RORE, Cyprien de
Musicista, nato ad Anversa (o a Malines?) nel 1516, morto a Parma verso la fine del 1565. Compì i suoi studî musicali a Venezia, sotto la guida di Adrian Willaert, durante la sua permanenza nella cappella di S. Marco quale ragazzo cantore. Verso il 1550 sembra abbia lasciato Venezia per Ferrara, dove proprio allora esce una ristampa d'un suo libro di madrigali. In ogni modo a Ferrara egli è di sicuro dal 1553 al '58, come maestro della cappella ducale presso Ercole II d'Este. Dopo un soggiorno in patria (dal '58?) dove egli s'era recato per rivedervi la famiglia, R. passa per la corte di Margherita d'Austria governatrice dei Paesi Bassi, sposa del duca Ottavio Farnese, il quale lo assume come maestro della cappella di corte a Parma. E infatti nel 1561 lo troviamo in questa città e in tale carica. Il 18 ottobre 1563 R. è nominato maestro di cappella di S. Marco a Venezia in successione al suo maestro A. Willaert, morto l'anno prima. Ma nel luglio 1564 R. è nuovamente a Parma, dove trascorre gli ultimi suoi giorni.
Del R. sono state pubblicate, durante la vita dell'autore o p0stume, musiche di tutti i generi aulici allora in voga. Nel 1542 il primo libro di Madrigali a 5 voci, a Venezia presso Girolamo Scotto; nel 1544 il secondo, presso Antonio Gardano, una raccolta di Mottetti a 4, 5, 6, 8 voci, il primo libro di Mottetti a 5 voci, sempre a Venezia, oltra a una ristampa - presso Antonio Gardano - di un primo libro di Madrigali cromatici (cioè - nella terminologia del tempo - ricchi di figurazioni brevi e di passaggio) a 5 voci, di cui non conosciamo la prima edizione; nel 1545 un libro di Mottetti (A. Gardano); nel 1548 il terzo libro dei Madrigali a 5 (in due edizioni, diversamente intitolate e con qualche differenza nel contenuto, presso A. Gardano e presso G. Scotto); nel 1549 il terzo di Mottetti a 5 (A. Gardano); nel 1550 un primo libro di Madrigali a 4 (Ferrara presso G. de Buglhat e A. Huber, ristampato a Venezia più volte a partire dal 1551); nel 1557 il secondo di siffatti Madrigali e il quarto di quelli a 5 (ambedue presso A. Gardano), oltre una Passio D. n. Iesu Christi, in qua solus Ioannes canens introducitur, cum quatuor vocibus, e un'altra "...in qua introducuntur Iesus et Iudaei canentes, cum duabus et sex vocibus" (Parigi presso Leroy e Ballard); nel 1565 Le vive fiamme de' vaghi et dilettevoli Madrigali dell'eccell. Musico C. R. a 4 voci (G. Scotto); nel 1566 il quinto libro dei Madrigali a 5 voci (A. Gardano); nel 1573 Sacrae Cantiones (Lovanio); nel 1593 Salmi e Magnificat (Venezia); nel 1595 altre Sacrae Cantiones.
Già alcune di queste pubblicazioni comprendono anche qualche pagina d'altro autore. Per le mutate proporzioni, carattere di raccolta assumono: il volume, edito da G. Scotto nel 1549, che s'inizia con Fantesie et Recercari a 3 voci... composte da Messer Tiburtino e continua con Madrigali a 3 voci composti da lo eccell. Adriano Vuigliart e C. suo discepolo; il volume del Gardano (1561): Di C. et Annibale Madregali a 4 voci insieme altri eccellenti autori, e quello dello Scotto (1563): C. de R. et aliorum auctorum Motetta 4 vocibus decanenda cum tribus lectionibus pro mortuis Josepho Zarlino auctore. Contengono inoltre pagine di C. de R. moltissime raccolte (una sessantina fino al 1634) tra le quali vanno segnalate - per contenere esse lavori di singolare importanza - il II Libro delle Messe pubblicato con pagine di Jachet de Mantua da G. Scotto nel 1555, l'altro volume del medesimo editoie Missarum 4, 5, et 6 vocibus... (1556), che è probabilmente quel Liber Missarum menzionato dal Draudius (Bibliotheca classica) e da F.-J. Fétis ritenuto come raccolta di messe del solo C. de R. mentre di questo maestro altro non contiene se noon la celebre messa Doulce memoyre. Minore, ma comunque da notare, l'importanza dei due Mottetti di C. de R. inclusi nel volume pubblicato nel 1563 da F. Rampazetto di Venezia sotto le cure di A. Barré: Liber I Missarum..., mentre maggior valore è da attribuirsi alla raccolta edita nel 1578 da Chr. Plautino di Anversa, con il titolo: Octo Missae 5, 6 et 7 vocum auctore Georgio de la Hele, nella quale appaiono importanti saggi dell'arte di C. de R.
Un corpus di Tutti i Madrigali di C. de R. a voci, spartiti et accomodati per sonar d'ogni sorte d'Instrumento perfetto, et per qualunque studioso di contrapunti, uscì in luce nel 1577 presso A. Gardano.
In manoscritto rimangono, conservate alla Biblioteca di Monaco, tre messe, e cioè Vivat felix Hercules (a 5 voci), Praeter rerum seriem (a 7), e quella illustrata da F.-J. Fétis e distinguibile con la denominazione: Missa a note nere (a 5 voci). Presso la stessa biblioteca si conservano del resto anche molte altre pagine roriane (Mottetti e Madrigali) parimenti in manoscritto.
L'arte di C. de R. esprime con singolare finezza gli spiriti musicali di quelle generazioni che dialettizzano il verbo josquiniano con le voci allora emergenti da correnti popolaresche alle prime soglie della musica d'arte. La "scoperta dell'uomo" per la quale Josquin Després sviscera l'aulica scrittura di Okeghem in tormentose analisi drammatiche, si ripresenta qui, nel Nord italiano, in figure quanto mai diverse dalla josquiniana: figure di profana, sensualistica ingenuità. S'inoltrano ora gli anni, e madrigale e frottola e villanella passano dall'ingenuo godimento della natura, dalle quotidiane giornate, a una più sentita e marcata soggettività, dove l'uomo - per parlar di natura - parla di sé stesso, e di questa sua ricreazione sottilmente si compiace: nei versi del nuovo madrigale, anzi spesso nelle singole parole, C. de R. insinua il lieve fremito di questa sua compiaciuta, quasi maliziosa "confessione".
E nuova varietà di sensi viene così a distinguere come in analitico discorso la concretezza della frase poetico-musicale. Poiché C. de R. - meno policorde d'un Orlando di Lasso - vive in una continua e delicatissima sensitività. L'uomo che presso Josquin s'è dibattuto nell'insolubilità di problemi finali, che presso Orlando passa da intensa sensualità o anche da chiara letizia a cupa meditazione, non superandosi se non nella trascendenza palestriniana, presso C. de R. se ne scende dalle ragioni finali nelle contingenti: come un Debussy sembrerà uscire dal romantico Ottocento per la via d'un rassegnato abbandono ai sensi, così anche C. de R. lascia a Josquin (al suo Wagner) quel che i sensi non riguardi. Egli ne raffina le suggestioni e i moti nell'atto di raffinare le volute flessuose delle voci in concerto. Dolcemente ironico, sorriderebbe di fronte a veemenze di sensi non meno che di fronte alle categorie ed ai loro problemi: il suo madrigale - al quale come a pochi altri il processo della musica profana del tempo, da popolaresca ad artistica, dovette la propria salvezza dalla fine in un generico formulismo - nella stessa virtù che al formulismo si oppose, e cioè nella costante presenza d'una vigile sensibilità, trova il segreto della sua "forma" da ogni parte ben delineata e in sé conclusa come quella d'un prezioso anello. Questo mondo del R., nucleato nel godimento dei sensi, potenzia e supera questo stesso godimento nel sentire ed esprimere i sottili rapporti cui esso è confidato. Esso non ha la vastità del mondo monteverdiano, che rimane potentemente centrato e uno, per veementi e apparentemente contrarî che ne siano i singoli slanci. Le fratture materiali del discorso monteverdiano presso il de R. sarebbero fratture lesive dell'unità estetica. Quivi la composta grazia, la dolce flessione di linee del quadro madrigalistico di C. de R., cui serve - anziché contraddire - la stessa frequente arditezza del tecnico. La generazione più giovane, che s'inoltra ed entra con Claudio Monteverdi nel focoso e immaginoso Seicento, si richiamerà nondimeno al de R., considerandolo soprattutto come l'esempio d'un'arte intesa non tanto ad astratta ragion teorica quanto a lirica esigenza, determinata - così com'essa è e non altrimenti - dalla sempre nuova e sempre più ricca umanità dell'individuo. Contro l'Artusi e i grammatici che scambiano la " ragione" dell'artista con quella d'un prefisso sistema retorico, Claudio Monteverdi altro non risponderà se non di volere egli "... attendere al canto e non alla prosa, seguitando il divino Cipriano R., il principe di Venosa, Emiglio del Cavaliere et altri signori di questa eroica scola, e non attendere alle ciancíe et alle chimere". E infatti nella madrigalistica del tardo Cinquecento, fino a quando il Monteverdi non romperà il quadro del madrigale per condurre le ricche correnti verso l'assoluta libertà del dramma, l'influenza di C. de R. esercita un'azione vasta e feconda, di cui l'esperienza è visibile perfino nei maggiori: Luca Marenzio, Gesualdo da Venosa e nello stesso giovane Monteverdi.
Bibl.: U. Bossi, Sei lettere di C. de R., con cenni biografici, Reggio nell'Emilia 1888; R. Eitner, C. R., in Monatshefte für Musikgeschichte, XXI; E. van der Straeten, Á la recherche du berceau de C. de R., in Le Guide musical, 1894; R. van Aarde, Notice sur la vie et les oeuvers de C. de R., in Bulletin du cercle archéologique... de Malines (anche in estratto), Malines 1909.