curare
" Prendersi cura ", " preoccuparsi ", costruito sia coll'accusativo (Cv IV XV 14 questi cotali... mai quello che altri dice non curano; II V 14, Rime CVI 38) che col complemento indiretto, come in III XIV 8 Democrito, de la propria persona non curando... Platone, de li beni temporali non curando... Aristotile, d'altro amico non curando. Altre occorrenze in Cv I XI 7 a discernere l'altre cose non curano; IV VII 4; If II 125 curan di te ne la corte del cielo; XXI 2 altro parlando, / che la mia comedìa cantar non cura; Detto 78. Talora è usata la forma pronominale: Pg XX 84 non si cura de la propria carne; Detto 474 Veno non si cura / che non faccia far tratto.
" Far caso o stima " di qualche cosa, " prendere in considerazione" qualche cosa: Cv IV III 9 avvenga che l'una [opinione]... sia da non curare; Rime CXVI 72 E questa sbandeggiata di tua corte, / Signor, non cura colpo di tuo strale, ove la donna appare insensibile ai dardi dell'amante perché, come è detto dopo, ha fatto dell'orgoglio tale scudo al petto ch'ogni saetta lì spunta suo corso (v. 74); Pd XVII 84 parran faville de la sua [di Cangrande della Scala] virtute / in non curar d'argento né d'affanni; If XVI 46, con una connotazione di fiera magnanimità: chi è quel grande che non par che curi / lo 'ncendio e giace dispettoso e torto...?; Rime LXVIII 31, CII 2, Cv IV XVI 6 e 15, XV 16.
Nell'esempio di Pd VIII 84 La sua natura, che di larga parca / discese, avria mestier di tal milizia / che non curasse di mettere in arca, il verbo vale secondo alcuni commentatori " dedicarsi ", ma sembra più probabile e coerente con l'intero passo intendere " avere come unica cura, come unica preoccupazione ".
Due volte troviamo il termine usato figuratamente nel senso medico di c. per far guarire; in Pg VI 110, nell'ambito di una violenta metafora: cura lor magagne, e figuratamente in Pd XVII 20 su per lo monte che l'anima cura.
Un'occorrenza di c. è reperibile nell'edizione del '21 del Convivio: E però veggiamo li cattivi malnati, che pongono lo studio loro in azzimare la loro [persona e non curano di ornare la loro] operazione (III IV 8), ma l'integrazione è così modificata nelle edizioni Busnelli-Vandelli e Simonelli: in azzimare la loro [persona, e non in adornare la loro] operazione. In Pg VI 111 il Porena legge si cura in luogo di oscura (per tutta la questione, cfr. Petrocchi, Introduzione 194-195); si cura è infine la lezione adottata dal Moore nell'ultimo verso di Amor, che movi (Rime XC); ma il Barbi trasporta tutto il congedo alla canzone successiva, Io sento sì d'Amor (Rime XCI), e legge assicura.