D'ENRICO
Famiglia di artisti (architetti, scultori, pittori) ampiamente documentata in Valsesia (se non diversamente indicato, ci riferiamo qui a Galloni, 1914) negli ultimi decenni del sec. XVI e nella prima metà di quello successivo.
Il nucleo principale è composto dai figli di Giovanni il Vecchio "del Riale di Alagna", già morto il 5 giugno 1586; in base alle citazioni documentarie, li elenchiamo qui, secondo l'ordine, verosimile, di nascita. Enrico o Ulrico, è documentato come capomastro in almeno due occasioni: il 5 giugno 1586, con i fratelli Giovanni e Giacomo, per la costruzione della cappella degli Innocenti (XI) al Sacro Monte di Varallo; nel 1616 per l'oratorio di S. Caterina a Valduggia (cfr. Testori-Stefani Perrone, 1985). Si ricordano inoltre Giovanni (cfr. questo Dizionario, ad vocem), Giacomo, Pietro, Melchiorre (ibid.), Antonio detto Tanzio da Varallo (ibid.) e una figlia di nome Caterina. Tutti erano ancora vivi il 14 luglio i 609, quando Giovanni di Giovanni fece testamento per la prima volta.
Assai meno documentata e importante è la seconda generazione, di cui si conoscono i figli di Enrico di Giovanni, che rispondono ai nomi di Giovanni, Melchiorre il Giovane e Pietro, oltre a un figlio di Pietro di Giovanni, di nome Giovanni Giacomo, documentato solo il 12 febbr. 1647 al Sacro Monte di Varallo.
Il ripetersi dei nomi di battesimo e l'intrecciarsi delle generazioni hanno comportato qualche confusione che gli studi vanno lentamente chiarendo, ma non si è giunti finora a una soluzione soddisfacente per tutti i membri della famiglia.
È tradizione che la casa appartenuta ai D. vada riconosciuta in un edificio della frazione Giacomolo, presso Alagna, sulla cui porta si legge la scritta "Allein Gott Ehre" e la data 1609. La successione alfabetica delle voci mette in ombra la concatenata sovrapposizione cronologica degli itinerari biografici e le documentate interferenze.
Melchiorre il Giovane, figlio di Enrico di Giovanni, è documentato a partire dal 7 luglio 1600, ma, fatte salve due tele firmate del 1612 e del 1613, non abbiamo altri dati attendibili per ricostruire la sua carriera.
Anche il documento del 6 luglio 1608, con cui si impegnava a dipingere la cappella dei Tre apostoli dormienti (XXII) al Sacro Monte di Varallo, è da tenere a tutt'oggi in sospeso: o si sbagliò il notaio Peterro a trascriverne i dati (tanto è vero che i lavori furono più tardi saldati allo zio, Melchiorre di Giovanni: 7 dic. 1612) o fu lo stesso Galloni a darne una trascrizione erronea (non si capisce come mai il documento indichi come già morto il padre, Enrico di Giovanni, quando costui risulta ancora vivo nel testamento del fratello Giovanni di Giovanni, in data 14luglio 1609); una verifica stilistica è ormai impossibile per la perdita degli affreschi della cappella XXII.
Non minore sfortuna è toccata a Melchiorre di Enrico sul fronte delle opere datate e finnate, che avrebbero costituito una possibile base di riferimento. Non è attualmente visibile, perché in collezione privata inaccessibile, la pala già nell'oratorio di S. Pantaleone, presso Varallo, con la scritta "Melchior Hen. de Rico pittor anno 1612". Il Lana (1847), che la vide ancora in sede, la giudica di "bello stile" e ne fornisce la seguente descrizione: "la Madonna col Bambino avente ai lati s.Pantaleone che posa la mano sur una spalla di un devoto genuflesso, s.Gaudenzio ed altri santi". La seconda opera firmata, l'Annunciazione nella Pinacoteca di Varallo, è sfigurata da ridipinture e risulta copia dell'originale di Gaudenzio Ferrari ora a Berlino (reca la firma "Melchior Heinrikus de Rico de Alania pittore l'anno 1613").
Sembra che in origine questa Annunciazione fosse unita in un complesso unico con due Angeli, anch'essi alla Pinacoteca di Varallo, parimenti segnati da una forte impronta gaudenziana (non tutti gli studiosi sono convinti dell'unità originaria del complesso).
Resta da discutere una terza grande tela, alternativamente attribuita a uno dei due Melchiorre D. ma che non sembra poter appartenere al Melchiorre più anziano. Si tratta della Madonna del rimedio in S. Giacomo a Varallo, che assai difficilmente può essere posteriore al 1643 (Pizzetta, 1984, p. 88), anzi non è da escludere esistesse già nel 1618. Stilisticamente non è opera che trovi facilmente confronto in Valsesia, poiché la base culturale sembra piuttosto centritaliana, con venature nordicizzanti.
Una simile cultura figurativa poteva nascere a Varallo solo in un momento molto preciso della storia del Sacro Monte, quando regista dei lavori era il perugino Domenico Alfani e con lui si avvicendavano nella decorazione delle cappelle Giacomo Paracca, i Fiamminghini (Della Rovere), Giovanni Wespin, Bartolomeo Ravelli e Michele Prestinari. Si tratta di una serie di maestri di convinta formazione manierista e talvolta di gusto assai raffinato, che si esaurirà nel primo decennio del Seicento, con l'arrivo al Sacro Monte di F. Mazzucchelli (detto il Morazzone) e poi con l'affermarsi di Antonio D. (Tanzio da Varallo).
Non è fuor di logica pensare che Melchiorre il Giovane, non favorito da un viaggio romano come gli zii Melchiorre il Vecchio ed Antonio (Tanzio), sia rimasto fedele a queste esperienze nei modi che decifriamo attraverso la pala di S. Giacomo. Solo il ritorno alla luce della pala di S. Pantaleone potrà chiarire questi dubbi.
Fonti e Bibl.: M. G. Lana, I tre fratelli D., in Il Mondo illustrato, 6 nov. 1847, pp. 711 s.; P. Galloni, Sacro Monte ... Origine e svolgimento delle opere d'arte, Varallo 1914, pp. 241, 282, 292 s., 340 (per Giovanni il Vecchio), 344 (per Caterina), 345 (testam. di Giovanni di Giovanni), 379 (per i docum. valsesiani); G. Romano, in Gaudenzio Ferrari e la sua scuola. I cartoni cinquecenteschi dell'Accademia Albertina (catal.), Torino 1982, pp. 265-270; S. Pizzetta, La chiesa di S. Giacomo, in Monumenti di fede e di arte in Varallo, Varallo 1984, pp. 88ss.; G. Testori-S. Stefani Perrone, Artisti del legno. La scultura in Valsesia dal XV al XVIII secolo, Borgosesia 1985, pp. 80, 199 (per Enrico di Giovanni); G. Debiaggi, Dizionario degli artisti valsesiani dal secolo XIV al XX, Varallo 1968, p. 50 (con altra bibliografia).