CARRARA, da
, Famiglia signorile di Padova, che prese il nome dal possesso del castello omonimo nel comitato padovano. Discendeva da quella generazione di arimanni, liberi proprietarî allodiali, insediati nel Conselvano e nel Piovado di Sacco fin dal tempo della prima costituzione comitale. Il più antico, di cui si abbia memoria, nel 1027, Litolfo, figlio, di Gumberto, non appare ancora godere di diritti giurisdizionali nella vasta proprietà fondiaria da lui dipendente. La signoria comitale, che nel corso del sec. XII rapidamente si costituisce con centro al castello da Carrara, sotto il domioio della potente famiglia, assorbendo ed esercitando i poteri giurisdizionali, si forma sia per investitura di feudo episcopale, sia pel trasferimento di diritti giurisdizionali goduti dai signori da Baone (v.), ramo collaterale dei conti di Padova, sia per usurpazione; e raggiunge il maggior splendore con Iacopino di Marsilio nella seconda metà del sec. XII, rafforzata dal parentado con due delle maggiori famiglie rurali, quella dei Delesmanini per il primo matrimonio, con Speranella, quella dei Da Baone, per il secondo, con Maria. Ma al cadere di quel secolo e al principio del successivo da una parte il cattivo funzionamento dell'unità famigliare, fino allora conservata, dall'altra le rivendicazioni comunali del nucleo rurale e più ancora quelle del comune cittadino finiscono con lo sfaldare l'unità giurisdizionale, e gli antichi signori sono costretti a inurbare.
Marsilio II di Iacopino, e il figlio suo Iacopo, in pieno secolo XIII, sono travolti nelle aspre lotte che si combattono fra città e contado, fra comune e Impero; il vecchio castello da Carrara è ceduto al comune cittadino, le giurisdizioni signorili sono abrogate. Ma dopo la tragedia ezzeliana, la famiglia, trasferitasi in città e partecipe alle lotte interne, ricostruisce nuova fortuna; tra le aspre contese di parte si spiana la via al dominio Giacomo da Carrara, figlio di Marsilio (morto nel 1324), nel 1318 è capitano del popolo, poi vicario imperiale: inizia così, per l'accoppiamento del duplice titolo, il governo signorile. La potenza scaligera, che signoreggia Verona, incalza; il reggimento carrarese resiste, e sotto il governo di Giacomo raggiunge il suo fine. Ma il successore e continuatore dell'opera sua, Marsilio, figlio di Perenzano, soccombe sotto il peso della potenza di Cangrande della Scala (1329). La piccola signoria è travolta, e non risorge che a dieci anni di distanza, grazie all'alleanza veneto-fiorentina del 1336, che trova rimedio all'eccessiva potenza continentale della signoria scaligera. La restaurazione carrarese, con Marsilio prima, con Ubertino, figlio di Giacomino, poi, diventa così elemento di equilibrio politico-territoriale opposto alla preponderanza di una forte signoria territorialmente troppo estesa. Così era chiusa la prima fase della signoria carrarese, la quale, una volta consolidata nella sua funzione politica e in quella sociale, diventava essa stessa erede di quelle ambizioni di espansione, a contrappeso delle quali era stata vigorosamente sorretta da Veneziani e da Fiorentini. Se il governo di Ubertino si può considerare in certo senso come un periodo di assestamento della vita interna e della politica esterna, quello di Giacomo, figlio di Nicolò (1345-1350) e di Giacomino, pure figlio di Nicolò (1350-1355) è d'intensa preparazione a quello sviluppo espansivo, che avrà il suo maggior splendore e il tragico epilogo con Francesco, detto il Vecchio, figlio di Giacomo (1355-1388), e col suo erede Francesco il Giovane (1391-1404). L'uno e l'altro, circondati di una delle corti trecentesche più brillanti per il culto delle arti, delle lettere, delle armi, ed anche più feconde d'intrighi politici, raccolsero l'ambizioso sogno di far Padova centro di un grande stato continentale; diedero di cozzo contro Scaligeri, Viscontei, Friulani, e finalmente contro il colosso veneziano, che si sbarazzò dell'incomodo vicino strangolando in carcere, dove l'aveva trasportato dopo la vittoria delle armi, Francesco il Giovane (1406). La dinastia carrarese così si spegneva; eredi collaterali tentarono a più riprese nel sec. XV, ma sempre senza fortuna, di rivendicare i perduti diritti.
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