Dai primi insediamenti al fenomeno urbano. Estremo Oriente
In Estremo Oriente i processi che hanno portato alla sedentarizzazione delle comunità umane sono strettamente correlati alla variazione dell'economia di sussistenza e alla progressiva acquisizione delle tecniche agricole. Nel vasto territorio cinese il fenomeno della stanzialità dei gruppi umani prende corpo, nelle forme archeologicamente meglio documentate, in due macroregioni: nella Cina centro-settentrionale, in una vasta area che si estende dalla provincia occidentale del Gansu alla media e bassa valle del Fiume Giallo fino alle provincie nord-orientali di Liaoning, Jilin e Heilongjiang, e nelle regioni meridionali del Paese, principalmente lungo il medio e basso corso del fiume Yangtze, in particolare in prossimità del Lago Tai. Relativamente al fenomeno della sedentarizzazione, le diversità cronologiche tra le due macroregioni sono ancora consistenti: mentre infatti nelle regioni centrali e settentrionali nuclei abitati sono già attestati con l'orizzonte culturale Cishan/Peiligang (6500-5000 a.C. ca.), caratterizzato da una economia mista con forme di protoagricoltura connesse alla coltivazione del miglio, nel Sud del Paese le prime evidenze di villaggi non risalgono oltre il Neolitico medio, come attestato dai ritrovamenti della cultura di Hemudu (5000-3500 a.C. ca.), alla quale sono datate le prime evidenze della domesticazione del riso in Asia. Le evidenze relative agli abitati Cishan/Peiligang sono variamente ripartite nell'ampio areale di distribuzione di questa cultura. Ancora poco conosciuti, gli insediamenti si presentano come semipermanenti, forse a carattere stagionale, gruppi di capanne apparentemente senza una particolare disposizione o chiare relazioni tra le singole unità abitative, affiancati da fosse di immagazzinamento per la conservazione delle derrate alimentari. Uno dei siti meglio investigati è quello di Egou (distretto di Mixian, Prov. di Henan) dove sono stati portati alla luce resti di semplici abitazioni a capanna con pianta per lo più circolare di 2-3 m di diametro, con piano di calpestio ribassato e probabilmente protette da una semplice copertura di rami, sterpi e fango, mentre i depositi interrati per la conservazione del cibo sono distribuiti tra le abitazioni: ulteriori indicatori della specializzazione verso forme protoagricole sono lo strumentario e la presenza all'interno delle sepolture di ollette, pestelli e macine. Le leggere variazioni nei corredi funerari, l'orientamento delle sepolture, che può mutare da sito a sito, sembrano indicare, nell'ambito Cishan/Peiligang, varianti regionali tra comunità sostanzialmente omogenee, in probabile contatto tra loro e prive di una qualche forma di gerarchizzazione interna. Contemporanee all'orizzonte Cishan/Peiligang sono le culture neolitiche della Cina nord-orientale, la cui fisionomia è stata delineata dagli scavi condotti negli ultimi vent'anni del Novecento. I siti di Chahai (Fuxin, Liaoning) e Xinglongwa (Chifeng, Bandiera di Aohan, Mongolia Interna), datati al 6500-5000 a.C. ca., testimoniano forme di insediamento che indicano un processo di sedentarizzazione più avanzato rispetto alle contemporanee culture Cishan/Peiligang, stante l'equivalente economia a carattere misto, con una sussistenza basata sull'allevamento, la caccia e la pesca affiancate da un'agricoltura ancora primitiva. A Chahai sono stati riportati alla luce i resti di un piccolo villaggio formato da undici abitazioni: ciascuna presenta una pianta quadrangolare ad angoli smussati in corrispondenza dei quali si trovano gli alloggiamenti per i pali di sostegno della struttura in legno; nell'interno una cavità centrale nel terreno, probabilmente utilizzata per la conservazione delle derrate alimentari, si accompagna ad un focolare. Le case, distanti l'una dall'altra non più di 1 o 2 m, hanno dimensioni tra loro simili (3-5 m di larghezza) tranne quella centrale, più grande, con lati di circa 8 m e suddivisa all'interno in vari ambienti. Questa relativa complessità dell'abitato si riflette in parte nel gruppo di piccoli manufatti in giada, al momento la più antica evidenza della lavorazione della nefrite, precursori degli ornamenti e degli oggetti rituali che distingueranno i membri della élite della successiva cultura Hongshan (3500-2500 a.C. ca.). Un analogo carattere di permanenza, o comunque di continuità nell'insediamento, rivela il villaggio individuato a Xinglongwa, con abitazioni semisotterranee a pianta quadrata e probabile struttura lignea di sostegno, tutte comprese all'interno di un'area delimitata di 183 × 166 m: qui, come a Chahai, alcune abitazioni eccedono la misura standard di 4-5 m per raggiungere anche gli 8 m di lunghezza e i 7 m di larghezza. Queste evidenze, unitamente al rinvenimento di figurine femminili fittili o in pietra, indicatrici di una condivisa ritualità, sembrano contenere, in nuce, alcuni degli elementi caratterizzanti le successive fasi di sviluppo delle culture fiorite nella regione nord-orientale: strutturazione articolata dei villaggi, che si presentano in forma compatta, con l'abitato chiaramente circoscritto e con le abitazioni di dimensioni maggiori più curate e articolate delle altre; religiosità e ritualità che si esprimono in una sofisticata industria della giada caratterizzata dalla produzione di ornamenti ed oggetti rituali per i membri della élite, le cui sepolture, in aree cimiteriali separate dagli abitati, rivelano chiaramente, nei corredi e nelle tecniche di costruzione, gradi di distinzione sociale. In sostanza, la regione nord-orientale si presenta come un caso interessante per seguire il graduale emergere, nel tardo Neolitico, di una società gerarchizzata anche attraverso l'evoluzione degli insediamenti spesso rinvenuti intatti o scarsamente disturbati da intrusioni successive. Il radicamento nel territorio assume forme più marcate durante il Neolitico medio (5000-3000 a.C. ca.), come ormai sufficientemente noto grazie ad una serie di ritrovamenti effettuati a partire dagli anni Cinquanta. Nella media valle del Fiume Giallo consistenti evidenze di insediamenti abitati in modo più permanente e di villaggi che lentamente muovono verso forme più articolate di strutturazione interna, provengono da un considerevole numero di siti dell'ampio orizzonte culturale Yangshao. L'economia è di tipo misto, agricoltura, caccia e pesca, determinando il carattere ancora stagionale di gran parte degli insediamenti, che rivelano gradi diversi di occupazione nel tempo. Pur caratterizzati da una certa regolarità nell'impianto, i villaggi Yangshao, solitamente edificati in prossimità di corsi d'acqua, non presentano ancora al loro interno una marcata differenziazione nella grandezza delle abitazioni, sempre a capanna, con piante circolari o quadrangolari: in essi sembra riflettersi un sostanziale livello egualitario che è stato alla base della interpretazione, da parte degli studiosi cinesi, della società Yangshao come matriarcale, non gerarchizzata, basata su una equa redistribuzione delle risorse. Il carattere comunitario dei villaggi Yangshao, per lo più privi di sistemi di difesa, se si eccettuano i fossati che talvolta circoscrivono l'abitato, ma verosimilmente utilizzati per impedire l'allontanamento delle specie animali domesticate, sembra riflettersi anche nell'uso di abitazioni comuni (club-houses), di dimensioni maggiori delle capanne e solitamente situate al centro del villaggio. Uno dei villaggi Yangshao più noti è il sito di Banpo (Xi'an, Prov. di Shaanxi), venuto alla luce negli anni Cinquanta, al quale sono morfologicamente correlabili i villaggi scoperti nei siti di Jiangzhai (Lintong) e Beishouling (Baoji, Prov. di Shaanxi): tutti ricoprono un'area piuttosto vasta (50.000 m² ed oltre) e presentano le caratteristiche sopra elencate, ivi inclusa, in molti casi, la grande casa comune al centro del villaggio, protetto da fossato, che separa anche le abitazioni (capanne di piccole dimensioni costruite con semplici strutture portanti lignee ricoperte di paglia e fango essiccato) dall'area cimiteriale e dalle fornaci, chiara indicazione della distinzione tra le varie attività e funzioni incentrate nel villaggio. Una prova della definitiva sedentarizzazione delle genti Yangshao nella media valle del Fiume Giallo è stata offerta dalla individuazione, nel sito di Xishan presso Zhengzhou (Prov. di Henan), di un'imponente recinzione in terra battuta a protezione, insieme ad un fossato, dell'insediamento. Nelle regioni meridionali della Cina, in risposta a condizioni climatiche diverse da quelle del settentrione, le abitazioni poste in luce relative alle culture Hemudu (5500-3500 a.C. ca.) e Majiabang (5500-3800 a.C. ca.) rivelano un adattamento a terreni acquitrinosi e ad un clima prevalentemente monsonico: gli insediamenti sono infatti solitamente situati su bassi rilievi o in prossimità dei numerosi corsi d'acqua della regione. I resti di abitazioni portati alla luce nel quarto strato del sito di Hemudu testimoniano case in legno su piattaforme rialzate e sofisticate tecniche di carpenteria con ampio impiego di incastri e tenoni. Le abitazioni, simili alle long-houses dell'area sud-est asiatica, sono rettangolari e allineate, in modo contiguo, anche se la ricostruzione del loro aspetto e dell'eventuale diversificazione degli ambienti non può essere che congetturale. Non sono purtroppo noti insediamenti databili alle culture posteriori a Hemudu e Majiabang, nella regione del Lago Tai, tranne scarse evidenze di poco rilievo relative ad abitazioni per lo più isolate. È lecito tuttavia supporre che il crescente grado di complessità e gerarchizzazione di queste società, soprattutto della cultura Liangzhu (3300-2200 a.C. ca.), apice dello sviluppo culturale neolitico nella regione del Lago Tai, fosse in qualche modo riflesso anche nei villaggi e nella loro articolazione: tuttavia, la scarsità di evidenze dirette è di ostacolo per una dettagliata comprensione della società Liangzhu e all'ipotesi di una possibile organizzazione verso forme protourbane.
Cina - Il Neolitico tardo segna un'importante fase di transizione dalle comunità di villaggio ai centri protourbani della prima età del Bronzo. Il crescente grado di gerarchizzazione di un consistente numero di culture localizzate soprattutto nelle regioni orientali della Cina, l'evidente comparsa di una élite dominante che guidava e controllava insieme il potere politico e religioso, l'intensificarsi del fenomeno di interazione tra diversi orizzonti culturali (da forme di contatti e scambi commerciali fino a probabili confronti armati legati ad espansioni territoriali), sono verosimilmente alla base del fenomeno dei villaggi fortificati, insediamenti, cioè, delimitati da cinte murarie di grandezza variabile realizzate con la tecnica costruttiva della sovrapposizione di strati di terra battuta (hangtu). Uno dei primi insediamenti fortificati riportato alla luce è quello di Chengziyai, nello Shandong, scavato negli anni Venti. Altri sono stati successivamente individuati in siti distribuiti dalla media valle del fiume Yangtze (come Shijiahe, ancora in fase di scavo) alle regioni centro- settentrionali, come ad esempio Wangchenggang (Dengfeng, Prov. di Henan). Non è chiaro tuttavia se queste cinte murarie, talvolta piuttosto imponenti e che indubbiamente, nella loro laboriosa realizzazione, richiedevano il controllo di una numerosa forza-lavoro, delimitassero lo spazio abitato nella sua interezza o circoscrivessero, invece, soltanto l'area ove risiedeva l'élite. Ciò che esse indubbiamente testimoniano è un ulteriore passaggio verso il radicamento sul territorio e una organizzazione dello spazio attraverso l'edificazione di strutture permanenti intorno alle quali si coagulano aspetti politici, economici, sociali, militari e rituali. I villaggi fortificati anticipano uno degli elementi distintivi della città cinese delle epoche successive, a partire dalla ormai incipiente età del Bronzo: la cinta muraria, segnale visibile di uno spazio delimitato e reso sacro anche mediante sacrifici umani (come evidente nel sito di Wangchenggang). In Cina la città si sviluppò quindi lentamente e di pari passo con l'emergere di una società stratificata assumendo, sin dal suo primo apparire, una doppia valenza politico/rituale, come centro cerimoniale e come residenza dell'élite.
Corea - In Corea lo stanziamento di gruppi umani in località prossime alla costa o lungo il corso dei fiumi è documentato, per il lungo periodo neolitico Chulmun (6000-2000 a.C.), da ritrovamenti di insediamenti a carattere semipermanente e permanente. I villaggi, costituiti da piccoli agglomerati di abitazioni a capanna con pianta per lo più circolare, sorgevano spesso a poca distanza l'uno dall'altro, sì da costituire gruppi di abitati in areali specifici. Uno dei villaggi più estensivamente scavati è quello di Osanni, presso Yangyang, sulla costa centro-orientale, le cui abitazioni si presentano a pianta circolare e ovale con piano di calpestio ribassato e ciascuna fornita di un focolare centrale. Non vi sono, però, segni evidenti di distinzione sociale, che invece emergerà più chiaramente nell'età del Bronzo (1000-500 a.C.), quando gli insediamenti, preferibilmente collinari, saranno frequentemente associati a costruzioni funerarie megalitiche (dolmen). Gli insediamenti, comunque, non sembrano riflettere la graduale differenziazione sociale che emerge dai corredi funerari: solo in alcune tombe compaiono simboli di status (come gli ornamenti cd. "a virgola" o gokok) e oggetti in bronzo (spade, specchi ed oggetti rituali). Con l'età del Bronzo scompare il fenomeno dell'agglutinamento tipico del periodo Chulmun: i villaggi sono costituiti da nuclei abitativi che variano da poche decine ad alcune centinaia di abitazioni semisotterranee, con piante sia circolari sia rettangolari, tra le quali si trovano spesso fosse per l'immagazzinamento dei viveri. Alcuni di questi siti, quali Hunamni (Corea centrale), mostrano una prolungata continuità insediamentale quantificabile in alcune generazioni.
Giappone - Nell'arcipelago giapponese un processo di incipiente sedentarizzazione sembra essere in atto già dal medio Jomon (4500-3500 anni fa) nelle regioni montuose centrali e nelle aree estuarine orientali, dove sono localizzati piccoli agglomerati di capanne seminterrate, come quelle rinvenute nel sito di Yosukeore, presso Togariishi, nelle Alpi centrali. Nel tardo Jomon (3500-3000 anni fa) si assiste ad un drastico aumento degli insediamenti costieri che, come nel caso del chiocciolaio di Kasori (presso Chiba), mostrano una prolungata occupazione dell'abitato ancora costituito da capanne seminterrate con focolare centrale. A partire dal medio Jomon, dal 3000 al 1000 a.C. circa, si nota un incremento di tali villaggi, con abitazioni seminterrate a capanna, con struttura molto semplice, provviste, non sempre, di focolare interno, associato a fosse per la conservazione delle derrate alimentari. Il periodo Yayoi (350 a.C. - 300 d.C.) vede una maggiore uniformità negli insediamenti, anche a seguito del diffondersi della coltivazione del riso che porta i villaggi ad essere edificati su bassi rilievi, talvolta fisicamente associati tra essi, lungo crinali per un maggiore controllo e sfruttamento delle risaie e spesso cinti da fossato e terrapieno: i siti di Akabanedai e Yotsuba, presso Tokyo, o il sito di Otsuka (Kanagawa, Honshu), costituiscono un esempio in questo senso. La presenza intorno agli insediamenti tardo Yayoi di fossati e palizzate sembra indicare una crescente conflittualità tra le comunità: è in questo periodo che alcuni insediamenti presentano evidenze di una graduale gerarchizzazione delle comunità fino alla formazione di un'élite. Il caso più noto è costituito dal sito di Yoshinogari (Pref. di Saga, Kyushu), dove l'insediamento è protetto da una largo fossato all'interno del quale, nella parte più alta del sito delimitata da una seconda trincea, si trova l'area abitativa. Nella porzione nord-occidentale di questa un ulteriore fossato separa l'area dove si ritiene risiedesse l'élite di Yoshinogari, alla quale è probabilmente associata una tomba a tumulo, anticipatrice delle successive sepolture monumentali del periodo degli Antichi Tumuli o Kofun (300-700 d.C.).
Le conoscenze sulla formazione delle città in Estremo Oriente sono ancora lacunose. Le evidenze più omogenee e affidabili risultano quelle messe in luce in Cina, da dove, in epoca storica, diverse culture avrebbero importato il modello di città residenza della guida politica e religiosa del Paese. Nell'area estremoorientale, infatti, la nascita dell'urbanizzazione sembra principalmente determinata da esigenze rituali, di tipo cosmologico, che caratterizzano sia la struttura, sia la funzione del centro urbano residenza del potere. Funzioni quali quelle mercantili o quelle militari, pur presenti, assumono nella forma urbis un ruolo secondario rispetto alla funzione sacrale attribuita alla città.
Cina - I processi evolutivi della città cinese e delle forme dell'insediamento urbano si delineano con l'età del Bronzo (2000-600 a.C.), in connessione all'emergere delle prime entità protostatali e statali (dinastie Xia, Shang e Zhou). Tuttavia, le evidenze che permettono di ricostruire i dettagli del processo di urbanizzazione e le sue specificità regionali sono ancora fortemente elusive e lacunose: la disparità tra dati di scavo e informazioni desumibili dalle fonti scritte, soprattutto in merito ai toponimi e alla localizzazione delle città, restano ampie e la possibilità, quindi, di ricostruire l'aspetto delle città arcaiche e di comprendere la dialettica tra centri principali e centri secondari, nonché il rapporto con il territorio nella sua totalità, rimangono circoscritte a singoli casi. Ciononostante, nell'età del Bronzo, da un punto di vista morfologico, la città e alcuni dei suoi principali elementi costitutivi assumono una precisa e documentata fisionomia che caratterizzerà, poi, molti degli impianti urbani dei periodi successivi. Ciò è riscontrabile già nel più antico centro protourbano di Erlitou (Yanshi, Prov. di Henan), dove, a partire dagli anni Cinquanta, si concentrarono gli sforzi degli archeologi cinesi per individuare le vestigia della dinastia Xia indicata nelle fonti storiche. Anche se a Erlitou (XIX-XVI sec. a.C.) non sono state individuate evidenze di tessuto urbano, il ritrovamento di due grandi piattaforme in terra battuta, interpretate come basamenti di strutture palaziali, assieme alla presenza di manufatti in bronzo e in giada associati ad alcune sepolture e di officine per la lavorazione di questi ed altri materiali, sembrerebbero testimoniare l'esistenza di un centro residenziale e di una comunità socialmente gerarchizzata. Contemporanei ad Erlitou sono i rinvenimenti relativi al livello inferiore della cultura Xiajiadian (2000-1500 a.C. ca.), fiorita nelle regioni nord-orientali della Cina. Gli insediamenti Xiajiadian mostrano un'avanzata strutturazione e organizzazione del territorio sorgendo, spesso in coppia, sui pianori delle sponde opposte di corsi d'acqua. Molto più rari e comunque meno articolati sono, invece, gli insediamenti d'altura. Uno dei siti di più ampie dimensioni è Dadianzi (Aohanqi, Prov. di Mongolia Interna), circondato da insediamenti di minore ampiezza e protetto da postazioni di avvistamento all'apertura della vallata dove è ubicato il sito. Dadianzi, come altri siti della cultura Xiajiadian, è circondato da una cinta muraria in terra, interrotta da aperture: i rinvenimenti all'interno della cinta muraria mostrano differenze sostanziali tra abitazioni di grandi dimensioni, con pareti e pavimenti intonacati e rinforzate da opere in muratura, e abitazioni più modeste, differenze che si riscontrano anche nella struttura e nelle dimensioni delle sepolture. Tutte indicazioni, queste, di una società gerarchizzata, paragonabile per grado di sviluppo alla cultura di Erlitou: tra le due del resto, come risulta documentato dalle evidenze archeologiche, esistevano forme di contatto e di interscambio. Nella Cina centrale insediamenti urbani protetti da possenti cinte murarie datano al medio periodo Shang (XVI-XIV sec. a.C.): si tratta dei siti di Zhengzhou e Panlongcheng, il primo, nella media valle del Fiume Giallo, considerato una delle capitali dinastiche, il secondo un probabile avamposto a carattere coloniale nella valle dello Yangtze. Le mura in terra battuta di Zhengzhou misurano oltre 7 km di lunghezza, circoscrivendo un'area di circa 3 km², all'interno della quale sono state rinvenute fondamenta di strutture palaziali, mentre le officine per la lavorazione del bronzo ed altri materiali sorgono fuori del perimetro murario. Questa separazione tra aree lascia aperto il problema se la cinta di Zhengzhou comprendesse soltanto lo spazio riservato all'élite o anche lo spazio urbano nella sua interezza. A Yinxu (Prov. di Henan), l'ultima delle capitali Shang, oltre a numerose fondamenta di strutture palaziali e templari, raggruppate secondo un preciso ordine (contrastando con le semplici abitazioni a capanna, per lo più ipogea, della gente comune), sono venute alla luce la necropoli reale, le sepolture dei membri dell'élite, officine per la lavorazione di varie materie prime e strutture in terra battuta interpretate come altari. Il tutto non circoscritto da una cinta muraria, ma disperso su un ampio areale che induce ad una lettura diversa di questo spazio urbano. Una chiara rilevanza ha, infatti, il decentramento, con aree suddivise funzionalmente e separate tra loro: Xiaotun, residenza del re, Xibeigang necropoli reale e, tutt'intorno, numerosi villaggi residenziali per l'aristocrazia, gli artigiani e per la gente comune (soprattutto contadini); un "uno" che era insieme centro politico, amministrativo e cerimoniale della capitale reale e centro dell'intero regno, in una visione dilatata della città, non circoscritta entro un perimetro definito, ma costituita da una serie di elementi funzionali correlati l'uno con l'altro, disposti su un territorio il cui centro ideale era costituito, appunto, dallo spazio riservato all'élite (Ciarla 1987). Dunque, la natura dei più antichi centri urbani cinesi, quali si vengono delineando durante l'età del Bronzo, appare quella sacrale; essi si configurano come centri cerimoniali, residenze del re Shang, l'intermediario tra il mondo degli antenati e quello dei viventi, e la sua élite, intorno alle cui strutture palaziali si aggregano una serie di attività, sia di tipo materiale che cultuale, con lo scopo soprattutto di servire i bisogni dell'aristocrazia. Questa caratteristica dei centri urbani cinesi dell'età del Bronzo si spiega anche con la particolare natura del potere politico, totalmente disgiunto dalla componente sacrale e religiosa che, nel caso degli Shang, trova la massima espressione nel culto degli antenati. Sulla base di questa natura del potere, politico e sacrale allo stesso tempo, l'equazione città = centro cerimoniale/cultuale non perderà la sua originaria intensità nei successivi periodi storici, anche quando le trasformazioni di carattere economico, sociale, politico, religioso e culturale, che plasmarono la società cinese nel suo insieme, ebbero profondi riflessi sulla struttura e sul numero dei centri urbani. L'utilizzo di piattaforme in terra pressata (hangtu) con funzione di sostegno per gli edifici principali, attestato nei centri urbani cinesi dall'età del Bronzo in poi, come è possibile osservare ancora oggi a Pechino nel caso della residenza dell'imperatore (la cosiddetta Città Proibita) di epoca Qing (1644- 1911), è una delle caratteristiche architettoniche e urbanistiche più peculiari: un segnale di conservatorismo architettonico, forse, ma anche indice della persistenza di profondi dettami ritualistici già in essere nei primi esempi di impianti urbani dell'età del Bronzo. Le appariscenti piattaforme in terra battuta avevano come principale scopo quello di sollevare l'edificio da terra, di distinguerlo dalle costruzioni circostanti, rendendolo visibile, quasi un centro ideale della città che a sua volta è concepita come centro rituale e morale del cosmo, l'axis mundi ove il sovrano, o una sua emanazione, agendo da collegamento tra Cielo e Terra assicura l'armonia dell'ordine morale della società nella sua interezza. Una elevazione architettonica nella quale, in sintesi, si riflette la struttura piramidale e rituale della società cinese antica.
La distribuzione degli spazi e delle funzioni - Per Kwang-chih Chang (1976) le principali caratteristiche che accomunano le più antiche città cinesi edificate nei periodi Shang e Zhou sono: 1) preferenziale ubicazione della città su terreni generalmente pianeggianti e in prossimità di corsi d'acqua; 2) costante presenza di una cinta muraria delimitante l'insediamento, costruita mediante la tecnica della terra pressata sia con spessore sia con perimetro variabili; 3) pianta quadrata o rettangolare; 4) orientamento della cinta muraria e degli edifici principali, templi e palazzi, sull'asse sud-nord; 5) utilizzo di piattaforme in terra battuta come fondamenta di edifici di rilievo politico e religioso; 6) costante presenza di aree destinate alle attività specializzate. L'orientamento e l'assialità della città e degli edifici principali in essa contenuti sono altri elementi costanti dell'articolazione dello spazio urbano in Cina. L'esposizione a sud delle strutture, pur giustificata da motivazioni di ordine ritualistico, ha probabilmente origini di carattere pratico e radici rurali. Diverso il caso, in riferimento soprattutto al periodo Shang, della pianta quadrangolare dell'insediamento, una forma geometrica nella quale si possono ravvisare riflessi di concezioni cosmologiche. Quello che preme rilevare è la concomitante presenza, tra quelli sopra menzionati come elementi informanti la città cinese, di fattori naturali (orientamento o scelta del sito) strettamente correlati ad altri di tipo culturale: è dall'unione di questi elementi che sarebbe nato il modello ideale della capitale politica cinese quale viene descritto nella sezione Kaogongji del Zhou Li (Riti dei Zhou), testo redatto in epoca Han (206 a.C. - 220 d.C.) utilizzando materiali di epoca Zhou. Secondo la descrizione offerta in questo testo, l'ideale forma urbis di una capitale doveva avere pianta quadrata cardinalmente orientata, con un perimetro di 9 li (4,5 km ca.): su ciascuno dei lati della cinta dovevano aprirsi tre ingressi monumentali, mentre l'impianto viario, con struttura a griglia, doveva essere costituito da nove strade con andamento nordsud e nove in direzione est-ovest. Per quanto riguarda la distribuzione degli spazi e delle funzioni, sulla sinistra (ovest) doveva trovarsi il tempio ancestrale e sulla destra (est) l'altare per offrire sacrifici agli dei del suolo e della pioggia. I palazzi della corte avrebbero dovuto trovarsi nella parte anteriore (sud) della città, mentre quella posteriore (nord) era l'area destinata alle attività commerciali. Come evidente, secondo questa idea di città, la capitale ideale era permeata da una simbologia numerologica e cosmologica che evidenzia le forti preoccupazioni ritualistiche connesse alla funzione del centro urbano come sede del potere sacrale e politico insieme. P. Wheatley (1971) ha osservato come questo ideale della città rifletta in qualche modo l'egualmente ideale suddivisione agrimensoria della terra coltivabile secondo il sistema del quadrato ripartito in nove sezioni noto come sistema "a pozzo", cosiddetto per l'analogia formale con il corrispondente carattere cinese per pozzo ( jing). Riemerge il principio al quale accennavamo sopra, la fusione di elementi naturali con quelli culturali, anche se in questa idea di città tutto, dalle dimensioni alla disposizione degli edifici alla enumerazione delle strade e delle porte di accesso, rivela un piano programmatico che non permette una crescita organica dello spazio urbano, vincolandolo strettamente a imprescindibili presupposti teorici e rituali. Poiché si tratta, comunque, di una idealizzazione del luogo deputato ad ospitare il massimo potere rituale-politico, non deve stupire né l'estrema schematicità del progetto, né la sua non sempre facile attuabilità sul piano pratico. Molte delle città capitali dei vari regni in cui era suddivisa la Cina del periodo dei Zhou Orientali (770-221 a.C.) si sono rivelate, alla luce degli scavi, più o meno conformi allo schema teorico, anche se spesso la loro edificazione seguiva scelte strategiche e di adattamento alla locale morfologia del terreno. È questo, ad esempio, il caso di Lucheng, capitale dello Stato di Lu (Prov. dello Shandong), nella cui cinta muraria in terra battuta, di forma rettangolare, si aprivano undici varchi di accesso di dimensioni diverse e non allineati tra di loro: l'irregolarità dell'impianto urbano era dovuta alla presenza, nell'area a sud-est di Lucheng, di acquitrini e falde acquifere di superficie che rendevano impraticabile il terreno. Diverso il caso di Xiadu, capitale del regno di Yan (Yixian, Prov. Hebei), il cui regolare e articolato impianto urbano di forma rettangolare fa supporre che la città sia stata accuratamente pianificata, considerata anche la sua posizione strategica che la vedeva a difesa dei confini meridionali dello Stato di Yan, protetta su tre lati da rilievi e aperta, a meridione, verso le pianure della Cina centrale. Xiadu era suddivisa in due porzioni, orientale ed occidentale: nella porzione settentrionale di quest'ultima, ove sono state rinvenute le fondamenta di strutture palaziali, aveva residenza l'élite, la cui necropoli era collocata nell'angolo nord-occidentale. In generale si può affermare che, proprio sulla base delle località pianeggianti prescelte per l'ubicazione delle città, lo schema a pianta quadrata e la regolare struttura viaria ad incroci ortogonali dal periodo Qin (221-206 a.C.) a quello Tang (618- 907 d.C.) furono seguiti in molte delle città edificate nelle regioni pianeggianti della Cina centrale attraversate dal Fiume Giallo e dovunque, in ogni caso, le condizioni morfologiche dei terreni lo consentissero. Diversamente, le città cinesi edificate nelle regioni meridionali ed orientali, il cui impianto doveva necessariamente adattarsi a terreni ondulati e ricchi di fiumi, furono generalmente edificate a ridosso di sistemi collinari e in prossimità di corsi d'acqua che fungevano anche da vie di comunicazione e rotte commerciali. La regolarità dell'impianto della città cinese, principalmente basata sulla suddivisione in fang (quartieri), spesso delimitati da mura e adibiti ciascuno a funzioni specifiche, perdurò con una certa fedeltà fino al periodo Tang, la cui capitale, Chang'an, attuava nella pratica molti dei principi ideali enunciati nel Zhou Li. Successivamente, in specie a partire dall'epoca Song (960-1279 d.C.), soprattutto come conseguenza del forte sviluppo mercantile, la fisionomia urbana mutò in modo considerevole: il sistema fang li (ovvero la suddivisione dello spazio urbano in quartieri di forma quadrangolare) venne quasi del tutto abbandonato e le città assunsero una forma di tipo più organico, modellandosi non tanto sulla base di astratti principi quanto sulle reali necessità di un'economia urbana. Un esempio in questo senso ci è offerto dalla città di Pingjiang, corrispondente all'attuale Suzhou (Prov. di Jiangsu), sede prefettizia all'epoca della dinastia Song. La pianta di Pingjiang ci è nota da un modello inciso su una stele in pietra ove la città, dalla forma rettangolare, con gli angoli arrotondati e protetta da un cinta muraria in pietra, sembra coniugare alcuni dei principi informatori della forma urbis tradizionale con l'adattamento a condizioni ambientali particolari ove l'acqua, come in tutta quella parte della Cina, ha un ruolo chiave. A fianco di regolari strade, infatti, Pingjiang era attraversata da numerosi canali navigabili, lungo i quali proliferavano attività commerciali e artigianali. Lungo la cinta muraria correva un grande canale e ciascuna delle cinque porte principali era provvista di una chiusa per regolare il flusso delle acque: gli imponenti bastioni agli angoli delle mura avevano, inoltre, il compito di proteggere la città in caso di alluvioni e piene. Un'altra caratteristica di Pingjiang era la separazione, al suo interno, di aree destinate a funzioni diverse mediante cinte murarie che trasformavano queste sezioni (di cui quella più interna ospitava gli uffici prefetturali e gli ufficiali delle milizie) in città dentro la città: uno schema che si ritrova anche nella Pechino delle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911), dove la forma della cinta muraria, l'orientamento, il sistema viario, la disposizione delle aree palaziali, residenziali e mercantili si ispirarono per buona parte al modello di capitale ideale espresso nel Zhou Li.
I sistemi di difesa - Elemento caratterizzante la fisionomia dei centri protourbani cinesi, quali si vengono delineando sin dal passaggio dal Neolitico tardo alla prima età del Bronzo, è la presenza della cerchia muraria con funzione difensiva, oltre che segnale fisico e simbolico dello spazio residenziale dell'élite. Tale doppia valenza assume fisionomia chiara e documentata, nei testi e nei dati archeologici, con i centri urbani del tardo periodo degli Stati Combattenti (475-221 a.C.). È ancora in questa epoca che, come elementi integrati nel sistema difensivo dell'insediamento urbano, si affermano le torri di guardia e di avvistamento poste ai fianchi delle porte d'ingresso della città, così come lungo il perimetro della cinta muraria. Le evidenze sono costituite da grandi e solide piattaforme in terra battuta, come quelle rinvenute nel sito della città di Lucheng (Shandong), sulle quali poggiavano torri in legno, di cui si ha menzione anche in testi coevi. Altre evidenze ci sono fornite, soprattutto per il periodo Han (206 a.C. - 221 d.C.), da decorazioni funerarie su lastre in pietra o mattoni in terracotta in cui, scolpite o a stampo, compaiono le raffigurazioni di città cinte da mura con porte protette su ambo i lati da torri (dette que), sulle quali sono spesso raffigurati soldati in armi. Eccezionale rappresentazione di una porta monumentale fornita di torri laterali, che formano quasi una struttura a tenaglia, è quella offerta da due lastre tombali in pietra del Museo d'Arte Orientale di Colonia, databili all'epoca della dinastia Qi settentrionali (550-577 d.C.) e rinvenute nel 1911 a Ye (Prov. di Henan), sito della capitale dei Qi settentrionali. Le imponenti pitture murali trovate nelle tombe dell'aristocrazia di epoca Tang (618-907 d.C.), in cui frequenti sono le rappresentazioni di città cinte da mura, testimoniano la sostanziale continuità dell'architettura difensiva urbana, basata sull'uso di spesse mura merlate in terra battuta, sovente con fodera in mattoni, fornite di torrioni a pianta quadrata posti in corrispondenza delle porte e degli angoli della città. Tale struttura difensiva dello spazio urbano costituisce una caratteristica costante delle più importanti città cinesi anche nei più tardi periodi Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911), allorché le mura furono utilizzate anche come acquartieramento per reparti militari, come nelle città di Xi'an e Nanchino. Analoghe strutture di fortificazione sono riscontrabili nelle città coreane e giapponesi, anche se le evidenze archeologiche sono assai più scarse.
Corea - I processi che hanno portato le comunità preistoriche della Penisola Coreana verso forme di radicamento sul territorio sempre più articolate e da qui alla nascita e allo sviluppo dei centri urbani sono, dal punto di vista archeologico, ancora scarsamente documentati. Il passaggio da piccole comunità residenti in villaggi di limitata estensione distribuiti su gran parte del territorio verso forme di insediamento protourbano è repentino e strettamente associato all'emergere di società gerarchizzate e delle prime entità protostatali di epoca storica. Sulla base dei dati attualmente disponibili, il lento passaggio da queste forme residenziali, sostanzialmente egalitarie, ai primi impianti protourbani del periodo storico (100- 600 d.C.) e, infine, alle città a noi note dalle fonti, rimane ancora oscuro: sono stati individuati numerosi siti fortificati (come Mongch'on, presso l'odierna Seul) con evidenze di porte di accesso e probabili torri di avvistamento, senza tuttavia che sia possibile identificare, in mancanza di riscontri epigrafici, quali tra essi possano essere stati le capitali dei vari regni coreani dal periodo Sanguk (300-668 d.C.) e quali abbiano invece svolto il ruolo di fortificazioni d'altura, sedi di guarnigioni militari o strutture parte di un articolato sistema di difesa del territorio. È certo che nel VII secolo l'influenza cinese dell'impianto urbano cosiddetto "a griglia" si fa sentire profondamente sulle principali città coreane ove risiedeva l'élite: gli scavi effettuati a Kyongju, capitale del regno Silla Unificato (668-935 d.C.), stanno portando alla luce l'impianto ad assi viari ortogonali e le piattaforme rialzate in pietra sulle quali si ergevano gli edifici che costituivano probabilmente il nucleo amministrativo della capitale.
Giappone - Nell'arcipelago giapponese le sepolture monumentali del periodo Kofun (300-700 d.C.) costituiscono, dal punto di vista archeologico, il primo e più evidente segno della gerarchizzazione della società giapponese, riscontrabile, anche, nella fisionomia degli insediamenti fino ad oggi messi in luce, come ad esempio quelli di Ozono (Pref. di Osaka), di Mitsudera (Pref. di Gunma), di Narutaki (Pref. di Wakayama), che sono riconoscibili come insediamenti rurali piuttosto che urbani. Ciò è particolarmente chiaro a Mitsudera (fine V - inizi VI sec. d.C.), dove è stata individuata l'area residenziale dell'élite separata da un fossato dal resto dell'insediamento. Vere e proprie strutture urbane, create prendendo a modello la forma urbis della capitale Tang, Chang'an, sono le due prime cittàcapitali dello Stato giapponese: Fujuwara-kyo in uso dal 694 al 710 d.C., nella parte meridionale del bacino di Nara e, a circa 20 km a nord di Fujuwara, Heijo-kyo capitale dal 710 d.C. alla fine del sec. VIII, dove una serie ininterrotta di campagne di scavo sta portando lentamente alla luce le strutture di fondazione dei palazzi, dei templi e dei quartieri residenziali noti dalle fonti storiche.
In generale sul fenomeno della sedentarizzazione:
Kwang-chih Chang, The Archaeology of Ancient China, New Haven 1986; Guo Dashun, Hongshan and Related Cultures, in S.M. Nelson (ed.), The Archaeology of Northeast China, London 1995, pp. 21-64. Il fenomeno urbano - Cina: P. Wheatley, The Pivot of the Four Quarters. A Preliminary Enquiry into the Origins and Character of the Ancient Chinese City, Edinburgh 1971; Kwangchih Chang, Early Chinese Civilization: Anthropological Perspectives, Cambridge (Mass.) 1976, pp. 22-71; Zhong Yuanzhao - Chen Yangzheng (edd.), History and Development of Ancient Chinese Architecture, Peking 1986, pp. 385-432; R. Ciarla, Erlitou, città Xia o Shang?, in Città sepolte. Origini e splendore delle civiltà antiche, Roma 1987, pp. 1979-80; Id., Panlongcheng, una colonia Shang sullo Yangtze, ibid., pp. 1981-82; Id., Yin Xu, le rovine di Yin, ibid., pp. 1990-93; Guo Dashun, Lower Xiajiadian Culture, in S.M. Nelson (ed.), The Archaeology of Northeast China, London 1995, pp. 147-81; - Corea e Giappone: M.J. Hudson, From Toro to Yoshinogari. Changing Perspectives on Yayoi Period Archaeology, in G.L. Barnes (ed.), Hoabinhian, Jomon, Yayoi, Early Korean States, Oxford 1990, pp. 63-111; M.J. Hudson - G.L. Barnes, Yoshinogari: a Yayoi Settlement in Northern Kyushu, in MonNipp, 46, 2 (1991), pp. 211-35; S.M. Nelson, The Archaeology of Korea, Cambridge 1993, pp. 58-260.