curatore d'arte
s. m. (f. -trice). – Tra la fine del 20° e l'inizio del 21° secolo si sono verificati cambiamenti radicali nella percezione della figura del curatore: da figura professionale istituzionale dietro le quinte a figura indipendente con un ruolo centrale, creativo, politico ed attivo nella produzione, mediazione e disseminazione dell’arte. Curating è diventata una disciplina creativa complessa in costante evoluzione, dai confini ambigui, che non si limita al solo linguaggio artistico ma che opera nel confronto interdisciplinare con linguaggi, saperi e tecnologie differenti. Nonostante la nascita della figura del curatore si possa far risalire agli anni Sessanta del secolo scorso quando emerge la figura del curatore indipendente (l’Austellungsmacher Harald Szeemann), è dagli anni Novanta, in seguito al processo di globalizzazione e alla nascita di Internet, che si assiste a un’evoluzione della pratica del curatore, sempre meno interessato alla mostra di arte intesa come display di oggetti, a favore di una pratica discorsiva, una narrativa in prima persona. Almeno dalla manifestazione documenta X nel 1997, il curatore è colui che si confronta sempre più con altri linguaggi e saperi, esterni all’ambito prettamente artistico: la sua posizione è definita da Hans Ulrich Obrist, figura curatoriale esemplare di questo processo, come uno «stare nel mezzo» (in-betweenness), che ha senso dunque solo nella relazione con l’altro. Si parla ora di pratica curatoriale, un’attività dai confini più ampi e in costante trasformazione che si pone come spazio potenziale di discussione e di critica all’interno del discorso culturale; una pratica che non si limita alla realizzazione dell’evento espositivo ma si esprime attraverso i diversi canali collegati alla trasmissione del sapere, cataloghi, libri, Internet. Curating diventa sempre più un’attività che si trova negli spazi interstiziali tra la produzione del sapere e la pratica artistica. La vitalità del discorso curatoriale, parallela alla crescente importanza e alla straordinaria diversificazione dell’attività espositiva degli ultimi venti anni, ha spinto le più prestigiose istituzioni accademiche internazionali a istituire corsi per curatori e ha determinato anche la comparsa di una prolifica pubblicistica sul tema, come testimoniano, a titolo di esempio, gli interventi recenti di Beryl Graham e Sarah Cook, Rethinking curating: art after new media (2010) e di Hans Ulrich Obrist, Everything you always wanted to know about curating but were afraid to ask (2011).