D'ANGELO
Famiglia di argentieri messinesi, attivi dalla seconda metà del sec. XVII fino al XVIII.
Mario abitava nella via degli Orefici ed Argentieri, era amico di Pietro e Gregorio Iuvarra, con i quali eseguì opere in collaborazione: risulta dalle ricerche di M. Accascina (1949, 1957, 1974, 1976), basate sulle trascrizioni dei documenti dell'Arch. di Stato di Messina, in un fasc. intitolato Regole e Capitoli della Compagnia d'Aurefici e Argentieri, anno 1659, oggi distrutto, e pervenuto alla studiosa per dono del direttore D. Puzzolo Sigillo.
Un Antonio di Mario compare in un documento del 2 febbr. 1665 (notar Ignazio Maiorana, 1664-65,n. 19/8819, f. 354) riguardante le relazioni tra la confraternita ed il consolato degli argentieri, in cui sono esposte centotrentotto firme di orefici (Accascina, 1976); tuttavia non se ne conoscono opere.
L'attività di Mario è ricostruita attraverso i pezzi con i due marchi MAR D'ANG inframezzati dallo stemma di Messina con le lettere M a sinistra e S a destra (Messanensis Senatus), che egli eseguì da solo, quali il Busto reliquiario di s. Ermete in argento per il Collegio di S. Basilio a Randazzo, il Busto reliquiario di s. Venera in argento per il duomo di Acireale (1651), il Secchiello in argento massiccio con incisione a fasce parallele con lo stemma di Enna e relativo aspersorio per il duomo di Enna, il Calice in argento per il convento dei riformati a Petralia Soprana, oppure in collaborazione con altri argentieri messinesi.
Con Girolamo Carnazza egli aveva eseguito nel 1659 per il duomo di Acireale il Fercolo di s. Venera, completato nel 1783 da Vito Blandano pure argentiere messinese. Inoltre le sue sigle appaiono accanto a quelle del figlio Giuseppe in due vasi e fiori d'argento del duomo di Messina ed accanto a quella di Pietro e Gregorio Iuvarra in altri pezzi messinesi.
Argentiere stimato, se fu chiamato dai maggiorenti del duomo di Acireale, il repertorio decorativo di Mario, come per gli altri argentieri a lui coevi, è improntato ancora ad un gusto cinquecentesco con disegni a fiori minuti ripresi da motivi tessili ed eseguiti con la tecnica del cesello e dello sbalzo che ne rilevano la preziosità della lavorazione. Questo gusto si evidenzia ancor più nei busti reliquiari di S. Ermete e di S. Venera, dove la fissità iconica delle figure, dovuta ad esigenze cultuali, si adegua alla tendenza classicista, animata dal tenue pittoricismo delle superfici.
Dei suoi figli, Caterina sposò Matteo Corallo, bravo orefice dell'ultimo trentennio del secolo. Giuseppe fu attivo come argentiere nella seconda metà del XVII sec. fino ai primi del sec. XVIII. Della sua vita si sa soltanto che abitava nella via degli Argentieri con il padre.
M. Accascina ne ha potuto ricostruire (1949, 1974, 1976) la personalità artistica in base alle sigle GIOS D'ANG che compaiono accanto a quelle del padre inframezzate dal bollo di Messina, nei due portafiori del duomo di Messina ed in base ad altre opere marcate con le stesse sigle.
La sigla GIOS D'ANG si ritrova da sola nel Busto reliquiario di s. Giorgio nella chiesa di S. Giorgio a Ragusa; in un paliotto d'altare che reca al centro un medaglione ellittico in lamina d'argento con la Madonna sulle nubi in una corona di cherubini e s. Francesco e s. Chiara oggi nel duomo di Castroreale, proveniente dalla chiesa di S. Maria degli Angeli; in un'alzata da tavola marcata Messina, già in collezione privata di Buenos Aires; in collaborazione con il padre nei già citati vasi e fiori in argento nel duomo di Messina e con Sebastiano e Filippo Iuvarra in due grandiosi Candelabri (alt. cm 180) datati 1701 pure nel duomo di Messina, in cui la sigla di Giuseppe compare nelle parti alte inframezzata da bolla di garanzia (stemma di Messina: croce in ellisse tra M e S corona in alto e fregi in basso), mentre le parti centrali spettano a Sebastiano Iuvarra e la base e l'inizio del fusto a Filippo Iuvarra, che nel 1701 era in piena attività.
Una grande sensibilità pittorica unita a perizia tecnica caratterizzano lo stile di Giuseppe. In opere ancora legate alla tradizione, come nel Busto reliquiario di s. Giorgio a Modica, ripete i consueti motivi di fregi sbalzati ricavati dai tessuti del tempo nella decorazione della corazza, ma supera l'iconica fissità dei vecchi modelli con una larga modellazione nei piani del volto e nell'ondulazione dei capelli. Anche nei vasi per il duomo di Messina eseguiti in collaborazione con il padre Giuseppe, rinnova le forme cinquecentesche, ampliando le anse e dando un maggiore rigore plastico alle testine dei cherubini tra alette che ornano i vasi.
Questo tipo di ornamentazione adottato da Giuseppe, caratteristico dell'argenteria messinese della seconda metà del sec. XVII, è tipico anche dei modi di Sebastiano Iuvarra, di cui l'argentiere era amico e con cui lavorava nella stessa bottega seguendo il gusto corrente.
Infatti affinità con l'opera di Sebastiano si possono rilevare anche nell'alzata da tavola in argento già nella collezione Koenisberg a Buenos Aires, resa nota dall'Accascina nel 1949.L'opera, che reca il marchio di Messina e le sue sigle, è composta da quattro cavalli marini che sorreggono una base su cui poggiano quattro conchiglie alternate a puttini; al di sopra si ergono due alzate sostenute da tritoni e ninfe. Il motivo ispiratore dell'opera è evidentemente derivato dalla fontana di Orione del Montorsoli a Messina, che l'argentiere tuttavia esalta negli aspetti di squisita eleganza formale piuttosto che di struttura monumentale.
I richiami ad esemplari e alla cultura cinquecentesca, ancora presenti in questo manufatto, vengono superati nei Candelabri del duomo di Messina eseguiti con Sebastiano e Filippo Iuvarra nel 1701. Infatti, M. Accascina, osservando lo stile già barocchetto, aderente al gusto settecentesco, che vi si afferma, era portata ad ipotizzare che il disegno potesse appartenere a Filippo Iuvarra, già venticinquenne ed architetto, mentre spetterebbe a Giuseppe D. e a Sebastiano Iuvarra soltanto l'esecuzione delle relative parti, contraddistinte tra l'altro da una fattura più debole.
Bibl.: V. Raciti Romeo, S. Venera V. M. nella storia e nel culto dei popoli, Acireale 1905 (per Mario); M. Accascina, Argentieri di Messina: Sebastiano Iuvara, Giuseppe D., Filippo Iuvara, in Bollettino d'arte, XXXIV (1949), pp. 240 (per Giuseppe), 242 (per Mario); Id., La formaz. artistica di Filippo Iuvara, II, La famiglia, l'amb., prime opere a Messina, ibid., XLII (1957), p. 57 (per Mario); G. Bellafiore, La civiltà artistica della Sicilia, Firenze 1963, p. 153 (per Mario); M. Accascina, Oreficeria di Sicilia, Palermo 1974,pp. 285, 310, 326, 336, 342; Id., I marchi delle argenterie e oreficerie siciliane, Trapani 1976, pp. 93 s., 101 (per Mario), 101, 103 (per Giuseppe).