Cubetto di osso, plastica ecc., con incisi sulle sei facce, progressivamente, i numeri da 1 a 6 (rappresentati, nei d. moderni, da puntini neri o colorati), in modo che le cifre delle facce opposte, sommate, diano sempre 7 (1+6, 2+5, 3+4). Il gioco dei d., antichissimo, diffuso in Grecia, in Etruria e a Roma, si svolgeva normalmente con tre d., più tardi con due, che, agitati entro un bossolo, venivano lasciati cadere sopra una tavola. Vinceva chi otteneva, sommando i vari numeri delle facce superiori scoperte, la cifra maggiore: colpo eccellente era dunque il triplice sei (colpo di Venere), pessimo il triplice uno (colpo di cane). Anche oggi i d. si usano per vari giochi d’azzardo, o fasi di essi. Accanto ai d. di tipo tradizionale se ne usano altri tipi, per es., cinque d. portanti sulle facce i segni e le figure del poker.
Elemento metallico che, accoppiandosi alla vite, serve a collegare fra loro vari elementi di una struttura. Il d. nella forma più comune ha sezione esagonale (fig.A) o quadrata (fig. B), munito in asse di un foro filettato passante o cieco (fig. C) con il quale si avvita su steli cilindrici provvisti di uguale filettatura. Per evitare l’allentamento il d. viene a volte intagliato su una delle due facce ( d. a intagli; fig. D): negli intagli viene introdotta una copiglia che, passando attraverso un foro praticato nella vite, impedisce la rotazione.
Esistono anche d. autobloccanti (fig. E), nei quali viene inserito un elemento circolare di materiale fibroso o di metallo che, per attrito contro la vite, impedisce la rotazione del d. stesso. Vi sono d. da saldare su lamiere, provvisti di collare per il centraggio nel foro, già predisposti con il metallo d’apporto per la saldatura (fig. F). In alcuni casi il dado ha forma cilindrica o troncoconica, anziché esagonale o quadrata, con la superficie laterale zigrinata (fig. G) o provvista di risalti ( d. a impronte; fig. H) oppure di due alette ( d. ad alette o galletto; fig. I) per facilitare il serraggio a mano.