macine, forme da pane), che mostrano l'utilizzo come panetteria. Gli scavi hanno restituito testi amministrativi (conti, lettere, liste di personale), incisi in ieratico su tavolette d'argilla cruda (un supporto scrittorio singolare per l'Egitto, finora) delle quali alcune sono state cotte da un antico incendio che ha coinvolto soprattutto il centro della città.
Qil'a ed-Dabba, la necropoli c.a 1 km a O della città, comprende - oltre alla zona meridionale con tombe rupestri del Medio Regno grandi tombe dell'Antico Regno, costruite con mattoni crudi, la cui soprastruttura presenta la forma tipica indicata col nome di mastaba, con la camera funeraria sotterranea a cui si accede con corridoi. Sono state finora esplorate cinque mastabe, o complessi di mastabe contigue, caratterizzate dalle cinte «a facciata di palazzo», fra le quali quelle del governatore Ima-Pepi (mastaba I/D) e del governatore Medunefer (mastaba V). Il materiale raccolto consiste in ceramica per contenere le offerte alimentari funerarie, molti vasi di pietra di bella fattura (alcuni portano scritto il nome di faraoni della VI dinastia, Pepi I e Pepi II). Fra gli oggetti preziosi, vanno ricordati cinque amuleti d'oro massiccio (lungh. max. 2,4 cm) raffiguranti: Thot-Ibis, il cane Upuaut, il dio Heh e inoltre l’occhio-ugiat e un personaggio nudo, in piedi; furono trovati sul corpo stesso del governatore Medunefer, nella sua camera funeraria. Per la storia dell'arte nell'Antico Regno, il reperto più importante è certamente il vaso unguentario in alabastro a forma di scimmia col suo piccolo stretto al petto (mastaba V).
Tra gli altri siti archeologici dell'oasi, vanno ricordati per il loro interesse sia per l'architettura sia per la storia della pittura parietale funeraria in area periferica, 'Ayn Bašandi (dove nel 1947 fu scoperta la tomba decorata e dipinta di un certo Ketinos, del I sec. d.C.), el-Qasr, con resti imponenti di un tempio di Thot (tardo-tolemaico), inglobato nelle abitazioni moderne, Deir el-Hagar dove si trova un tempio in pietra (sala ipostila, vestibolo, tre cappelle) datato ai regni degli imperatori romani Nerone, Vespasiano, Tito e Domiziano, con resti di abitazioni e installazioni militari di quell'epoca.
Per la storia della pittura d'età tardo-ellenistica in Egitto, in zona periferica, è di grande rilievo Qaret el- Muzawwaqa, dove un certo numero di tombe d'epoca romana sono decorate con pitture; le più importanti sono quella di Petubasti e quella di Petosiri, che conservano interessanti scene religiose (di ispirazione egiziana tradizionale ma in stile greco-romano) e astronomiche; gli «zodiaci» dei due soffitti di Petosiri sono una raffigurazione simbolica del distacco dell'anima dal mondo terreno per quello spirituale,/basata su concezioni egiziane, greche e anche vmitraiche; i segni zodiacali rappresentano la creazione materiale da cui l'anima si distacca; il male della creazione è rappresentato (sul soffitto della prima stanza) da un uroboros, un serpente con coda di coccodrillo, concetto che sul soffitto della seconda stanza è espresso dalla figura di Horns in piedi su due coccodrilli, mentre tiene in mano i serpenti. Il Sole, la Luna e i pianeti assistono al distacco dell'anima dal mondo materiale. Tipicamente faraonica è la presenza degli avvoltoi e delle barche di papiro per il viaggio astrale. Nella tomba di Petubasti, la scena simbolico-astronomica sul soffitto è più semplice: lo zodiaco è diviso in dodici settori, il cielo è sorretto ai quattro lati (i punti cardinali) da una dea inginocchiata. I colori delle pitture sulle pareti delle tombe come sui soffitti sono ancora vivi e ben conservati.
Bibl.: Per gli scavi francesi a Balat, cfr. il notiziario di j. Leclant, in Orientaba, LI, 1982, pp. 92-93, 463-464; LII, 1983, pp. 514-515; LUI, 1984, p. 391; LIV, 1985, pp. 389-390; LV, 1986, pp. 291-292; LVI, 1987, pp. 353-354; LVII, 1988, pp. 365-369.
H. E. Winlock, Ed Däkhleh Oasis, New York 1936; Denkmäler der Oase Dachla. Aus dem Nachlass von Ahmed Fakhry, Magonza 1982.