ORIGO, Curzio
ORIGO, Curzio. – Nacque a Roma il 9 marzo 1661 da Gaspare e da Maria Laura, figlia del marchese Massimiliano Palombara di Pietraforte e di Cassandra Mattei.
La famiglia apparteneva alla piccola nobiltà civica, trasferitasi a Roma dall’Umbria nella prima metà del Seicento e proprietaria di un palazzo gentilizio. Il padre, primo della sua famiglia, fu più volte conservatore di Roma.
Laureatosi in diritto alla Sapienza di Roma, Origo entrò nell’amministrazione pontificia come prelato della congregazione del Buon Governo e referendario di Segnatura nel 1686. Negli anni successivi compì una carriera prevalentemente nell’amministrazione temporale come uditore della Segnatura, dal 1690, e poi come luogotenente nel tribunale civile dell’Auditor Camerae, dal 1696, partecipando alle iniziative di riforma dei tribunali avviate da Innocenzo XII.
La svolta nel cursus honorum giunse nel 1700, con l’elezione al papato di Clemente XI Albani, che, da cardinale, aveva potuto apprezzare il più giovane prelato. Nel dicembre 1700 Origo fu nominato Segretario dei memoriali, un ufficio di stretta confidenza del pontefice, e, alla fine del 1701, divenne votante della Segnatura di giustizia. Al di là delle cariche ricoperte, fu inoltre un collaboratore di fiducia della famiglia Albani, occupandosi anche dell’educazione dei nipoti del pontefice, insieme col fratello Vincenzo, che insegnò materie cavalleresche al giovane Carlo Albani (1687-1724).
Nel 1703, insieme coll’archiatra pontificio Giovanni Maria Lancisi, accompagnò il nipote del papa, Annibale, che doveva ricevere la laurea presso l’università di Urbino, culla della famiglia Albani. Il viaggio, che si svolse secondo le istruzioni minuziosamente predisposte da Clemente XI, diede modo a Origo di stendere un’accurata relazione dei luoghi, che è una fonte di primaria importanza per la conoscenza della storia artistica della cittadina marchigiana e della sua Legazione, e di partecipare all’elaborazione dei progetti di rinnovamento architettonico di Urbino promossi dal pontefice.
Tornato a Roma, proseguì la sua ben avviata carriera. Nel giugno 1704, essendo ritenuto «confidentissimo della famiglia Albani» (Valesio, 1978,III, p. 112) fu nominato coadiutore di monsignor Giuseppe Maria Tommasi, segretario della congregazione dei Vescovi e regolari. Nel settembre 1705 ottenne un canonicato di S. Pietro. Dal maggio 1706 assunse la carica di segretario della congregazione della Sacra Consulta, competente sull’amministrazione della giustizia nello Stato della Chiesa, che mantenne fino al 1712. Nel luglio 1708 era inoltre ricordato tra i «consultori più intimi» del papa Clemente XI (ibid., IV, p. 123), nella fase politicamente difficile del conflitto tra il pontefice e l’imperatore culminata nell’occupazione di Comacchio da parte degli imperiali.
Nominato cardinale in pectore il 18 maggio 1712, fu pubblicato il 26 settembre. La nomina, fortemente appoggiata dal nipote del pontefice, il cardinale Annibale Albani, era peraltro bilanciata dalla contemporanea elevazione al cardinalato di Pietro Marcellino Corradini, uditore di Clemente XI e grande avversario di Origo.
Nel’aprile 1717 fu nominato cardinale legato di Bologna, carica che ricoprì fino al luglio 1721.
Durante la sua legazione Origo si trovò a gestire una situazione difficile, a causa della crisi della finanza bolognese apertasi già all’inizio del secolo, dei gravi problemi di regimazione idrica e dello sviluppo, tra la nobiltà bolognese, di una crescente insoddisfazione nei riguardi del governo pontificio. Consapevole della delicatezza della sua posizione, cercò di assecondare i tentativi di riforma finanziaria, che fu oggetto anche dell’attenzione di un’apposita congregazione del Sollievo, istituita a Roma. Il legato si sforzò, in particolare, di esprimere una posizione di mediazione tra la volontà della Curia di rafforzare il controllo sull’amministrazione locale e le resistenze del Senato cittadino, fermo nella difesa di antichi privilegi cittadini.
La politica moderatamente riformista di Origo sembrò andare incontro al fallimento nel febbraio 1719, quando l’uccisione del conte Gerolamo Grassi nell’ambito di un tafferuglio tra birri e aristocratici portò a una rivolta urbana, rapidamente esauritasi. Grazie all’abilità di mediazione del legato fu possibile proseguire nelle riforme, realizzando un primo risanamento finanziario, imperniato su un appalto generale dei dazi. Fallì invece l’ambizioso tentativo, patrocinato dal cardinale, di una più complessiva riorganizzazione amministrativa che mediasse tra le istanze della nobiltà bolognese e le tendenze accentratrici della Curia romana.
Dopo aver partecipato al conclave del 1721, nel quale si unì al gruppo dei cardinali ‘creature’ di Clemente XI nell’appoggio a possibili candidature gradite alla Francia, Origo fu richiamato a Roma dal nuovo pontefice, Innocenzo XIII Conti, che gli conferì la carica di prefetto della congregazione del Concilio, che mantenne fino alla morte.
Durante la lunga prefettura di Origo, la congregazione avviò, per iniziativa soprattutto del segretario Prospero Lambertini, futuro Benedetto XIV, una sistematica raccolta delle proprie decisioni, funzionale a garantire una maggiore coerenza alla giurisprudenza dell’organo.
Vicino al governo francese, dal quale riceveva una pensione, Origo non ebbe un profilo politico particolarmente marcato, rimanendo soprattutto uno degli esponenti più stimati dell’élite curiale che dirigeva il funzionamento delle congregazioni. Di lui si parlò più volte, negli anni Venti del Settecento, come possibile segretario di Stato, ma questa prospettiva non si concretizzò. Nondimeno, il cardinale poté propiziare la carriera del nipote Nicolò Mario, canonico di S. Pietro e votante di Segnatura.
Nel conclave del 1724 appoggiò la candidatura del cardinale Giulio Piazza, espressione di un’alleanza tra i cardinali clementini e alcuni esponenti del partito degli ‘zelanti’. Dopo l’elezione, alla fine di maggio, del cardinale Vincenzo Maria Orsini con il nome di Benedetto XIII, fu chiamato, in giugno, a far parte di una congregazione creata dal nuovo pontefice per arrivare a una soluzione delle pendenze tra la S. Sede e Vittorio Amedeo II di Savoia. Non sembra peraltro che abbia contribuito in maniera decisiva alla stesura del concordato del 1727, che, con le sue amplissime concessioni ai Savoia in materia di immunità e giurisdizione ecclesiastica, suscitò l’opposizione di ampi settori della Curia.
Membro dell’Arcadia dal 1726, con il nome di Orimante Telefio, Origo non si segnalò per particolari interessi culturali, pur partecipando a diverse accademie. Anche la committenza artistica fu modesta. Si ricorda la costruzione del campanile della chiesa di S. Maria in Domnica, di cui fu titolare tra il 1712 e il 1716, mentre non è certo che a lui si debba l’iniziativa di una serie di affreschi realizzati da Francesco Cozza a palazzo Origo prima del 1682. Sono invece attestati rapporti con il pittore Antonio Amorosi, suo quasi coetaneo.
Nel conclave del 1730 si schierò con la fazione del cardinale Annibale Albani, che si richiamava all’eredità politico-religiosa di Clemente XI in contrapposizione alle politiche di intesa con gli Stati italiani portate avanti da Benedetto XIII. Con l’elezione di Clemente XII Corsini fece parte, nel 1730, della congregazione cardinalizia incaricata di processare i collaboratori del defunto pontefice Benedetto XIII, colpevoli di varie malversazioni.
Nell’autunno del 1736, la sua salute peggiorò. Morì nel suo palazzo di Roma il 18 marzo 1737.
Fonti e Bibl.: M. Guarnacci, Vitae et res gestae pontificum romanorum et S.R.E. cardinalium, II, Roma 1702, pp. 244 s.; Recueil des instructions données aux ambassadeurs et ministres de France, dépuis les Traités de Westphalie jusqu’à la Révolution française, XX, Rome, III, a cura di J. Hanoteau, Paris 1913, ad ind.; Relazioni di ambasciatori sabaudi, genovesi e veneti durante il periodo della Grande alleanza e della Secessione di Spagna (1693-1713), a cura di C. Morandi, Bologna 1935, pp. 228 s.; N. Del Re, I cardinali prefetti della sacra congregazione del Concilio dalle origini ad oggi (1564-1964), in La sacra congregazione del Concilio. IV centenario della fondazione (1564-1964), Città del Vaticano 1964, p. 284; F. Valesio, Diario di Roma, a cura di G. Scano, III-IV, Milano 1978; V-VI, ibid. 1979, ad indices; C. Weber, Legati e governatori dello Stato Pontificio (1550-1809), Roma 1994, pp. 158, 808; Id., Genealogien zur Papstgeschichte, II, Stuttgart 1999, p. 692; Papa Albani e le arti a Urbino e a Roma 1700-1721, a cura di G. Cucco, Venezia 2002, pp. 78, 307 s., 326-329; C. Weber, Die Papstlichen Referendare, 1566-1809, Stuttgart 2003, p. 777; Bologna nell’età moderna (secoli XVI-XVIII), I, Istituzioni, forme del potere, economia e società, a cura di A. Prosperi, Bologna 2008, pp. 99-101.