DADAISMO
. Movimento artistico-letterario iniziato a Zurigo nel 1916 da Tristan Tzara e affermatosi poi nel dopoguerra specialmente in Germania e in Francia. Nel bisillabo "dada" i fondatori vollero riconoscere la prima parola articolata dai bambini, e l'assunsero come segnacolo. In Germania il movimento fu rappresentato principalmente da Hugo Ball, Richard Hülsenbeck, Kurt Schwitters, Alfred Knoblauch e dall'architetto Baader; in Francia da Francis Picabia, Louis Aragon, André Breton, Philippe Soupault, Marcel Duchamps, Georges Ribemont-Dessaignes. Ebbero un periodo di notorietà le due principali riviste dadaiste: Cannibale e 391. In breve tempo il movimento si esaurì e i suoi adepti fondarono altre scuole (v. surrealismo) o ripresero la loro attività individuale.
Le manifestazioni dadaiste furono principalmente pittoriche, teatrali e letterarie, e le contrassegnò una sistematica autoironia, insieme con un ostentato disprezzo del pubblico e con la dichiarata voluta assenza d'ogni significato razionale. Non si può quindi parlare d'uno stile dadaista come si parla d'uno stile espressionista o cubista, ma solo d'un atteggiamento: manifestazioni come la lettura simultanea di otto discorsi dadaisti o la formazione d'un poema mediante il ritaglio e la giustapposizione casuale delle parole d'una cronaca giornalistica testimoniano quanto si è detto. Il dadaismo è stato, nella sua intima essenza, una specie di negazione di tutti i valori e di riaffermazione del principio arbitraristico dell'Io di là da essi: negazione e riaffermazione riconducibili psicologicamente al senso quasi fisico di devastazione e di crollo che la guerra produsse, per un certo tempo, in molti uomini di pensiero, ponendoli a tu per tu con sé medesimi. Né è da escludere che al pari di altre l'esperienza dadaista, per chi ha saputo superarla, sia stata una prova del fuoco per un ulteriore atteggiamento di costruttività antiretorica di fronte ai problemi della vita e dell'arte.